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124 | rime varie |
11 La mente e il cor meco in perpetua lite;
Per lo piú mesto, e talor lieto assai;1
Or stimandomi Achille, ed or Tersíte:2
14 Uom, se’ tu grande, o vil? Muori, e il saprai.
CXXIV [clxviii].3
La Contessa gli tien luogo di tutto nel mondo.
Donna, s’io cittadin libero nato
Fossi di vera forte alma cittade,
Quel furor4 stesso, ch’or di te m’invade,
4 D’egregio patrio amor m’avria infiammato.
Né il mio secondo amore a te men grato
Fora, son certo: perché in bella etade
Nata tu pur, saresti or delle rade
8 Cose, che al mondo il cielo abbia mostrato.
Ma, nati entrambi e in servitú vissuti,
Nessun legame sovrastar può a quelli,
11 Che han tra noi le conformi alme tessuti.5
Tu dunque sola or la mia vita abbelli;
E gli alti sensi tutti in me son muti,
14 Se a tentar nobil vol tu non mi appelli.
- ↑ 12. Della sua abituale mestizia l’A. a parlato piú volte.
- ↑ 13. Achille, il piú valoroso degli eroi reci, Tersite (Iliade, II, 200 e segg.), il piú vile. Il Giusti, in alcuni versi lasciati incompiuti, e che poi riprese e fuse nella Nona rima a Gino Capponi, ebbe forse presenti questi dell’A.:
Sdegnoso dell’error, d’error macchiato,
Or mi sento coi pochi alto levato,
Ora giú caddi e vaneggiai col volgo!
Nel ms. è di questo v. la seguente var.:
Or piú che Achille, ed or men che Tersite,
che non suona bene davvero. - ↑ Nel ms.: «4 agosto, in letto».
- ↑ 3. Furor, amore furibondo, uno di quei vocaboli, diremo cosí, estremi, a cui l’A. era portato dalla sua indole, e che usava perciò di preferenza.
- ↑ 11. Il Tasso (Gerus. lib., VII, 17):
E la couduce ov’è l’antica moglie,
Che di conforme cor gli ha dato il Cielo.
son. Due fere donne, anzi due furie atroci. Nell’Aut., (III, 2°) racconta di aver una volta lanciato un candeliere addosso ad un giovane spagnuolo perché, nel pettinarlo, gli aveva stretta piú del dovere una ciocca di capelli: e Gaetano Polidori, per qualche anno segretario del nostro Poeta, narra che a Martinsbourg ei fu per istrozzare una dama, la quale gli leggeva la Gazzetta francese e che, redarguita per una parola, secondo il criterio del Poeta, mal pronunciata, aveva osato difendersi e sostenere che la sua pronunzia era corretta (Veg. Ales. D’Ancona, op. cit.).