Primavera (Prati)
Questo testo è incompleto. |
◄ | Rondine | Voci | ► |
XX
PRIMAVERA
Isis, vere novo, cunas thalamosque tuetur. |
Primavera non vien fuor che una volta
a fiorir l’anno; e quando
dal canestro versò l’ultima rosa,
la bella giovinetta in sé raccolta
5parte da noi, lasciando
un soave ricordo in ogni cosa.
Delle rugiade il pianto
resta all’alba; alla siepe un fil d’odore;
a qualche gelso un canto
10di solingo augelletto;
e resta all’uman petto
una malinconia che sembra amore.
Poi s’imbionda la spica
al povero colono;
15sotto i cocenti lampi
di Febo s’affatica
il falciator pe’ campi;
di plaustri le callaie
stridono; e, misurato alle promesse,
20ne’ portici e per l’aie
splende l’ór della messe.
E tutto questo è dono
dell’olimpica figlia,
che va pellegrinando
25sotto le terre; e, non so come o quando,
dolcemente scompiglia
i piccioletti germi e li conduce
fuor nella rosea luce.
Indi s’avanza il dio
30che aggioga al carro i pardi,
e fiamme dagli sguardi
lancian Polinnia e Clio,
mentre il sacro licor ferve e s’affina
nell’anfora divina,
35e coi corimbi in testa
mcnan le madri sul Pangèo la festa.
Poi gialliscon le foglie
e cadono; s’accampa
di fuor la buffa; e nelle interne soglie,
40mentre luce la vampa
sui vasti focolari,
novellando si va di cose arcane.
Ha giti varcato i mari
la rondinella; senza voi rimane
45il pecchietto alle siepi, e senza grido
la cingallegra al nido;
con suo mugolo roco
s’aggomitola al foco
il can sull’ora bruna
50o all’uscio, per entrar, raspa e si lagna,
fiori di gel sui vetri
ricama il verno; e gli alberi alla luna
paiono bianchi spetri
per l’immensa campagna.
55Oimè! dagli occhi miei
per clivo o per riviera
ove fuggita sei,
fanciulla Primavera?
Come attesi l’amante, al tempo verde
60attendo io te: né perde,
benché tu mi sia tolta,
la sua speranza il cor. Piú d’una volta,
è ver, tu, giovinetta
Primavera, non vieni a fiorir l’anno.
65Ma, quando se ne vanno
l’ultime nevi e spunta
la prima violetta
cantan tutte le terre: — È giunta, è giunta
la fanciulla gioconda! —
70E il riso e il canto abbonda
per Tacque immense e per gl’immensi cieli.
e in radiosi veli
sovra il saturnio altare
sin la tacita e grande Iside appare.
75O Primavera, eterna
per l’arcana natura
e si breve per noi, chi ti governa
il virgineo pensier? chi prende in cura
le tue sembianze belle?
80da qual poter tu mossa
vieni beata e vai? (orse tu vivi
al di lá delle stelle,
al di lá della fossa,
e in quel campo fiorito
85a te ci attendi privi
di fastidio e dolor, schiatta immortale?
Ché in veritá non vale
la poca ora di qua tanto infinito
delirar di dottrine e di speranze.
90E queste ambigue stanze,
che per antico danno
abitiam colla Morie, un di saranno
trasfigurate in una
primavera senz’ombra e mutamento,
95ove né sol, né luna
né mar d’acque, né vento,
né nulla agiterá nostro intelletto,
tranne il proprio diletto
d’amar senza confine.
100Primavere divine,
io vi sogno sovente; e il sognar mio
la che talor né invano
son primavera anch’io;
e con gorgheggio arcano
105qui nella mente il rosignol mi geme,
qui nella mente mi tremola il fiore,
e una fresc’onda preme
e una fresc’aura il core;
e a quanto ascolto e miro
110di grande e di gentile
con infinita voluttá sospiro
come a un eterno aprile.