Rime di Argia Sbolenfi/Libro secondo/La ballata del cavalier discortese
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LA BALLATA
DEL CAVALIER DISCORTESE
I.
Poi che il sol tramontò, poi che lontana
piange la mesta squilla il dì che muor,
da ’l solingo veron la castellana
4canta così alle stelle il suo dolor:
«Qui presso, tra due monti, è rimpiattato
un castello che il sol mai non scaldò.
Il vento che vi spira è avvelenato,
8Buco è il suo nome e se lo meritò.
Invece in faccia a ’l sol ride scoperto
questo palagio mio cinto di fior.
Ride tra i boschi, ospitalmente aperto
12ad ogni dolce peregrin d’amor.
L’altra notte vegliai su ’l mio balcone
e vidi ne la valle un cavalier,
Oh, come bello! e con l’aurato sprone
16il cavallo spingea lungo il sentier.
Il cor mi palpitò quando lo scorsi,
l’aspetto suo mi vinse e mi rapì.
Tutta tremante da ’l balcon mi sporsi,
20tesi le braccia e gli parlai così:
— Fermati cavalier! Deh, tante cose
vorrei dirti!... Ove vai? Fermati qui! —
Ma galoppando il cavalier rispose:
24— Signora, io vado a Buco... — e poi sparì».
II.
Vittima di se stesso e del destino
ecco torna da Buco il cavalier;
Carogna tentennante, a capo chino,
28tra le gambe gli zoppica il destrier.
L’errore dell’andar, tornando, espia,
poichè la strada pessima trovò,
ed il pantan della fetente via
32da capo a piedi lo contaminò.
Passa così sotto al veron fiorito
dove la voce dell’amor sentì;
passa e si duol d’avergli preferito
36il laido Buco dove imputridì.
«Deh, colline ridenti, ombroso bosco
lieto d’acque perenni e di piacer;
e voi, labbra di rosa, ora conosco
40in che guai mi travolse un reo pensier!
Deh, affacciati al veron, tu che m’hai detto
— Cavalier, dove vai? Fermati qui! —
Ecco torno pentito, ecco nel petto
44col rimorso, l’amor mi rifiorì!»
Uscì la bionda castellana e china
del memore balcone al davanzal,
non vide un cavalier, ma una latrina,
48un lurido fantasma intestinal.
E disse: — «Alfin la collera celeste,
mossa dal mio pregar, ti castigò!
Scortese cavalier, quella è la peste...
52Lo spedale è più avanti!...» — E se ne andò.