Rime varie (Alfieri, 1912)/CXXIII. Il proprio ritratto
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Vittorio Alfieri - Rime varie (1776-1799)
CXXIII. Il proprio ritratto
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CXXIII [clxvii].1
Il proprio ritratto.
Sublime specchio di veraci detti,2
Mostrami in corpo e in anima qual sono:
Capelli, or radi in fronte, e rossi pretti;3
4 Lunga statura,4 e capo a terra prono;
Sottil persona in su due stinchi schietti;5
Bianca pelle, occhi azzurri, aspetto buono;
Giusto naso, bel labro, e denti eletti;6
8 Pallido in volto, piú che un re sul trono:7
Or duro, acerbo, ora pieghevol, mite;8
Irato sempre,9 e non maligno mai;
Note
- ↑ Questo sonetto è uno dei piú universalmente noti dell’A.; si trova in ogni antologia, si fa imparare a memoria nelle scuole, ed alcuni suoi versi — Pallido in collo, piú che un re sul trono — Irato sempre, e non maligno mai — son diventati parte viva del nostro linguaggio. Meritamente? Tra’ sonetti dell’A. non ve ne sono di piú elevati rispetto al pensiero, di meglio elaborati in quanto alla forma? La questione, a me pare, non è cosí della specie come del genere: il sonetto dell’A. ha in sé indiscutibili pregi, specialmente nelle terzine; ma che queste autopresentazioni a’ contemporanei ed alla posterità, di cui pur si compiacquero uomini come il Foscolo e come il Manzoni, possano riuscire capolavori poetici, negava il Carducci (Adolescenza e gioventú poetica di Ugo Foscolo in Opere, XIX, 271 e seg.), negheremmo noi, anche se un tanto maestro non lo avesse già fatto.
- ↑ 1. Io credo che l’A. si rivolga con questo verso al proprio son. nel quale, sublime, forse come opera d’arte, egli intende mostrarsi quasi in uno specchio, in corpo ed anima.
- ↑ 3. Questo son. fu composto il 9 giugno 1786, allorché l’A. aveva 38 anni. Nel ritratto del Poeta eseguito dal Fabre undici anni dopo, l’A. è rappresentato coi capelli lunghi, ma, sulla fronte, ben piú che radi. È noto come in fanciullezza egli fosse orgoglioso della sua capigliatura fulva, e come uno dei piú gravi castighi che gli potessero infliggere fosse di mandarlo per le strade di Asti inreticellato; allorché poi nel 1775 si pose di gran lena a studiare, per obbligarsi a rimanere in casa, si tagliò «la lunga e ricca treccia de’ suoi rossissimi capelli», e la mandò ad un amico. — Pretti, puri.
- ↑ 4. Lunga statura; della sua non comune altezza parla in piú luoghi dell’Aut. l’A.; cosí dove racconta della sua fuga da Parigi nel 1792: «Vedete, sentite: Alfieri è il mio nome: Italiano e non francese; grande, magro, sbiancato, capelli rossi: son io quello, guardatemi...».
- ↑ 5. Schietti, diritti: Dante (Inf. XIII, 5): Non rami schietti....
- ↑ 7. Eletti, candidi e uguali; l’Ariosto, di Alcina (Orl. fur., VII, 13):
Quivi due filze son di perle elette... - ↑ 8. Il re è immaginato dall’A. pallido sul trono, perché conscio de’ suoi delitti e incerto della fedeltà di chi lo circonda.
- ↑ 9-14. «L’indole, che io andava intanto manifestando in quei primi anni della nascente ragione era questa. Taciturno e placido per lo piú; ma alle volte loquacissimo e vivacissimo: e quasi sempre negli estremi contrari; ostinato e restio contro la forza; pieghevolissimo agli avvisi amorevoli; rattenuto piú che da nessun’altra cosa dal timore d’essere sgridato; suscettibile di vergognarmi fino a l’eccesso, e inflessibile se io veniva preso a ritroso» (Aut., I, 4°): tale l’A. del 1756, tale, presso a poco, l’A. di trent’anni dopo. — Acerbo, aspro.
- ↑ 10. Irato sempre: fu veramente schiavo dell’ira l’A., e lamentavasene nel son. Due fere donne, anzi due furie atroci. Nell’Aut., (III, 2°) racconta di aver una volta lanciato un candeliere addosso ad un giovane spagnuolo perché, nel pettinarlo, gli aveva stretta piú del dovere una ciocca di capelli: e Gaetano Polidori, per qualche anno segretario del nostro Poeta, narra che a Martinsbourg ei fu per istrozzare una dama, la quale gli leggeva la Gazzetta francese e che, redarguita per una parola, secondo il criterio del Poeta, mal pronunciata, aveva osato difendersi e sostenere che la sua pronunzia era corretta (Veg. Ales. D’Ancona, op. cit.).
- ↑ 12. Della sua abituale mestizia l’A. ha parlato piú volte.
- ↑ 13. Achille, il piú valoroso degli eroi greci, Tersite (Iliade, II, 200 e segg.), il piú vile. Il Giusti, in alcuni versi lasciati incompiuti, e che poi riprese e fuse nella Nona rima a Gino Capponi, ebbe forse presenti questi dell’A.:
Sdegnoso dell’error, d’error macchiato,
Or mi sento coi pochi alto levato,
Ora giú caddi e vaneggiai col volgo!
Nel ms. è di questo v. la seguente var.:
Or piú che Achille, ed or men che Tersite,
che non suona bene davvero.