TRà li quattro Eremi, che la Valsugana tiene, cioè
San Lorenzo nella summità d’un Monte, S. Malgarita,
S. Vendimiano in un Colle, et San Silvestro
alle sponde d’un lago, questo si rese nel nostro secolo più
frequentato, per l'habitatione, che ivi prese Dominico Pellauro,
quale abenche da oscuri, e poveri natali trahesse il suo
origine, fù però di candidi costumi adornato; la Valsugana
fù sua Patria, et Roncegno sua Parochiale; dalla lettura delle
vite de Santi Padri, ch’egli udì, mentre la nobil Famiglia
Poppi serviva, s’accese d’amor Divino, e si risolse di trarsi
dal Mondo, et ad imitatione de Santi Anachoretti in solitario
luogo ritirarsi per far penitenza de suoi peccati, per
maggiormente poter seruir il suo Dio; esequì la pia
propositione, et vestosi di bisello, mà di ruvido pano, et cintosi
con un grosso cordone, con questo religioso habito si portò
alle Devotioni della Sacrosanta Casa Lauretana; d’Asissi, et
d’indi all’Alma Città; et ricevuti immensi, et infiniti thesori
spirituali, con la benedittione Pontificia tutto consolato
ripatriò, et nell’Eremo di San Silvestro collocato, ivi principiò
à riformare se stesso per maggiormente servire al suo
Dio; non scostandosi più dalla sua Cella, che solo nei giorni
festvi alla Parochiale di Roncegno per udire la S. Messa,
in cui con humilissima devotione ricevuto il Sacramentato
suo Dio, et fatte le lue orazioni, senza altrove fermarsi, fretoloso
subito s’incaminava al suo Cielo, che la sua Cella così
chiamava. Principiò questa sua vita con un perpetuo digiuno
(et così in quello terminò) cibandosi una sola volta al
giorno, et questa era la sera; e per maggiormente domare la
carne, acciò al spirito non si ribellasse, dell’istessa carne si
privò, di cui mai volse mangiare, meno nelle sue infirmità,
e per collorire la sua mortificatione allegava, che la natura
l’aborriva, nè voleva abbracciare. Il suo dormire era sopra
nude tavole, e così vestito giaceva; et il più della notte l’hore
spendeva in orationi, meditationi, et discipline. Imparò
à leggere, et in breve tempo imparò anco à recitare il Divino
Officio, che quotidianamente lo diceva. La sua consolatione
era nel leggere le vite de Santi Padri per maggiormente
infiammarsi nelle di loro virtù; leggeva anco altri libri
spirituali, che l’udirlo di quelli à discorrere, era una dolcezza
maravigliosa, e così guidava il rimanente de suoi giorni;
Egli non questuò, perche si resegnò nella providenza Divina,
che abbondantemente il Signore gli provide. La fama del
servo di Dio fece concorso, non solo de Secolari, mà anco
de Claustrali, et un consecrato Prelato annualmente lo visitava;
et tutti consolati, et ammirati partivano; accoglieva
tutti con viso giocondo, con carità, amore, et dolcezza, e seco
parlando si mostrava tutto affabile, tutto humile, e la sua
modestia era sì ben composta, che il suo sguardo era verso la
terra, ò alzando gl’occhi erano verso il Cielo; il suo sembiante
era sì venerando, e mortificato, che un vero simulacro
d’un Santo Anachoreta della primitiva Chiesa egli sembrava;
Era frequentato d’altri Eremiti, che anco da lontani
Paesi, come à loro Padre, e Maestro venivano. Non mancò
il commune inimico spirito rubelle à movergli crudel guerra,
et la notte era l’aringo, e fiera battaglia, che gli faceva,
et più volte come S. Antonio Abbate fù percosso. Con
l’elemosine, che da pie persone ricevè, la sua venusta Chiesa
fece restaurare; et un’Altare nuovo, et indorato dedicò
alla gran Madre di Dio, che in un muro stava effiggiata, da
cui predicava egli haver ricevute gratie singolarissime; ador-
nò la medesima di supeletilli, et di sacre paramenta di tutti
i colori Ecclesiastici di pretio non ordinario, et tutte di seta,
et d’oro guarnite. Fatto annoso, e per le sue infirmità; da devota
pedona fù gli proveduto nei giorni festivi della S. Messa.
La Divina Maestà lo decorò di Celesti sue gratie; come
avvene ad un figlio d'ott’anni incirca, che per un tumore
hernioso, giorno, e notte lacrimava; ricorsero i afflitti Genitori,
& supplicatolo sopra gli facesse il segno della S Croce,
che con grand’humiltà, come indegno, più volte ricusò di
fare, finalmente vinto dalle paterne lacrime, quello segnato,
sparì il tumore, et il fanciullo restò risanato.
Una Gentildonna, che per sua divotione annualmente lo
visitava, si portò in tempo, che per infirmità era egli giacente;
questa haveva tumide le gambe, et da dolori era afflitta,
approssimatasi alle nude tavole, ove giaceva, che un
Cataletto formavano; sotto queste vide li suoi calceamenti
(così inspirata) secretamente deposti li suoi dai piedi, et
quelli si pose, che restò di tal sua infirmità liberata.
La providenza Divina se gli mostrò miracolosamente come
à S. Paulo primo Eremita, et fù, che per la caduta d’una
iroprovisa, et alta neve, per cui nelle proprie Case erano (per
così dire) arrestate le persone, che non potevano suffragare
il servo di Dio, et egli tutto sprovisto trovavasi d’alimento;
nulla turbatosi, stava nel fervore de suoi soliti spirituali esercitij,
finalmente dalla longa astinenza il corpo eras debilitato,
vide una mattina fuori della fenestra della sua Cella, che
sopra d’essa stavano tre pani, di ciò tutto ammirato, e quelli
prendendo, e baciando con le dovute lodi, et ringratiamenti
al suo Dio, andava pensando come potessero ivi esser stati
portati, supponendo che di notte tempo ciò fosse occorso; per
sincerarsi, si portò per scuoprire, se nell’alta neve
alcuna pedata puotesse vedere; accortosi, che non humano,
mà Divino era il dono, con copiose lacrime prostrato rese
novelle gratie, e non cessava di benedire la Divina sua
providenza; di cui con nova profusione di lacrime, dopò, il
successo raccontò al suo Confessore.
Correva gia l’ottavo lustro, che quel devoto Eremo era
da esso habitato, piacque alla Divina pietà con una infirmità
di pochi giorni a se chiamarlo, munitosi de Santissimi Sacramenti
con faccia ridente rese lo spirita al suo Creatore
in giorno di Giovedì à 29. Marzo 1640. nell’età sua d' ottant'anni
in circa.
Il transito del Servo di Dio divulgatosi fece il concorso
popolare, tutti à gara, e dolenti corsero à vedere quello,
al quale nelle loro necessità ricorrevano per esser suffragati
con le sue orationi; mà molto maggiore fù il giorno del
suo Obito, che seguì il Sabbato seguente, che fù delle Palme,
che sembrava una continuata processione; da chi con
voci flebili era chiamato Beato, et da altri Santo; et era così
avvanzato il concorso, che per dar principio a gl’Ecclesiastici
officij, fù dimistiere far ritirar la moltitudine; mà quando
videro levar il corpo, tutti à gara lacrimanti al Cataletto
corsero à baciarlo, et principiarono ad’involargli la Corona,
altri il cordone Franciscano, et à tagliargli l’habito;
che quando l’authorità de maggiori non si fosse fraposta,
nella tomba sarebbe ito tale quale uscì dal ventre materno.
Occorse alcuni giorni dopò d’ordine publico con l’assistenza
del Reverendo Parocho, et d’altre persone devote, che
dall’Avello fù il suo Corpo levato, acciò da eccellente Pittore
al naturale fosse effiggiato, fù ritrovato non già fetente,
come il Quatriduano Lazaro; mà sì di grato odore, e come
di persona vivente; haveva le carni domabili, fresche,
et rendibili, che rese à Circonstanti gran meraviglia, et postolo
à sedere sopra d'una Cassa, che in Chiesa ritrovavasi,
affine il Pittore meglio operasse, fù osservato, la bocca, e
l'occhio destro aprirsi, et l’orecchia rubiconda divenire, et
una persona fece sentire da nodi delle dita d’una mano
quei effetti, che stirando si sogliono solo udire in persone
viventi; il che publicatosi, pervenne la notitia fino alla
Corte Arciducale d'Inspruch, convenne al Pittore à Ministro
di quella dare di tutto il successo diligente relatione.
Et nell'anno decimo ottavo dopò la sua sepoltura, che fù
nel mese di Maggio del 1657. fù quella aperta, per riponervi
altro Cadavere d'Eremita colà morto, fù il corpo del nostro
Dominico ritrovato incorrotto, con le carni fresche,
come se all'hora fosse spirato, e per l'odore soave, à tutti
rese stupore grandissimo. Non mancarono particolari di
publicare gratie dalla pietà Divina ottenute per il riccorso
fatto al devoto Dominico dopò la di lui morte, nelle quali
d'avvantaggio la mia penna non s’innoltra, se non à benedire,
et a ringratiare il Sommo Iddio delle maravigliose
gratie, che fa à suoi servi; à cui sia eterna lode, honore,
et gloria. Amen.
IL FINE.
Il Stampatore à chi legge
GL’errori, che corrono nelle Stampe sono connaturali,
che l’opere si rendono hoggidì diffettate, non già per
causa degl’Auttori, che le compongono, che sono del tutto
purgate, mà solo di chi forma la stampa. Benigno Lettore
compatiteci se alcuna cosa ritrovi nella presente Operetta, che
à te viverò tutto obligato, come prego il Cielo à te sij sempre
felice.