Questioni Pompeiane/Il tribunale della Basilica quando e da chi costruito
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | L'Augusteum, la curia degli Augustales, il Chalcidicum, l'aedes Fortunae Augustae | I due Teatri | ► |
Il tribunale della Basìlica quando, e da chi costruito.
Dall’opera laboriosa del sig. Mommsen, Inscr. Regni Neap. latinae, traggo la iscrizione segnata a n. 2202 per illustrarla convenientemente alla sua importanza, ed alle cose pompeiane. In prima trovo non poche inesattezze da emendare: «dicesi litt.palm.Rep.Pompeis in basilica». Ma ad imaginarne un restauro è sopra ogni altro necessario conoscere la vera dimensione delle lettere; e però non è detto bene di tutta la leggenda che è litteris palmaribus: poiché la prima linea ha lettere la metà più grandi delle quattro linee seguenti. Alla POTEST • i noto, che i T si elevano sulle altre lettere, che l’I non si vede affatto sulla pietra, ove appena si scorge il principio della linea trasversale soprapposta e l’apice della lettera sottoposta, dal quale non si può in modo veruno argomentare se la linea che manca era verticale od obliqua. Dopo il CAP del frammento seguente non v’è spazio liscio, ma invece l’intero avanzo di linea dritta verticale della lettera seguente. Il P della lin. 4 manca dell’asta sua verticale. Nell’ultimo frammento l’I dopo SOC è un chiaro L un pò logoro nell’asta orizzontale, nè SOC è scritto, ma SOG. Lascio alcune minuzie, che occorrerebbe notare, ed avverto, che la iscrizione non ha cornice affatto, come ha disegnato il Mommsen, e che un altro frammento di questa medesima inscrizione ha egli trascritto senza avvedersene, collocandolo fra i marmi Originis incertae, a num. 16, AV IB. PO; altri tre poi ha trascurato affatto. Tra questi sono i due che egli cava dalle relazioni manoscritte, e che debbono rettificarsi secondo la lezione, che ne do qui; ma il terzo ed ultimo avanzo dei dieci frammenti di tutta la iscrizione, che ci sono rimasti, e non è stato notato neanche dal giornale degli scavi, contiene i resti del cVM Suis. Questa narrazioncina, che io ho dovuto stendere così a minuto pel bisogno che ve ne era di giustificare i miei supplementi ha anche l’utilità di far sempre meglio intendere quanto si è ancora lungi dall’avere una esatta trascrizione delle nostre lapidi1.
Stabiliti i pezzi, che ci sono pervenuti della intera lapida, e ridotti il più esattamente che si poteva alla vera lezione, giovi ora coll’aiuto della scienza epigrafica venire a determinarne il senso. Egli è in primo luogo indubitato, che tutta la iscrizione consistette una volta di cinque linee, la prima delle quali, che ha lettere il doppio più grande delle altre quattro ci si appalesa destinata a contenere alcune onorevoli appellazioni di Augusto.
Rilevasi facilmente Aug, e Pontif; per altro non può di qua determinarsi, se questo Pontificato è il massimo, lo che dovrebbe risultare dalle potestà tribunizie, che dal solo avanzo che spetta all’ultima cifra numerica non può affatto rilevarsi. Essendo adunque l’uno e l’altro incerto egualmente non resta che di rivolgersi alle altre righe della leggenda, e ad altri argomenti, cercando, se quindi può trarsi alcun vantaggio. La terza, e la quarta riga par certo dovessero contenere i nomi di coloro, che avevano speso a costruire ed ornare quel qualunque edifizio, che poscia mi argomenterò di determinare. Questi sono evidentemente in caso retto, dimostrandolo l’IDEM, e ’l contesto intero. Dippiù nei trè frammenti a destra veggonsi gli avanzi della S, e però si capisce che tra il nome e ’l cognome non intercedeva nè la L, nè la F precedute dalla sigla del prenome, a segno della condizione loro civile, o libertina. Quindi rileviamo, che nell’ultima linea dovea esser scritto IDEMQ. CVM, e non IDEMQVE • CVM, con che lo spazio delle due linee sovrapposte si allungherebbe di troppo per un ordinario nome gentile. Aggiugni che dai confronti locali è più che probabile, doversi nella linea immediata supplire CAPRASIVS il CAPI dell’avanzo; per lo quale lo spazio sarebbe opportuno, e supposto IDEMQVE assai più largo e tale da rendere improbabile il supplemento. Da tutto ciò nasce, che i frammenti si debbano ravvicinare in modo, che ci resti lo spazio da tanto ragionevoli osservazioni richiesto. È ancor necessario far notare che i secondi nomi cominciano appunto di sotto alle parole TRIB POTEST, le quali non potendo essere seguite, se non dal consolato, e alla fine da un P P (Pater Patriae), già ne insegnano ad avvertire, che siamo alla seconda metà della epigrafe, e però che quattro soli possono essere i nomi di coloro, che questa opera de sua pecunia fecerunt. Ravvicinati convenientemente alle osservazioni fatte i maggiori frammenti, e considerato lo spazio, che richiede la scrittura dei due nomi a sinistra si può in generale esser certi, che l’enigma dell’andamento di tutta l’epigrafe è sciolto, e che le parti componenti sono cinque linee di scrittura, nelle due prime delle quali si fa la dedica all’Augusto, nelle due seguenti si appongono i nomi dei quattro, che nell’ultima linea ci insegnano di aver costruito, e fornito della suppellettile alcuna cosa, di più resone pubblico l’uso, che è il senso della voce dedicarunt.
Ma tutte queste notizie acquistate alla storia hanno ancora vaghi confini cronologici, non potendosi da niuna delle operazioni già fatte determinare l’Augusto, se Ottaviano o Tiberio, nei titoli che gli spettano. Evvero, che il Mommsen ha definito tutto ciò, assegnando al monumento il 732/5; ma ciò non può valere ora, che la esatta lettura della epigrafe ha fatto svanire quella unità, che egli incautamente dà, siccome letta e trascritta da se, POTEST. I. Non può poi presumersi, che questa unità fusse perita per danno sofferto dal marmo; perocchè è ben chiaro dal colorito uniforme di tutto questo lato, che è stata appunto così trovata nel primo scavo. Tenterò io dunque una nuova via, cercando di avvicinare al possibile questo monumento al tempo, in che potè essere collocato nella Basilica pompeiana. E primieramente fo notare che i quattro autori dell’opera hanno altri confronti nelle lapidi pompeiane che ricordano lavori fatti da ministri di Augusto (cf. I.N. n. 2261, 2262, 2266, 2270) e che lo stesso numero ci proviene dalle lapidi, ove sono ricordati i ministri del pago Augusto Felice (cf. I. N. n. 2293), e i ministri della Fortuna Augusta (cf. I. N. 2223, 2224, 2226). Inoltre che tre di loro vi appariscono apertamente liberti, o di condizione libertina PHI ••••• S • SOG • L •, L • N ••• O, CAPI •••• S • DIOGI •••• laonde avuto anche riguardo alle altre tavole ove sono nominati soli liberti, libertini, o servi, assai verosimilmente si farà a conchiudere, che la persona ••• THO fosse della condizione medesima di liberto. Ciò posto è natural cosa, che io metta a riscontro con questo avanzo • • • • THO un nome della stessa desinenza di altro monumento pompeiano, e ciò, che è più, scoperto nella Basilica medesima: questo è P. STALLIVS • AGATHO, il quale essendo MINISTER al 729 donò non si sa qual cosa, D•D, a questo edifizio. Se tutte le probabilità sono a favore di costui, io conchiudo, che è assai ragionevole il riferire ai tempi di Augusto questo monumento. Perocchè soggiugnendosi che quel lavoro, qualunque si fosse, offerto da P. Stallio Agatone al 729 erasi rinnovato al 756, senza che ivi si faccia veruna menzione di lui, uopo è dedurne, che egli fosse già morto, che, lui vivo, non altri, ma egli medesimo lo avrebbe certamente rinnovato. Abbiamo adunque quasi circoscritto il tempo della lapida, dippiù escluso il pensiere di alcun figlio di lui, che sarebbe stato cittadino, siccome regolarmente richiedevasi, e non di condizione libertina; resta ora che ne diamo il supplemento secondo i tempi. Supponendo la lapida datare dal 732 al 742 non può supplirsi che PONTIFICI, avendo dimostrato l’Eckhel, che solo da quest’anno 742 Augusto assunse il Pontificato Massimo (Doctr. Num. Vet. Vol. VI. p. 107): varieranno altresì le acclamazioni imperiali, che davanti alle potestà tribunicie doveano essere scolpite, non ammettendo altro supplemento tutto lo spazio a sinistra. Ben si avverta però, che per l’unità tuttavia esistente davanti al COS non può ivi collocarsi altra potestà tribunicia, che quella, il numero di cui termini in unità. Se poi vuolsi il monumento posteriore al 742, può allora solo ammettersi dopo il COS XIII la novella appellazione di Padre della Patria data ad Augusto dal Senato e dal popolo romano nel detto 752 (Eckhel op. cit. p. 1 12). Darò quì a modo di esempio il mio supplemento
IMP • CAESARI • D • F • AVG • PONTIFICI
IMP • VIII • TRIB • POTEST • VI • COS • XI.
L’avanzo della linea trasversale, che vedesi nel frammento ESA ne stringe a scriver D non DIVI; colla quale voce tutto distesa ci dilungheremmo di molto da quello spazio che pel confronto del frammento I • COS ragionevolmente possiamo supporre anche framezzo al numero delle acclamazioni imperiali, ed alla voce TRIB • Venendo ora ai supplementi dei nomi, pel primo ho già stabilito di riconoscere P • STALLIVS • AGATHO, quanto al secondo, che è palesemente di greca origine, ma volto in nome di famiglia all’uso romano, siccome L • EVMACHIVS FVSCVS (I. N. 2270), Q. THYLLANIVS IANVARIVS (il nostro Bull. p. 71), è forse un PHILONIVS; il nome del patrono SOG finora non può completarsi se non col SOGELLIA • FAVSta della Venosina (I. N. 860), di lezione non ancora ben assicura dallo stesso editore.
Seguono gli avanzi L • Na Ↄ): il cognome mi par NASO, che io leggo in graffito pompeiano darsi a Fadio, FADIVS NASSO (così); Intorno all’ultimo parmi essermi ben apposto a stimarlo CAPRASIVS • DIOGENES • Rimane or solo l’ultima linea, che mi comincia da un N, e però io son certo, che il suo supplemento è TRIBVN •, avvertendo che questi frammenti furono scoperti nella Basilica, ove è il Tribunal di costruzione assai diversa dallo stile greco e puro del gionico e corinzio di tutto l’edifizio, diversa ancora pel materiale impiegato, che è marmo, mentre nella Basilica i capitelli sono operati in tufo vulcanico, e i fusti in mattone ricoperto di stucco. Ma il conoscere l’epoca di una parte così nobile dell’intero edifizio, che già da se dava segni certi di provenire da altra mano, devesi omai alla retta interpretazione della lapida, che si può tenere essersi collocata una volta sul fregio dell’architrave, che era soprapposto alle colonne del Tribunal; e dare quindi un buon fondamento di restauro a sì gentile edifizio pompeiano.
I quattro liberti non paghi di avere costruito il tribunale, l’ornarono ancora della suppellettile richiesta dall’uso, e ciò significarono colle voci CVM • SVIS • O’RNamentis. Ciò premesso, l’intero supplemento immaginato da me, potrebbe esporsi così;
IMP • CAESARI • D • F • AVG • PONTIFICI
IMP • VIIII • TRIB • POTEST • VI • COS • IX
P • STALLIVS • AGATHO • PHILONIVS? SOG • L ^
L? FADIVS•L? • L • NASO • CAPRASIVS • DIOGENES
TRIBVN • D • S • P • F • IDEMQ • CVM • SVIS • ORN • DED
Note
- ↑ A tanti argomenti, di che riboccano i nostri fogli, veramente vado accorgendomi, anch’io, che tra noi deve ignorarsi l’arte di copiar marmi, specialmente i più importanti.