Quest'animata Notte
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xi
la bella vedova
Quest’animata Notte,
ch’avolta in nera vesta,
ricopre il biondo crin di bruno velo,
non da le stigie grotte,
ma dal balcon celeste,
non da l’abisso vien, ma vien dal cielo.
Non caligine e gelo,
poggiando al suo bellissimo orizzonte,
come l’altra produce,
ma porta ardore e luce.
L’oriente ha nel riso, ha l’alba in fronte,
il dí nel ciglio accolto,
e le stelle negli occhi e ’l sol nel volto.
Non per nebbie sanguigne
torbida e tempestosa,
ma sempre agli occhi altrui serena e chiara;
non per larve maligne
orrida e spaventosa,
ma sempre ai cori altrui soave e cara;
cortese e non avara
e non cieca si mostra e non alata,
se non quanto va seco
Amor alato e cieco;
non da sinistri augelli accompagnata,
ma, con rossor del giorno,
ha le Grazie nel sen, gli Amori intorno.
Sconsolate dolcezze,
chi, lasso! e chi v’accoglie
tra meste bende e vedovili arnesi?
Vedovette bellezze,
chi di funeste spoglie
vela i bei raggi in quelle luci accesi?
Luci vaghe e cortesi,
luci de’ miei pensier fidate scorte,
da che vedove e triste
vestir per duol v’ho viste
manto di notte ed abito di morte,
esser per voi desio
de la vita e del cor vedovo anch’io.
Fiamme care ma spente,
tenebrose ma belle,
chi per voi non sospira e non languisce?
del vostro raggio ardente,
ch’innamora le stelle,
qual petto Amor non arde e non ferisce?
Cangiar il cielo ambisce
il suo candido latte in nero inchiostro;
macchiar d’ebeno vòle
il suo fin oro il sole;
e sol per somigliarsi al fosco vostro.
tinger di pece bruna
il puro argento suo brama la luna.
Spieghi colomba altera
il leggiadro monile
de la gola pomposa al novo lume;
apra la ricca sfera
pavon vago e gentile
de le stellate ambiziose piume;
scopra, com’ha costume,
il purpureo diadema e i vari fregi
de la testa e de l’ale
fenice orientale;
ché qualunque piú ’l mondo ammiri e pregi,
tra mille di natura
pompe diverse, un solo Oscuro oscura.
Tessa Flora tra l’erba
viole, acanti e gigli,
di cui la gonna primavera infiora;
accolga Iri superba
smalti persi e vermigli,
onde il bel velo al sol fregia e colora;
scelga la bella Aurora,
per farne a l’aureo crin treccia fiorita,
gemme d’oro distinte,
rose d’ostro dipinte;
ch’omai sará, poiché ne va vestita
la reina de’ cori,
il men chiaro color re de’ colori.
Deh! perché non mi lice,
o Notte amorosetta,
farti carro talor del proprio seno?
Quanto sarei felice,
se la man, che ’l saetta,
volgesse ancor di questo core il freno?
Del tuo corso sereno
fôrano i miei sospiri aure notturne,
fôran rote e destrieri
le mie voglie e i pensieri;
ed io da due dolenti e flebil’urne
andrei versando intanto
rugiade soavissime di pianto.
Oh potesse il mio core,
luccioletta volante,
scherzar per l’ombre tue lucide e liete;
o mi cangiasse Amore
in vil gufo vagante,
perch’avessi a’ tuoi piè posa e quiete!
Care omai mi sarete,
nottole infauste, e voi, cornici infami,
nubi, tempeste, eclissi,
antri, sepolcri, abissi;
né fia ch’io tema piú, ma fia ch’io brami
l’orror, l’ardore eterno,
s’ha cosí belle tenebre l’inferno.
Notte, se notte sei,
ristoro de’ mortali,
onde pace ed oblio l’anima beve,
concedi ai desir miei
ed a le membra frali
nel tuo placido grembo un sonno breve.
Sperar da te ben deve
refrigerio e conforto il cor doglioso.
Almen, prendere a sdegno
non devi audace ingegno,
quando ardisca furarti alcun riposo
dopo lunga fatica,
se sei de’ ladri e degli amanti amica.
Canzon, piú non garrir, le voci affrena:
troppo se’ tu loquace;
la notte ama il silenzio, ama chi tace.