Rime varie (Alfieri, 1912)/CLXI. Umane chimere

CLXI. Umane chimere

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CLX. Per la malattia dell'Abate di Caluso CLXII. Si vergogna della propria ignoranza

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CLXI.1

Umane chimere.

Beata vita ogni uom quella esser crede,
Ch’egli al suo lungo desïar fea scopo.2
Ma intenso oprare al conseguirla è d’uopo;3
4 Natura il vuol, che al comun ben provvede.

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Cosí poi desïando, e oprando, prede
Tutti cadiam della nemica Atrópo:4
Né disinganno arreca a chi vien dopo
8 Lo stuol deriso immenso, che il precede.
Chi in falsi onori, e chi in ricchezza il senno
Perde, invecchiando in vergognose fasce;5
11 E muor, senza al ben vivere far cenno.6
Altri gode, di guerra infra le ambasce;
Altri (e ben so cui, nol volendo, accenno)7
14 Il cor di mobil vana aura si pasce.8


Note

  1. Nel ms.: «23 ottobre, alle Cascine in fondo».
  2. 2. Ch’egli faceva oggetto de’ suoi lunghi desideri.
  3. 3. Diceva Orazio (Sat., I, 9):
    Nil sine magno
    Vita labore dedit mortalibus.
  4. 6. Atropo, (l’inflessibile), per la rima Atròpo, quella fra le Parche destinata a tagliare il filo della vita umana.
  5. 10. In vergognose fasce, eternamente bambino.
  6. 11. Dante (Purg., VI, 139 e segg.):
    Atene e Lacedemona, che fenno
    L’antiche leggi, e furon sí civili
    Fecero al viver bene un picciol cenno
    Verso di te...
  7. 13. Il Poeta accenna evidentemente a se stesso.
  8. 14. La mobil vana aura, è la Gloria. Considerate tutte insieme, queste due terzine ricordano i versi di Dante (Par., XI, 1 e segg.):
    O insensata cura dei mortali,
    Quanto son difettivi sillogismi,
    Quei che ti fanno in basso batter l’ali!
    Chi dietro ad iura, e chi ad aforismi
    Sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
    E chi regnar per forza o per sofismi,
    E chi rubare, e chi civil negozio,
    Chi nel diletto della carne involto,
    S’affaticava, e chi si dava all’ozio;
    Quando, da tutte queste cose sciolto,
    Con Beatrice m’era suso in cielo
    Cotanto glorïosamente accolto.