Saggi ladini/Capo I/1/A

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A. Sopraselva

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A. Sopraselva.

I confini di questa regione dialettologica coincidono per molta parte con quelli del Cantone. A compirli, conviene imprima tener conto della linea di separazione, tra favella soprasilvana e sottosilvana, già di sopra indicata, per la quale la regione di Sopraselva si fa un po più corta che non sia la Valle del Reno-anteriore. Succede, alla riva destra del Reno, come una incuneazione tedesca, nella quale si comprendono: Versam, Carrera, Valendas, luoghi di popolazione riformata; e da quel territorio, in sino alla frontiera ticinese, la regione soprasilvana è ricinta da due valli tedesche: Savien e Sanct-Peters-thal. Al di là degli aspri monti che segnano insieme i limiti suoi e quelli dei cantone, abbiamo ancora favella tedesca di continuo, dal territorio ticinese in fuori. Ma il sottil filo sottosilvano a settentrione e l’attiguità del territorio italiano a mezzodì, appena bastano a togliere alla regione soprasilvana il carattere d’un’isola etnografica vera e propria. Alla sua volta, fra Ilanz e Trons, essa contiene un isolotto germanico, l’ameno distretto di Obersaxen; e sono cattolici quei tedeschi, come è cattolica per la maggior parte la popolazione ladina di Sopraselva.

Venendo poi a toccare delle varietà dialettali di questa regione ladina, la principal distinzione si fa solitamente qui dipendere da un criterio curioso, che ricorda quello pel quale il caldeo va distinto dal siriaco, ed è il criterio confessionale, parlandosi di soprasilvano cattolico e di soprasilvano riformato. A sentire alcuni, e tra questi lo stesso Carisch (gr. 121), si tratterebbe semplicemente di due diverse scuole ortografiche; e dato questo [p. 7 modifica]limite, nulla più rimarrebbe di singolare. Ma il prospetto delle divergenze che il Carisch medesimo ci offre (ib. 121-4), ne comprende alcune, che certamente non possono passare tra le semplici discrepanze d’ortografia; nè potrà stare fra queste l’iu cattolico pell’[i]eu riformato che più sotto registriamo ai num. 24,,5 e 60 (cfr. II,,), distintivo non considerato dal Carisch, e di tutti per avventura il più fermo. Qualche diversità reale dunque intercede, comechè non gran fatto ragguardevole; e certo si dovrà attribuire alla coincidenza, più o meno estesa, dei limiti territoriali delle due confessioni coi limiti delle varietà dialettali; nò sbaglieremo stabilendo che il soprasilvano riformato sia in fondo il dialetto d’Ilanz (Gliont), donde è datata la prefazione di Lucio Gabriel, traduttore riformato del Nuovo Testamento; e il soprasilvano cattolico, all’incontro, sia in fondo il dialetto di Disentis (Mustér), che è quasi la rocca di quel cattolicismo, e ci dà i libri del De Sale e del Carigiet1 dai quali principalmente qui si attinge la cognizione della varietà cattolica. Quella rabbia di divisione che le discrepanze teologiche ispirano, deve tuttavolta avere accresciuto per due modi, se io ben veggo, la differenza naturale dell’idioma. Dall’un canto, se si ondeggiava, per tutta la regione, fra due pronuncie diverse, questa chiesa s’è messa a favorirne una, e quella a favorir l’altra. Cosi p. e. dell’e che si alterna con l’i ai num.,3, 41, 59 e 63 (cfr. mr.). Il Carisch qui si limita a dire, che il cattolico muti l’i in e; ma la verità è, che l’e per i si sente, in un numero più o men grande di esemplari, anche tra i riformati (v. mr.), i quali però, nei loro libri, danno, a buon dritto, ferma preferenza all’i; laddove i libri cattolici par che si vengano, a mano a mano, come esagerando nella predilezione dell’e. Carigiet, che è dei resto un cattolico di buon acume, scrive, a rao’ d’esempio, gli-emprem (primo), détg (detto), scrett (scritto), quenn (conto; in questo esemplare, come tosto scorgiamo, c’è doppia squisitezza musterina), mét (muto); dove il cattolico De Sale ( 1729) ancora scriveva: il emprim, dig, scritt, quint (v. num. 55), mitt. Dall’altro canto, l’uso ecclesiastico e letterario di una forma propria ai principali paesi di una data confessione, pud far si che la affettino come propria, almeno nello scrivere, anche i correligionarj di que’ paesi a cui naturalmente sia estranea. Forse per questa via si chiarisce, come avvenga, che due saggi della Valle Lungnezza, procacciatimi dal Bühler, scritto l’uno da un giovane di Villa, l’altro da uno di Duvin, [p. 8 modifica]il primo de’ quali paesi, cattolico, è alla riva sinistra, l’altro, riformato, alla dritta dei Glenner, entrambi a distanza uguale da Ilanz, si distinguano essi pure tra di loro pel criterio dell’iu (cattol.) e dell’[i]eu (riform.). Di più e di meglio intorno a questa relazione fra l’altare e la lingua, ci dieno i valorosi grammatici indigeni; e ci parlino d’altre varietà soprasilvane che all’indagine istorica per avventura più importino, come sarebbe quella a cui spetta Waltensburg (Uors la Foppa) a un’ora e mezzo a occidente d’Ilanz (cfr. le n. ai num., e,1); ma in ispecie vogliano darci abondanti notizie dell’importante dialetto di Tavetsch (Sedrun; all’ovest di Disentis), circa il quale non ritrovo nei libri se non un cenno affatto incidentale del Carisch (pref. al less., p. xviii). Io medesimo ancora non ne posseggo se non saggi assai scarsi, che me lo farebbero giudicare una varietà soprasilvana con innesti di tipo engadinese, innesti che apparirebbero, nelle condizioni attuali, geograficamente strani; e ne ritocco sotto il num. 159 in n.

Mi resta di rendere breve ragione del saggio soprasilvano che ora presento, nel quale per buona parte anche s’impernano i saggi successivi. Esso consta principalmente di un compiuto spoglio del vangelo di Matteo secondo la traduzione di Gabriel, al quale ho poi aggiunto non poco, e dagli altri libri scritturali della versione medesima (sempre valendomi della prima edizione: Ilg nief testament da niess senger Jesu Christ, Mess giu en Rumonsch da la Ligia Grischa: tras Luci Gabriel, Survient d’ilg Plaid da Deus a Lgiont; Basilea, 1648), e dai lessici, nell’intento di non lasciar mancare a questo mio sbozzo alcuna cosa che fosse essenziale, insieme ordinando la materia, e scrutandola, nel miglior modo che lo mie forze davano. Com’è di soprasilvano riformato il testo di Gabriel, così son fonti riformate anche i lessici e le grammatiche di Conradi e di Carisch; fonti cattoliche ci sono all’incontro, come già avvertimmo, De Sale e Carigiet. Quanto proviene dai lessici, o da altre scritture sussidiarie, è ben distinto volta per volta; e gli esempj da Gabriel hanno sempre accanto la citazione, nel primo luogo in cui si adducono. Questo studio di autenticità potrà forse, a prima vista, parere un po’ eccessivo, trattandosi anche di un dialetto che assai poco ha variato nei due secoli che stanno tra Gabriel e Carisch; ma, a tacere di altre considerazioni che si lasciano al lettore, le costanti citazioni scritturali hanno non poco giovato a me, e potranno giovare ad altri, pur come chiave lessicale che agevoli l’indagine dialettologica sopra altre versioni del Nuovo Testamento; e la versione di Matteo, in ispecie, è spesso l’unica fonte non difficilmente accessibile che per un dialetto si abbia. Cito per Mr. il vangelo di Marco, per L. quello di Luca, per G. quello di Giovanni; le residue abbreviature che si riferiscono al Nuovo [p. 9 modifica]Testamento, sono chiare da sè; e dove son soli numeri, si tratta sempre di Matteo, anche se son numeri che susseguano immediatamente alle due cifre per cui è citato un altro libro (p. e.: G. 2, 12; 13,22). — Cito per Conr. il Taschenwörterbuch der romanisch-deutschen sprache, herausgegeben von Matthias Conradi, Zurigo, 1823;- per Conr. gr. la Praktische deutsch-romanische grammatih, die erste dieser alt rhätischen und im Graubünden meist noch üblichen romanischen sprache.... heramgegeben von Matth. Conradi; Zurigo, 1820;- e per Carig. la Ortografia generata, speculativa ramontscha cun in special, quort compendi per diever dil scolar. In’ovra originala dedicada a.... da P. Baseli Carigiet; Disentis, 1868. — Per ds. (v. sopra) senz’altro, s’intenderà naturalmente, nella sezione di Sopraselva, la parte soprasilvana del vocabolario di De Sale; e soprasass. sta per soprasássino (v. I, B, esord.). — Nulla è mai mutato alla ortografia delle singole fonti; ma il nostro metodo di trascrizione è rigorosamente applicato alle MR

A lungo ed A breve, tonici.

1Davanti a consonante scempia e nella ‘positio debilis’; intatto: alas 23,37; char carus 10,37; parig pareat (paja) 6,16; star, dumandar, ecc.; altar 5,23; iral areale (aja),, 12; qual quala; tal 8,24; juvnal juvenalis (giovane, discepolo) 19,20; principal 21,42; naf navis 8, 23; clafs claves 16, 19; pasch pax 10,13; plaga, v. num. 182; -au, -ada, -ato-, -ata (daventau 26,56, davantada 11,20; ecc.); salvadi silvaticus,, 4; viadi viaticum (viaggio) 10,10; lada lata 7,13, cfr. num. 205; tentáder pescáders tentator piscatores, ecc., num. 87; stad aestat- 24,32; va vade 2,20; frar, pi. frars, fratr-, 4,18; 2 far facere 9,28; mar 14,24; sal 5,13; mal 5,11, mal’art 10,16; vala val valet 5,13; 13, 48; lave lavan lava lavant 6,17; 15, 2; dat dat 13, 23; stat stat 20,23; spada 10,34; cau caput, cfr. num. 161; traf trabe[m] 7, 4; giavel diabolus 4, 1; ha habet 5,23; laders 6, 19; 3 e = A; due esempj di varia ragione, ma entrambi romanzo-comuni, sono gref greva (grăvis) 13, 15; 23, 14, sa legr’el si rallegra egli (alacer, cfr. num. 190 n.) 18,132; e pure qui [p. 10 modifica]troviamo che si continui ( ‘mēlo’ anzichè ‘mālo’ (melo), e quindi si dica meila meilêr (mela, melo, Conr.; cfr. ë́, e v. Schuch, vok. I, 187-8);- ma di particolare viene ad aggiungersi: ge=jam3, coll’a in e per effetto della precedente palatina, di che si vegga l’esordio al sottosilvano4. 4 mo (ma[g]is, ital. ma), per effetto assimilativo del suono labiale che precede; e per effetto del labiale che precede e succede, o solo succede: quou (qua) 8, 29; 17, 20, lou (là), ecc., *qua-v[i] ecc. (ds.: caû, lau lou; v. III, § 5, e intanto si consideri l’it. quivi, e ancora clava-int, colà dentro, e simiglianti, nel poschiavino, I, § 2, a); cfr. il num. che sussegue e 5 il 135. aun = AN (cfr. le formole con n complic.; ma diversa ragion d’essere intercede nelle formole con n complic.): damaun *de-mane 6, 34; 20, 1; 2, 1; saun-s 8, 7, sauns pi. 9, 12, sauna 9, 21; plaunas planae, , 3; carstiaun (uomo6); pagauns 4, 15; quartauna (stajo) 5, 15; strauni extraneo- (stranio, strano) I Piet. 4, 4; — in voun vouns vounas, vanus vani vanae, Col. 2, 8, I Cor. 3, 20, Tit. 3, 9, abbiamo, quasi per effetto anticipato dalla doppia spinta labiale, un esemplare della varietà oun = aun = AN, che nel Car. occorre di continuo allato all’aun di questo numero e del susseguente (saun soun, maun moun ecc.)7. 6 maun, , 12; chiauns canes 7, 6 (cfr. num. 15); - taunas, it. tane, 8, 20; 7 om = ĀM (cfr. [p. 11 modifica]le formole con m complic.)8: om hamus 17, 27; fom fames 12, 1; rom romma 24,32; 13, 32; clomma clomman clamat clamant,3, 3; 11, 16; curom *cor[i]amen 3,4, cfr. num. 52 e 144. 8 In posizione latina o romanza; intatto9: palgia (= palja) palea 3,12; falls (falli, peccati) 6, 14; salf-s, far salf, salva salvat (serba), 10, 22; 18, 11; 7, 26; alf num. 217; [palpeders palpebers (Conr.) palpebrae, v. Studj critici II 5-6, 94]; larg larga 27, 15; 7, 13; art 10, 16; part 13, 4; mangia 11, 19 (v. num. 168 n.); surpassan 15, 2; bass (umile) 11, 29; fasch fascis (peso, fardello) 11, 30; d’angrasch d’ingrasso 22, 4; nascher 2, 4; pasc, maskel, num. 136; tasca 10, 10; graschla gracilis (stretta) 7, 14; bratsch ecc. v. il n. 169 e qui e nell’engadin.; an-grazch, num. 107; sac 11, 21. Cfr. J dopo altra cons., CS, GN, e II, § 5. 9 Un’alterazione, che si potrebbe dire etimologica, di ȧ che è stato in posizione romanza, è quella per cui si ottiene êr êra ( = *air *aira, = arjo arja) da ARIO ARIA: am-parmer (primajo, primiero; cfr. tieu parmer carstiaun il tuo prossimo 19, 19) 1, 25; luvrers *laborarii (operai)10, 9, 37; pumer (*pomario, albero, albero pomifero) 3, 10; calzérs (*calcearii, scarpe) 10, 10; graner, pi. graners, 13, 30; 6, 26; daners 10, 9; cuntrêr-s 14, 24; masser d’casa 20, 1; stera (staja, sextaria) 13, 33; era (ajuola; Car.)11; cui si aggiunge canéra, num. 150-1. 10 ault auld auls [p. 12 modifica]aulċ (aulš) aulġ (aulž) = ALT AL’D ALS ALC ALG’(cfr. num. 57a)12: ault, ault-sacerdots, aulta, L. 5, 4; 2, 4; 27, 46, s’aulza t’aulze s’alza álzati 23, 12; 21, 21 (ma f. d’a.: alzáu-s 11, 23, altezias 21, 9); cauld-s calidus Apoc. , 15; bault = ted. bald (cfr. num. 185 n.) cito 5, 25; fauls faulsa 5, 33; 26, 5913; — 11 12 aut= ALT: auter, pl. auters, autra, 8, 9; 27, 42; 2, 12; — olm = ALM (AN’M): olma anima (alma) 10, 28; 13 aunc (ounc) aung = ANC ANG, aunġ- (cfr. num. 177 eng.)-onž- = ANG’, -onš- = ANC: maunca (chei mi maunc ei ounc? che mi manca egli ancora?) 19, 20, cfr. ounc (less.: ounc, aunc v. n. 4) allato all’it. anche, ib. e 5, 2514; zaunga = zange ted., tanaglia, less.; saung 9, 20; aungel, pi. aungels, 1, 20; 13, 39; plonscher piangere 24, 30; tonscher (tangere; ‘arrivar a toccare’ ds.) less.; lonschas lanceae 26, 47; ronsch num. 204; tschonscha = it. ciancia 6, 7; rumonsch (romancio) frontisp., cfr. num. 86. 14 o[i]nġ (*antj, num. 172) = ANCT: soing, pi. soings, sanctus, 23, 17; 27, 5215; — 15 o[i]nj = ANJ: congia (cognia; *cani-a *canja, ital. cagna) less.; malsongias *malsánie (malattie) 4, 24; calcoing *calcanjo- (calcaneus) G. 13, 18; muntogna (*montanea) less.; cumpoings (compagni; ma f. d’a.: cumpangia 27, 27) 11, 16; gudoing gudongia (il guadagno, egli guadagna; ma f. d’a.: guadangiáu gudangiáu 18, 15; [p. 13 modifica]25, 20) 25, 27; 16, 26; ai quali esempj va aggiunto boign (less.) balneum, trattandosi di un l assai anticamente dileguato (cfr. it. bagno ecc., e anche la base grigione: *banjar, donde il soprasilv. bugnar per u = a f. d'á.); e insieme va ancora (Steng. 27): oign alnus (Car.), l'alto-engadinese aign accennando alla base *anjo- a[l]neo-, dove all’incontro le altre favelle romanze qui serbano traccia del l (v. Diez less. s. ontano); 16 ont ond ons on = ANT AND [ANS] ANN: ont ante, av-ont *ab-ante, 5, 12. 16; tont, pl. tonts, 17, 20; 15, 33; quont quontas 6, 23; 16, 9; pucconts peccantes 9, 10; uffont = infant- 2, 13; culponts (debitori, cfr. V, § 1) 6, 12; sumlgiont-s 18, 23 (6, 8 pl.); marcadont 13, 45; quronta sisonta settonta navonta 4, 2; 13, 8; 18, 22; 18, 12; contig cantet (ma f. d’a.: cantáu cantato 11, 17) 26, 34; plonta pianta 15, 13 (ma f. d’a.: plantáu ib.); avdonza (*habitantia, abitazione) 17, 22; fidonza 9, 2; maltampronza (intemperanza) 23, 25; spronza 12, 21; pussonza 6, 13; isonza (*usantia) 27, 15; ragurdonza 14, 616; mont meando (andando) 14, 26, passont 14, 25, rasalvont (eccetto, risalvando) 5, 32, v. num. 205; grond gronda 5, 35; 15, 28; cummonde dumonda -manda -mandat (ma f. d’a.: cummandár dumandéit 4, 6; 7, 7) 14, 28; 7, 8; vivonda (frc. vi[v]ande, it. vivanda) 6, 25; sponder espandere 23, 30, spons expansus (spanto) 23, 35, cfr. num. 148; ons anni 9, 20; ponn pannus 9, 16, von vannus17 3, 12; ed on (onn) = ann amn: don damnum Apost. 27, 1018; omm, omp = AMM AMB, AMP: 17 flomma Apoc. 19, 12; commas (gambe, v. Diez gloss. s. v.) G. 19, 31, 32.33, cfr. num. 157; comp (esercito, cioè ’campo’, cfr. [p. 14 modifica]στρατός) 22, 7; cfr. combretta (dimin. di cómbra = *cam’ra) 6, 6, sonda num. 157, e giomber ds., it. gambero ecc.

E lunga tonica.

18 em = EM19: sem semen 13, 24, semnan seminant 6, 26; femna 19, 4; sendas semitae 3, 3; blastemma 9, 3; 19er = ER: tumer timere 1, 20; taner tenere 5, 43; vêr habere 12, 21; ver videre, sêr sedere, cfr. num. 203; sera 16, 2; pilgver (*p’r-lj-ver per lo vero, veramente) 8, 10; mulgêr muliēre- (cfr. Diez gr.: accento, 4) 14, 3; 20 eg̓ = EG’: leg (lege[m], col significato di ‘matrimonio’) 5, 32; reg 21, 5; 21 -ei eil ein eis eiv eiš eid = -E, EL, EN, ES, EP EB, EC’, ET: mei me 8, 9, tei te 11, 10, daparsei di per sè 14, 13; cfr. meil num., e steila num., 2; sarein 16, 2; pluscheins pullicēni20 23, 37; plein pleina 23, 25; 13, 48; zeivra separat (ma f. d’acc: zavrar 16, 3; ecc.) 25, 32, cfr. num. 135; reiver repere (Car., e ds. s. rampare; Steng., 1); fleivel-s, fem. fleivla, flebilis (debole)21, II Cor. 12, 10; 26, 41; deivet debitum 18, 30; eiver-s ēbrius I Cor. 11, 21 (*evro *ev’r eiver, cfr. num. 90 n.22); seiv seif (less.) sebum; treis 12, 40 (cfr. meisa ecc. num., 2); barbeisch (less.: montone) = vervēce[m] num. 128; reit 13, 47; seida Apoc. 19, 8, creir num. 203.23 — Parrebbero eccettuarsi: vêl 27, 51, e secret secretas 10, 26; 13, 35; [p. 15 modifica]ma non mostrando il dittongo pur la risposta engadinese, diventa assai probabile che si tratti di voci estere. Anche il cr di secret ecc. mal converrebbe a voce indigena (v. il num. 174). - 21b L’ē di ‘obedio’ non essendo mai accentata nel riflesso grigione (cfr. ubadeschan num. 75, alto-eng.: ubedescha II Tess. 3, 14), vi smarrisce il suo carattere; e l’e di accento grigione, che le viene a succedere in una estrazione seriore, entra nell’analogia dell’antica e breve (num. 23): ubiedi-s (obbediente) Fil. 2, 8, mal-ubiedis Tit. 1, 10; cfr. l’engadin. e la seconda n. al num. 46.- Il riflesso di acētum è al num. 3524.

E breve, tonica.

mel 3,4; fel 27,34; ven 13, 19; lef levis (facile) 10, 15; leve si 22 (lett.: leva su; sorgi) 2, 13, cfr. 11,5; 13,21 (ma f. d'a.: lavà si ecc.); descha decet 3,15; legia legit 24,15; meder medan metere metunt 13,30; 6,26; veder num. 195; perpeten perpetuus 18,8; [ se[d]et 23,22]; ier hier25 heri Apost. 7,28, 23 Ebr. 13,8; piera pierig perit pereat G. 6,27; 5,29; flerran [p. 16 modifica]fin.: fierrer e frir, cfr. Ili, §3) feriunt (gettano) 13,48; tievi-s (il fem., presso Conr., col dittongo rattratto: tivia, cfr. l’engad.) tepidus Apoc. 3,16; diesch decem (undisch 20,6, dodisch 9,20) 18,24, dieschma la decima 23,23; miedi medicus (f. d’a.: madagava madageit) 9,12; remiedi remedium less.; lieur Conr. e ds. (Car.: leur) lep’re-; antir (dus antir ons Apost. 28,30) *intè [g]ro-, col dittongo rattratto (cfr. n. 52);- del riflesso di f pa rièt-’, v. la nota al nura. 21 6; - e ancora cfr. il n. 67; 24 ieu (=*i e u r=*iu, v.II, 3)= EU; e inàieu: deus (Conr.: deus dieus, ds.: dieùs) deus 22,37, cfr. III, 1; mieu (ds. miu) meo- 2, 6; ecc. cfr. Ili, 2;jou 25 (*ìeu; cfr. II, 3) ego. beili bene: bein pli ben più 11, 9, figeit 26 d’ilg bein fate del bene 5,44; [eis es]; pei26 1 pes 4, 6. par, per, si deve considerare voce proclitica, ed àtona perciò la sua e.

E ton., in posizione latina o romanza.

27 Xinna serp L. 11,11, serps serpentes 10,6; tennis (il sing. in Conr.: tierm terni; in Car.: tiarm term, cfr. la n. a questo num. e il num. 28) termini Apost. 17,26; terra 2,6; erva num. 95; perda (pardieu pardidas 18,11; 10,6 perduto perdute) perdit 5, 13; bellas perlas, 13,45, scabella 5,35, cfr. num. 31; fevra 8,14; vivent 16,16; den (ds.: dent; Car.: dent dcnn, cfr. num. 150-1) 5,38; venter 15,17; stenta (la fatica) 11,28, stende extende 12, 13; render 6,4; prender 1,20; temps 2, 7; semper 6,13; tempel 27,51; set septem 12,45; crescher 21, 19; esca 24,28; festa 26,5; d’amprest [praesto] d’imprestito 5,42; 28 fanestra Apost. 20,927. ufflern infernus 11,23; unviern 24,

  1. Cheu ei adina manigiau il lungatg della Part-sura della Cadí, e zwar een Mustér e Trun, schegie bucca grad en tut, prii en general per muster dil lungatg Ramontsch'. (Qui s’intende sempre parlare del linguaggio della Parte-superiore della Cadi (v. VI, a), e per modelli del linguaggio romancio, benchè non affatto in ogni parte, son presi in generale Disentis e Trons.) Carigiet, nell’op. che si citerà di sopra, p. 12.
  2. L’a per e f. d’a. in sa lagránen 2, 10, vus lagréit 5, 12, e simili, è un ritorno fortuito alla sembianza primitiva (v. num. 75). Esempio illusorio sarà enis anïsum (ἄνισον, ital. ánice) 23,23, poichè il Car. pone l’accento sulla seconda: enìs (pl. anisch).
  3. ‘jam’qui cede di regola il posto al ted. ‘schon’, ma ancora sussiste, quasi ritraduttore di f schon’, nel congiunzionale scha ge (‘ob-schon’), sebbene, se pure: sch’el ge fa bue hanur se egli pure [non] fa punto onore 15, 5; scha ge quando pure 26, 33.35; e forse ancora sussiste qual particella affermativa (Schuch. lautw. 14): je, je, sì, sì, 5, 37.
  4. Un saggio di Waltensburg (Bühl.), riformato mi offre ripetutamente: magliär (che è quanto dire: malje̱r), mangiare (v. num. 146), così palesandoci che in quel dialetto sia bene inoltrato il fenomeno a cui ora si allude. Ma il saggio è scarso, e solo mi permette di aggiungere che dietro la esplosiva palatina l’a non volge ad e in spetgava aspettava (cfr. num. 172), scatschar (num. 107), carstgauns (num, 5).
  5. Circa la diversa sentenza di Schuch. lautw. 43-4, v. II, §, .
  6. Cioè christianus, v. num. 124. È parificazione logica che dà luogo a curiose incongruenze. Così G. C. deve chiamare cristiani gli uomini di tutti i tempi, e dire: mo vus parchireit d’ils carstiauns, guardatevi dai cristiani (cioè: dagli uomini), 10, 17 (v. in ispecie: Col. 2, 8). Ancora cfr. nel testo: parmer carstiaun, num. 9.
  7. Anche ds. ha di regola aun per questi due numeri; ma ha l’eu, di cui vedi mr, in pleun, suolo, p. 268, allato a plaun plaun, pian piano, p. 228.
  8. Quasi anello tra questa rubrica e la precedente, sembrano stare le forme schaumna = exàmina, Car., ds. p. 271, schaum = exànTn Car. (sciame). Conradi ha schumm (cfr. ib. schvum = ted. schwamm, ds.: schuaun spongia), e schvamna, che si risente del ted. schwarm. Cfr. il soprasàssino.
  9. Ve di ds. in nescher nascere, p. 206, 252, 257 (271: nascher scaturire), tescha tasca (ted. tasche) p. 270, è solo apparente eccezione, dovendovisi trattare di *naiscer ecc.; v. la n. al num. 172. — Esempio congenere (v. ib), ma che piuttosto si avrà a dire di favella sottosilvana, è in Sur-séis Sur-sés, cui risponde la denominazione tedesca Oberhalb-stein (super-saxum); e all’infuori del nome locale non vedo più alcun riflesso oberlandese di saxo-, Cfr. il num. 68* sottosilv.
  10. Cfr. ne’ lessici: luvrar = lavurar ( lavuran = laborant 6, 28).
  11. Cioè, tanto per rifare la notissima via con questo esempio che va involto tutt 1 intiero nell’alterazione di cui si tratta: area *arja (cfr. logudor. arzóla = ajuola) *aira (cfr. tra/, num. 94) èra. Il Conradi scrive eèra perchè avrà ancora sentito la pronuncia in cui i due elementi del dittongo (ai) già sou venuti, per assimilazione reciproca, a coincidere tra di loro, ma ancora non sono fusi in un suono solo; cfr. oo~au, sottosilv. num. 68*. — Di r, campo, v. all’incontro il num. 190 in n.
  12. Per le formole ALC ALG’non ho esempj da Gabriel; il ds. mi offre faulsch falce da segare, caûlzias, calze o brache (Car.: caulscha), e lo Stengel aggiunge, nel diligente suo spoglio (p. 22): aulscher algere (che si sarà fatto álgere; cfr. num. 93), addotto dal Carisch. Ma lo Stengel non è bene ispirato quando senz’altro afferma che in simili esempi si tratti di AL + gutt. Si tratta veramente della palatina anziana, cioè della palatina delle formole ce ci ge gi. L’engadinese ed esemplari soprasilv. della stampa di calc (punto d’appoggio dell’uscio), calcul calcolo, ci portano ad escludere dall’alterazione qui discorsa l’al cui segua gutturale intatta o tardi fatta palatina.
  13. La combinazione etimologica -als, avutasi per -al + s grammatic., rimane, di regola, intatta; quindi: juvnals (Apostoli), d’its mais affects Giac. 1, 13. Ma pure abbiamo un notevole esempio di -auls=-al + s gramm., nel mauls di ds. (spasimare: vegnir mauls; tramortito: in che vegniu mauls; tramortirsi: vegnir mauls), che è come un predicativo fossilizzato nella servile riproduzione del ted. übel werden. Un caso analogo ci occorre al n. 57 6.
  14. Notevole: ounc mai (ilg ei ounc mai vieu non si è mai veduto) 9, 33, che si combina logicamente coll’it. unque mai, ma trova il suo parallelo, fonetico e logico insieme, nel prov. anc mais. Cfr. Diez less. s. anche.
  15. Del riflesso di ‘lanctus’ v. la n. al num. 151.
  16. Esternamente è uguale agli ultimi esempj: purtonza, portante, gravida (Conr.: esser purtonza, ds.: donna portonza ma Car.: dunna purtonta, cfr. l’engadin.) 1, 18; 24, 19, che a prima vista par forma enigmatica, ed è affatto diversa da quelle che precedono, ma spetta tuttavolta a questo numero. Si tratta certamente di purtont-s-a, cioè della forma predicativa mascolina assunta alle funzioni di tema, come avviene in vangont-s-a, digna (cfr. num. 168 n ). Quanto al tipo medunz (mietitore, -ori; pi. 13, 30), fem. medunza, v. III, 4.
  17. 2 Car. e Conr.: vonn. Può rimaner dubbio se il nostro vocabolo si rappicchi direttamente al lat. vannus, o non rifletta piuttosto il ted. wanne. È ad ogni modo al suo posto.
  18. Qui vorrà ancora stare, con sua propria formola, con[i]f, canape, less.; cfr. l'engad. e mr., e v. Schuch. vok. I 173.
  19. Qui veramente saremmo tentati a riconoscere, in quasi tutti gli esemplari, la posizione romanza; ma è da considerare anche il num. 38.
  20. Intorno a questo esempio, è ancora da considerare il § 1 del Capo III.
  21. In questo esempio si ritrae l’antico -ēbili; ma pure un antico ibili conduce ad -eivel (num. 40), e questa figura si sostituisce finalmente anche all’antico -abili (cfr. l’it. -evole Diez. gr. II 306). Si osservino: pusseivel nun-pusseivel 24, 24; 17, 20; nuscheivlas I Piet. 2, 1; nun-porteivels 23, 4; custeivel custeivla 26, 7; 13, 46; fideivel 24, 45; maneivel 9, 5; amigeivelmeng 5, 25; buntadeivel 21, 5; vardeivel-s (*vardadeivel-) veritiero 22, 16; nun-frich-eivel-s infruttuoso 13, 22. - Figure alquanto singolari appajono i numeri ordinali in -avel (p. e. settavel 22, 26; anturn la sisavla a novavla hura 20, 5 ), sui quali si foggia hartavel erede (cfr. hierta num. 28) 21, 38. Ne avremo la chiave nello spoglio engadinese.
  22. L’er dell’eiver soprasilv. viene fortuitamente a coincidere coll’-er della figura nominativa basso-latina eber (v. Schuch. vol. II, 86). Ma questa ci porta a un obliquo ebro[m], che sarà la vera base dei riflessi romanzi (ebbro ivre, ecc.).
  23. V. ancora tscheina ecc. al num. 67.
  24. Questa rubrìca mi conduce ancora a toccare del riflesso grigione di partiti-, e insieme degli altri riflessi romanzi di questa voce, non peranco, mi pare, a sufficienza illustrati. Avvenuta la trasposizione dell’accento (parieteabiè te-, pariète- abiète-), il dittongo tè dev’essersi ridotto, nel volgar latino, a una vocale lunga che stesse fra e ed t (parèt- abet-), e quindi è continuata come Ve classica: ital. parete (abete), spagn. pared, frc. paroi, soprasilv. parei prei less., engad. parait Car., soprasass. parèt ds. Cfr. il num. 32.
  25. Steng. 33 avverte circa gli esempj ch’egli raccoglie sotto la rubrica che a questa nostra corrisponde (te sopras. -è), trattarsi di voci, che hanno od avevano i nella sillaba successiva. L’avvertenza è tutt’altro che inutile, ma può dar luogo ad equivoci. Il dittongo, come certamente ha veduto lo stesso Stengel, non deve punto la sua ragion d’essere alla presenza dell’i successivo, poichè esso è l’antico e comune dittongo romanzo, affatto indipendente dalla vocale della sillaba che sussegue (ital. niega, piede, spagn. yegua - equa, ecc.). Interviene d’altronde, pure nel grigione, in esemplari di formola diversa; cosi nel riflesso soprasilvano di lepore- che lo Stengel erroneamente stacca da questa rubrica ( la figura cattolica è qui affatto decisiva), e in quello di integro-; cui si dovranno aggiungere gli esemplari senza % successivo che occorrono sotto ae (num. 67); e ancora si vegga il num. 177 engadinese. L’ie soprasilvano è poi un continuatore che è comune anche all’e in posizione, comunanza che ha il suo esatto parallelo nelle continuazioni dell’o, senza che mai v’abbiano, pel dittongo, di simili conditiones sine quibus non. Bisogna finalmente tener conto auche degli esemplari perduti, o che per varie cause si sottraggono alla osservazione; ned altro certamente si potrà conchiudere, se non che Vi favorisca la conservazione dell’antico dittongo. Cfr. ora Schuch. lautw. 35,37; e v. Ili, 1.
  26. Questi tre esemplari possono parere anomali; ma circa il primo è da vedere Tengadinese, dove -ain--èn si fa costante (cfr. eziandio il num. 32); circa il terzo è da ricordare che la e it. all’use, accent. è costantemente e, Jocchò è quanto dire che l’antica è viene a coincidervi coll’antica è, ed anche è da considerare il livellamento per altra via conseguito dall’engadinese (me, pe) circa eis finalmente, è da vedere la n. al num. 32.
  27. Negli esemplari di questo numero che hanno l’per primo elemento del nesso, ds. e Carisch sogliono dittongare, e danno il dittongo anche in altre forinole qui occorse (-eli -est -ept); ma è sempre dittongo seriore, o accessorio, che rimane anche foneticamente diverto da quell’antico e caratteristico, e