Rime scelte di M. Cino da Pistoia/Contemplazione della bellezza

Contemplazione della bellezza

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Contemplazione della bellezza
Innamoramento e amore Dolori dell'amore
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CONTEMPLAZIONE DELLA BELLEZZA




XL


     Lasso! che, amando, la mia vita more;
E già non saccio sfogar la mia mente;
Sì altamente m’ha locato Amore.
     Io non so dimostrar chi ha il cor mio
Nè ragionar di lei, tanto è altera;5
Chè Amor mi fa tremar, pensando ch’io
Amo colei ch’è di beltà lumera;
Chè già non oso sguardar la sua cera,
Della quale esce uno ardente splendore
Che tolle agli occhi miei tutto valore.10
     Quando il pensier divien tanto possente
Che mi comincia sua virtute a dire,
Sento il suo nome chiamar nella mente
Che face gli miei spiriti fuggire:
Non hanno gli miei spirti tanto ardire15
Che faccin motto, vegnendo di fore
Per soverchianza di molto dolore.
     Amor, che sa la sua virtù, mi conta
Di questa donna sì alta valenza.
Che spesse volte lo suo saver monta20
Di sopra sua natural conoscenza:
Ond’io rimango con sì gran temenza
Che fuor l’anima mia non fugga allore,
Che sento che ha di lei troppo tremore.



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XLI


     Una gentil piacevol giovenella
Adorna vien d’angelica virtute
In compagnia di sì dolce salute,
Che qual la sente poi d’amor favella.
     Ella n’apparve agli occhi tanto bella,5
Che per entro un pensier al cor venute
Son parolette, che dal cor sentute
Han la vertù desta gioia novella:
     La quale ha preso sì la mente nostra
E covertata di sì dolce amore,10
Che la non può pensar se non di lei.
     Ecco come è soave il suo valore,
Che ne’ begli occhi apertamente mostra
Ch’aver doviam gran gioia di costei.




XLII


     Vedete, donne, bella creatura,
Com’sta tra voi maravigliosamente?
Vedeste mai così nova figura
O così savia giovine piacente?
     Ella per certo l’umana natura5
E tutte voi adorna similmente:
Ponete agli atti suoi piacenti cura,
Che fan maravigliar tutta la gente.
     Quanto potete, a prova, l’onorate.
Donne gentili; ch’ella voi onora,10
E di lei ’n ciascun loco si favella.
     Unquemai par si trovò nobiltate;
Ch’io veggio Amor visibil che l’adora,
E falle riverenza; sì è bella.



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XLIII


     Questa donna che andar mi fa pensoso
Porta nel viso la virtù d’amore,
La qual fa risvegliare altrui nel core
Lo spirito gentil che v’è nascoso.
     Ella m’ha fatto tanto pauroso,5
Poscia ch’io vidi il mio dolce signore
Negli occhi suoi con tutto il suo valore,
Ch’io le vo presso e riguardar non l’oso.
     E s’avvien poi che quei begli occhi miri,
Io veggio in quella parte la salute10
Ove lo mio intelletto non può gire.
     Allor si strugge sì la mia virtute,
Che l’anima che move gli sospiri
S’acconcia per voler del cor partire.

(Confrontato e corretto su l’edizion giuntina, ov’è attribuito a Dante, e su la lezione che ne dà il Fraticelli nel Canzoniere di Dante, ed. cit.)




XLIV


     Sta nel piacer della mia donna Amore
Come in sol raggio e ’n ciel lucida stella,
Che nel muover degli occhi poggia al core,
Sì ch’ogni spirto si smarrisce in quella:
     Soffrir non posson gli occhi lo splendore,5
Nè il cor può trovar loco, sì è bella;
Che ’l sbatte fuor, tal ch’ei sente dolore;
Quivi si trova chi di lei favella.
     Ridendo par che s’allegri ogni loco,
Per via passando; angelico diporto,10
Nobil negli atti ed umil nei sembianti;
     Tutt’amorosa di sollazzo e gioco,
E saggia di parlar; vita e conforto.
Gioia e diletto a chi le sta davanti.



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XLV


     Tutto mi salva il dolce salutare
Che vien da quella che somma salute,
In cui le grazie son tutte compiute:
Con lei va Amor, e con lei nato pare:
     E fa rinnovellar la terra e l’âre5
E rallegrare il ciel la sua virtute:
Già mai non fur tai novità vedute,
Quali per lei ci fece Dio mostrare.
     Quando va fuori adorna, par che ’l mondo
Sia tutto pien di spiriti d’amore.10
Sì ch’ogni gentil cor divien giocondo:
     Et il mio cor dimanda — Ove m’ascondo? —
Per tema di morir vôl fuggir fore:
Ch’abbassi gli occhi, allor tosto rispondo.




XLVI


     Angel di Dio simiglia in ciascun atto
Questa giovine bella,
Che m’ha con gli occhi suoi il cor disfatto.
     E di tanta virtù si vede adorna,
Che chi la vuol mirare,5
Sospirando, convielli il cor lasciare.
Ogni parola sua sì dolce pare,
Che là ove posa torna
Lo spirito che meco non soggiorna;
Però che forza di sospir lo storna,10
Sì angoscioso è fatto
Quel loco dello quale Amor l’ha tratto.
     Io non m’accorsi, quando la mirai,
Ch’Amore assaltò gli occhi, onde disfatto
Fuor dell’alma trovai15
La mia virtù che per forza lasciai;
E non sperando di campar già mai.
Di ciò più non combatto:
Dio mandi il punto di finir pur ratto.

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     Ballata, a chi del tuo fattor dimanda,20
Dilli che tu lo lasciasti piangendo
E comiato pigliasti,
Che vederlo morir non aspettasti:
Però lui che ti manda
A ciascun gentil cor lo raccomanda;25
Ch’io per me non accatto,
Com’più viver mi possa a nessun patto.




XLVII


     Egli è tanto gentile et alta cosa
La donna che sentir mi face amore,
Che l’anima, pensando come posa
La vertù ch’esce di lei nel mio core,
     Isbigottisce e divien paurosa;5
E sempre ne dimora in tal tremore,
Che batter l’ali nessun spirito osa
Che dica a lei — Madonna, costui muore. —
     lasso me!, come v’andrà pietanza,
E chi le conterà la morte mia10
Celato in guisa tal che lo credesse?
     Non so; ch’Amor medesmo n’ha dottanza,
Et ella già mai creder noi potrìa
Che sua virtù nel cuor mi discendesse.




XLVIII


     Veduto han gli occhi miei sì bella cosa,
Che dentro del mio cor dipinta l’hanno;
E se per veder lei tutt’or non stanno,
In sin che non la trovan non han posa;
     E fatto han l’alma mia sì amorosa,5
Che tutto corro in amoroso affanno;
E quando col suo guardo scontro fanno,
Toccan lo cuor che sovra ’l ciel gir osa.

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     Fanno nel cielo gli occhi al mio cor scorta,
Fermandol nella fé d’Amor più forte,10
Quando riguardan lo suo novo viso;
     E tanto passa ’n su ’l desïar fiso,
Che ’l dolce imaginar gli darìa morte,
Sed e’ non fosse Amor che lo conforta.




XLIX


     Quanto più fiso miro
Le bellezze che fan piacer costei,
Amor tanto per lei
M’incende più di soverchio martìro.
     Parmi veder in lei, quand’io la guardo,5
Tutt’or nova bellezza
Che porge agli occhi miei novo piacere.
Allor m’aggiunge Amor con un suo dardo,
E con tanta dolcezza
Mi fiere il cor, ch’io non so più tenere10
Ched al colpo non cali,
E dico — O occhi, per vostro mirare
Mi veggio tormentare
Tanto ch’io sento l’ultimo sospiro.




L


     Poi che saziar non posso gli occhi miei
Di guardar a madonna il suo bel viso,
Mirerol tanto fiso,
Ch’io diverrò beato lei guardando.
     A guisa d’angel, che di sua natura5
Stando su in altura
Divien beato sol vedendo Dio,
Così, essendo umana creatura.
Guardando la figura

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Di questa donna che tiene il cor mio,10
Potrìa beato divenir qui io:
Tant’è la sua virtù che spande e porge,
Avvegna non la scorge
Se non chi lei onora desïando.

(Confrontata e corretta su la edizion giuntina, ov’è attribuita a Dante, e su la lezione che ne dà il Fraticelli nel Canzoniere di Dante ed. cit.)




LI


     Se questa gentil donna vi saluta,
Non riguardate dentro agli occhi sui;
Chè è tal cosa al mio cor avvenuta,
Che all’anima non cal di star con lui;
     E dice ben che ha la morte veduta,5
Ma non pertanto vuol veder altrui;
Chè vita et ogni ben per lei rifiuta,
Sì ch’io mi partirò tosto da vui.
     Allor trarrete dal mio corpo il core,
E leggerete ciò che mi fa dire10
Che dentro agli occhi suoi non riguardate;
     Chè voi vi troverete scritto Amore,
Col nome che chiamò quando a ferire
Venne guarnito della sua beltate.




LII


     Se ’l viso mio alla terra s’inchina
E di vedervi non si rassicura,
Io vi dico, madonna, che paura
Lo face, che di me si fa regina;
     Perchè la beltà vostra, pellegrina5
Qua giù tra noi, soverchia mia natura,

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Tanto che, quando vien, se per ventura
Vi miro, tutta mia virtù ruina;
     Sì che la Morte ch’io porto vestita
Combatte dentro a quel poco valore10
Che mi rimane, con pioggia e con tuoni:
     Allor comincia a pianger dentro al core
Lo spirito vezzoso della vita.
E dice — O Amore, perchè mi abbandoni? —