Rime varie (Alfieri, 1912)/CXCII. Offre ad Asti i suoi libri
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CXCII.1
Offre ad Asti i suoi libri.
Asti, antiqua Città, che a me già desti
La culla, e non darai (pare) la tomba;2
Poich’è destin, che da te lunge io resti,
4 Abbiti almen la dottrinal mia fromba.3
Quanti ebb’io libri all’insegnarmi presti,
Fatto poi Spirto a guisa di colomba
Tanti ten reco, onde per lor si innesti4
8 Ne’ tuoi figli il saper che l’uom dispiomba.5
Né in dono già, ma in filïal tributo,
Spero, accetto terrai quest’umil pegno
11 D’uom, che tuo cittadin s’è ognor tenuto.6
Quindi, se in modo vuoi d’ambo noi degno
Contraccambiarne un dí ’l mio cener muto,7
14 Libri aggiungi ai miei libri; esca, all’ingegno.8
Note
- ↑ Il 28 febbraio 1797 l’A. scriveva al Conte Francesco Morelli, suo concittadino: «..... non avendo nessuna aderenza costà in Asti, mi fo ardito a pregarla di quanto segue. Io aveva radunati assai libri da piú di 10 anni, sí in Italia, che in Francia, ed in Inghilterra. Questi mi sono stati quasi tutti predati dalla Municipalità di Parigi nel 1792; dove li lasciai partendo per l’Italia con quella fretta che richiedevano le circostanze. Non li ho neppur piú ricercati, sapendo che la parola restituire non entra nel nuovo codice di codesto popolo schiavo-cannibale. Mi son messo da cinque anni in qua a comperare quasi tutti quelli che aveva perduti, e molti piú ne vo e anderò ricomperando, se campo. Questi son tutti o Greci o Latini o Italiani, e delle migliori edizioni. Confesso che mi dispiacerebbe moltissimo che si dovessero disperdere un’altra volta o prima o dopo della mia morte. La mia intenzione è adunque di farne un lascito alla nostra Città in testimonio del mio affetto per quel dolce terren ch’io toccai pria...». Poiché di questo suo disegno l’A. non fa piú parola nell’epistolario, è duopo ritenere che la risposta del conte Morelli il quale, vivendo ad Asti, sapeva a quali antipatie fosse fatto segno, nella sua città nativa, il Poeta (vegg. Brofferio, I miei tempi, Torino, 1857, II, 97) sia stata poco incoraggiante. Dopo la morte dell’A., «di lasciare i libri ad Asti la Stolberg, a quanto pare», scrive il Bertana (op. cit., 278 e seg., e in nota), «non pensò mai; bensí pensò di lasciarli a Torino»; sennonché Luigi di Breme (Bianchini ed Antona-Traversi, Lett. in. dell’A., pag. 227) il 26 ottobre del 1816 le scriveva che non conveniva dare i libri del grand’uomo a una città dove governo e nobili l’odiavano a morte, e che quei libri non potevano esser piú degnamente deposti che a Milano, dove l’A. aveva una schiera di devoti, dove esisteva una coscienza pubblica, dov’essi sarebbero stati venerati come sacre reliquie. La Stolberg infatti nel suo testamento del ’17 seguí il consiglio del di Breme; ma quella sua prima disposizione non ebbe effetto, malgrado che il Governo austriaco, per un momento, avesse in animo di farla dichiarare dai tribunali ancor valida. Cfr. la comunicazione di C[esare] C[antú], I manoscritti e i libri di V. A. legati alla Braidense, in Arch. Stor. Lombardo, 1886, XIII, p. 419 sgg.».
Il surriferito sonetto fu composto il 7 aprile 1797; l’avrei omesso in questa edizione, perché privo di ogni venustà, se non fosse, per il soggetto, di singolare importanza.
- ↑ 1-2. L’A. era ormai determinato a non muoversi piú da Firenze.
- ↑ 4. La fromba è la fionda; e qui l’A. vuol forse dire: «abbiti le mie armi letterarie, cioè i libri». Non meno oscura è la variante del ms.:
Accogli almen da me l’inane romba. - ↑ 7. Si innesti, si insinui.
- ↑ 8. Dispiomba, alleggerisce, quindi solleva.
- ↑ 11. Ma nel 1778 aveva scritto:
Loco ove solo Un contra tutti basta
Patria non m’è, benché natio terreno. - ↑ 13. Il Foscolo, nel cit. son. Un dí, s’io non andrò sempre fuggendo:
La madre . . . .
Parla di me col tuo cenere muto. - ↑ 14. Alletta gli Astigiani allo studio con la quantità e la qualità de’ tuoi libri. Nel ms. è questa var.:
D’altri piú libri accendi esca all’ingegno...