Rime di Argia Sbolenfi/Libro secondo/Sonetti mitologici
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SONETTI MITOLOGICI
I.
atteone
(Dipinto ad olio)
Guardate! Atteone
Osserva il prospetto
Ignudo e perfetto
4Che Trivia gli espone.
La Dea, che suppone
Gli perda il rispetto,
Le corna e l’aspetto
8Di cervo gl’impone.
Fuggita è lontana
Dal tempo presente
11La bella Dïana,
Ma sono cresciuti
In modo indecente
14Le corna e i cornuti.
II.
LEDA
Giove, padre degli Dei,
Vide Leda e innamorato
Ebbe il gusto depravato
4Di volerne gl’imenei:
E l’aggiunse ai suoi trofei
Con l’astuzia e con l’agguato,
Poi che in cigno tramutato
8Si calò nel grembo a lei.
Donna Leda gli diè il covo,
Ma con questo bel lavoro
11Fu gallata e fece l’ovo.
Già l’effetto è sempre quello
Quando ruzzano fra loro
14Una donna ed un uccello.
III.
DANAE
Acceso il Tonante
Per Danae d’affetto
Ottenne l’effetto
4Mutando sembiante,
E, splendido amante,
Le cadde nel letto
Prendendo l’aspetto
8Dell’oro sonante.
Da noi, siamo schietti,
Ne andava in possesso
11Cambiato in biglietti;
Che in oro o in argento
Ci avrebbe rimesso
14Il 5 p. %.
IV.
ATALANTA
Atalanta giovinetta
Alla corsa ognun sfidava
E sì forte galoppava
4Che pareva in bicicletta.
Per passarla, una burletta
Ippomène imaginava
E, correndo, le gettava
8D’oro in palle una cassetta.
Adocchiandole sì gialle,
Per volerle raccattare,
11Ella uscìa dal dritto calle:
Il che serve per provare
Che le donne per le palle
14Si farebbero pelare.
V.
PAN
Pane, cornuto Iddio
Benchè non abbia moglie,
Sul margine d’un rio
4S’appiatta in fra le foglie:
Assalta di scancio
Le Ninfe e poi le coglie
Facendone sciupìo
8Secondo le sue voglie.
Però fissa e solinga
Ebbe una fiamma in core
11Per la gentil Siringa:
Dal che dedur conviene
Che il povero signore
14Non orinasse bene.
VI.
IO
Io, diventata vacca
Per volontà di Giove,
Fessa dolente e stracca,
4Così diceva al bove:
«Come mi sento fiacca
E rotta in ogni dove!
Non valgo una patacca
8In queste forme nuove:
Il fieno m’è indigesto
E i visceri m’annoda
11In modo disonesto.
L’utile sol ch’io goda
Nel mutamento, è questo:
14Che guadagnai la coda.»