Rime di Argia Sbolenfi/Libro secondo/Hunyadi János

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HUNYADI JÀNOS



Al Signore
Andrea Saxlehner

Buda-Pesth




Non più anelanti a i pascoli latini
     le barbare cavalle Attila caccia,
     rivisse il fior de gl’itali giardini
                                        4su la sua traccia.

Tacque indarno il deserto e crebbe l’erba
     dove l’alta Aquilea fumando giacque;
     da le fecondi ceneri superba
                                        8Venezia nacque.

Il Danubio lavò le curve spade
     grondanti di gentil sangue romano,
     ma di quel sangue mai goccia non cade
                                        12versata invano,

e con le stille che tingevan l’onde
     de ’l pescoso Tibisco e de la Drava
     di Roma il fato a fecondar le sponde
                                        16barbare andava,

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e di messi la steppa e di vitigni
     rise, ed a ’l sol che civiltà conduce
     i biechi de i mongòli occhi sanguigni
                                        20vider la luce;

nè più l’Europa giudicò minaccia
     ma baluardo de’ magiari il petto,
     quando il Corvino alzò la spada in faccia
                                        24a Maometto;

nè più imprecò il latino in val di Pado
     a i varchi onde calò di Dio il flagello,
     ma l’unno che morì sotto Belgrado
                                        28disse fratello.

Oh, benedetto il suol che trepidava
     sotto il galoppo de la santa schiera
     se l’unnìade Giovanni alto levava
                                        32la sua bandiera!

Oh, benedetto il suol che de la buona
     ausonia civiltà reca le impronte
     se de l’unnìade in nome a noi sprigiona
                                        36salubre un fonte

a ’l cui salso licor cedon le avare
     viscere umane il faticoso pondo,
     cantando inni sonanti a ’l salutare
                                        40flusso giocondo.

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E poi che il fatto reo l’opera vieta
     de le viscere tarde invan spremute,
     a l’ungarica possa anch’io, poeta,
                                        44chieggo salute.

Non il regal Tokay, ma l’acqua umile,
     che Buda ci mandò mi fia sollievo.
     Tendimi il nappo, Igea. Buda civile,
                                        48a te lo bevo!