Poesie (Campanella, 1915)/Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla/86. Salmodia, che invita la terra e le cose in quella nate a lodar Dio

86. Salmodia, che invita la terra e le cose in quella nate a lodar Dio

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86. Salmodia, che invita la terra e le cose in quella nate a lodar Dio
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86

Salmodia che invita la terra e le cose in quella nate
a lodar Dio e declara lor fine e la Providenza divina

La terra nostra di far giuoco e festa
nullo tempo si resta — al sommo Dio;
da che l’unio — l’Amor, pesolo in mezzo,
gioisce al rezzo.
5Gioisce al rezzo, e ’l circondante caldo
schifando, viver saldo — e freddo gode1;
rendendo lode — all’Eterno, eternarsi
vuol, non disfarsi2.
Vuol non disfarsi; e ’l sol vorria disfarla
10non per odio; per farla — mole amica3
seco l’intrica, — e con focose braccia
cinge ed abbraccia4.
Cinge ed abbraccia anch’ella lui nel seno:
ché, schifandolo, pieno — pur se ’l vede
15di calor: fede, — che al destin piú incorre
chi piú l’abborre.
Chi piú l’abborre, poscia piú l’aggrada;
che sua fuga sia strada — a quel s’ammira.
Ché alla sua mira — e gloria gli rivolge
20Chi il mondo volge.

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Chi il mondo volge così fece madre
la terra, e ’l sole padre — d’infinita
prole, ch’addita — del Primero Ingegno
l’arte e ’l disegno.
25L’arte e ’l disegno su esaltate, o monti 6,
della gran madre pronti — alle difese,
ossa distese, — e fini a’regni nostri:
stanza a’ gran mostri.

Stanza a’ gran mostri e piccioli, prestate,

30acque, che circondate — il nostro suolo:
voi date il volo — a’ pesci ed alle navi,
sì in terra gravi 7.
La terra aggravi, e pur non la sommergi,
tu, ocean, che t’ergi — sì superbo.
35Per divin verbo — dal suo ventre uscisti,
e ’l mondo unisti 8.
Tu ’l mondo unisti, ch’è il primo animale.
Tra l’etra spirituale — e ’l terren grosso
sangue ti posso — dir, che nutre, e viene,
40va tra le vene 9.
Va tra le vene e per li fonti spiccia,
dove la terra arsiccia — ha piú bevuto;
indi il perduto — alle campagne rende;
poi in alto ascende 10.
45In alto ascende a far giuoco al Signore
col terrestre vapore — insieme misto;
or stella è visto, — ed or, come bombarde,
rimbomba ed arde 11 .
Rimbomba ed arde ed atterrisce gli empii.
50Non perdona agli tempii, — o vivi o morti.
Tu, Dio, n’esorti — a be’ celesti nidi
con questi gridi 12.
Con questi gridi gli animai richiami,
perché non restin grami — alle tempeste.
55Gioconde feste — agli angeli, a’ demòni
fatiche doni.

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Fatiche doni con saper immenso
sotterra al fuoco accenso, — che fracassa,
cuoce e relassa, — e dentro fa i metalli,
60fuor monti e valli 13 .
Co’ monti e valli, e fiumi e mar, distingui
i paesi: altri impingui, — altri fai macri,
e dolci ed acri — agli abitanti vari
piú necessari 14,
65piú necessari e piú capaci ancora
di vite, che si fora — ugual pertutto 15;
e perché tutto — pur le cose stesse
non producesse 16;
ma producesse biade la campagna,
70s’alzasse alla montagna — il fummo e l’onda
arte profonda — di doppi lambicchi
per farci ricchi 17 .
Per farci ricchi altrove oro ed argento
nasce; altrove frumento, — augelli e fiere,
75rivi e peschiere, — macchie, salti e boschi,
perch’io ’l conoschi.
Perch’io conoschi l’alta Cagion Prima,
fa mancar al mio clima — molte cose.
Commerzio puose, — amor e conoscenza
80tal Providenza 18 .
Tal Providenza in due quadranti opposti
fa che in su il mar s’accosti — in uno colle:
l’altro s’estolle — per l’acque pendenti,
la concorrenti.
85Son concorrenti di diversi fianchi
in cui avvien che manchi: — e in tutti lidi
sei ore vidi — alzarsi e sei abbassarsi,
per piú avvivarsi 19.
Per piú avvivarsi fa il medesmo l’aria,
90e pur qual mar si varia, — dove accolti
son vapor molti, — che capir non ponno,
e spazio vonno.

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E spazio vonno, e spazio van cercando,
purgando, ventilando, — trasferendo
95e convertendo — il fummo in util pioggia 20:
stupenda foggia!
Stupenda foggia, ch’a piú parti giove.
Fiere ed augelli altrove — e pesci porta:
le navi esorta — al corso; noi a consulta;
100altri sepulta.
Altri sepulta in sonno, ed altri in sabbia;
svelle arbori con rabbia, — e gran citati 21.
Son fecondati — i campi, ove dolce aura
il verde innaura 22.
105Fa verdi, innaura e purpuree le nubi,
il sol, perch’io non dubi — or, che piú pèra
la nostra sfera — in mare 23. Il suo ben vale
ciò che in su sale:
quando in su sale, in grandini s’ingroppa
110grosso vapor, che scoppia — in caldo loco;
ma non a poco a poco, — qual la neve,
che il freddo beve 24
Il freddo beve, e si congela in brina
quel ch’aura mattutina — o sera agguaglia,
115come si quaglia — in pioggia il fummo, e cade
dolce alle biade 25.
Per far le biade e’ manca nell’Egitto,
onde il Nil fu prescritto — che inondasse,
che Assur fruttasse — e l’India in questa guisa,
120che Dio n’avvisa 26.
Dio pur n’avvisa, che l’Arabia ottenne
solo rugiada, e fenne — incenso e manna,
nettarea canna, — e ragia, di che degni
fûr i miei regni 27.
125Tutti anche i regni han piani, balze e selve,
pasto e casa di belve. — Oh maraviglia!
quanta famiglia — per te, Signor, nasce,
si cresce e pasce.

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Si cresce e pasce di liquor terrestre
130il ferro, il sasso alpestre28: — un grasso e molle
l’erbe satolle,29 — immobili animali,
fa’ a que’ c’han l’ali;
a que’ c’han l’ali, a chi serpe, a chi anda
foglie, radici, ghianda, — grani e pomi;
135altri ne domi, — altri armi, altri fai inermi,
né senza schermi.
Hanno per schermi i ricci e gli arboscelli
spine contra gli augelli, — asini e bovi;
altura trovi — in querce, abbeti e faggi
140per tali oltraggi.
Per tali oltraggi han le quaquiglie e i pini
guscio; e vesti d’uncini — contra i colpi,
che ghiro non le spolpi, — han le castagne;
ma pur le fragne.
145Però le fragne, ché Dio ha destinato 30
ch’ogni ente non sol nato — sia d’ogn’altro,
ma l’uno all’altro — sia cibo ed avello,
or questo, or quello 31.
Ma questo e quello, resistendo, addita
150godersi in ogni vita, — che Dio dona:
e, perch’è buona, — ogn’altra viva norma,
pur si trasforma 32.
Chi lo trasforma con tanta sua laude,
che sieno molti gaude — gl’innocenti 33:
155pochi possenti — orsi e leon vedrai,
pecore assai.
Pecore assai, che dal caldo e dal gelo
solo difende il pelo. — Frutti e fiori,
tu, fronda, onori: — a’ timidi è soccorso
160la tana e ’l corso.
Le tane e ’l corso ha il cervo, il lepre, il capro;
corna il bue: sanne l’apro: — onghie il cavallo:
vivezza il gallo, — ch’al fiero lione
spavento pone.

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165Spavento pone all’elefante il drago.
Oh spettacolo vago — di lor gesti!
Falcon, tu avesti — rostro, e duro artiglio
l’aquila e ’l niglio37,
L’aquila e ’l niglio han pur la vista acuta,
170come il can lunge fiuta — la sua preda,
perché provveda, — ode lontano il lupo
al ventre cupo.
Pel ventre cupo ha forza la balena,
molta astuzia ha la iena, — industria l’ape.
175Oh come sape — polizia il governo,
d’está e d’inverno!
D’está e d’inverno han cittá le formiche;
stanze altri sempre apriche — si procaccia;
va il ragno a caccia, — e si fa rete e stanza
180di sua sostanza35.
Di sua sostanza si circonda e cova,
prende l’ali, e fa uova — quindi uscendo,
varie vivendo — vite un verme36; ahi lasso!
Oltre io non passo.
185Oltre io non passo, non posso 37; assai ignoro
l’anatomia, il lavoro, — fraudi ed ire,
gioie e martire — di quanti il mar serra,
l’aria e la terra.
O aria, o terra, o mar, mirar potrei
190ne’ vostri colisei — ta’ giuochi io sciolto!
Ma chi è sepolto — in corpo, sol s’accorge
che poco scorge 38.
Se poco scorge, potrá dirne meno.
Ma il sermon vostro appieno — a tutti è aperto;
195non è coperto — a nazione alcuna
sotto la luna.
Sotto la luna il nostro dir trascenda
al Re della tremenda — maestate.
Transumanate — menti, voci e note 39,
200ite al Signor, che tutto sape e puote.

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1. La terra sta pesola in mezzo al mondo, unita dall’amor della conservazione, e gode del freddo per contrastare al sole, caldo, che vuol disfarla.

2. Le cose, volendo esser sempre, com’è Dio, lodano ed amano Dio in questo atto.

3. Il sole, non per odio per sé, ma per amore age contra la terra.

4. Nota come il sole abbraccia la terra per farla cielo, e come ella abbraccia il sole, mentre lo fugge e combatte, perché unisce il calor dentro sé; circondandolo col freddo, piú lo rinforza; dal che si vede ch’ella fuggendo il fato, incorre in quello, e così tutti gli enti, ecc.

5. Stupenda cosa, che poi aggrada quel che prima abborre, perché diventa natura, e si perde il senso d’altro miglior essere; e pure s’ammira che, fuggendo, incorre nel mal fuggito e poi amato. E questo è per divino ordinamento, onde adiviene che il sole sia padre e la terra madre del mondo e delle cose, nelle quali riluce l’arte divina.

6. Parla a’ monti, che, con tante utilitá a chi servono, mostrano i primi la divina arte.

7. L’uso delle acque. Le navi in esse leggiere sono, e gravi in terra.

8. Nota come l’oceano esce dalla terra come sudore; e per legge naturale del Verbo eterno sommerge la terra, ma non per miracolo nuovo, com’altri dicono. E come il mare unisce le nazioni con la navigazione.

9. Nota che di piú unisce il cielo con la terra esso mare, perché, se quello non fosse, non si farebbono vapori, e si spartirebbe l’un dall’altro. E come e’ nutrica la terra e l’etera.

10. Vedi come si lambica, e va sopra i monti, e poi scende per fiumi e piogge, e ritorna in circolo.

11. Non fa consistenze di comete e di tuoni e di piogge, se non è misto il vapor acqueo col terreo, cioè il sottile col grosso. Vedi Filosofia.

12. Nota l’uso de’ tuoni, da nullo cosí altamente cantato; e come l’autore truovò la causa finale di tutti gli enti secondi, ignota alli antichi, assai desiderata da Socrate. Vedi Platone in Phaedone.

13. Uso del fuoco intra la terra.

14. Come la varietá della terra sia utile alla varia vita di vari enti. [p. 186 modifica] 15. Come è piú capace, sendo montuosa ed avvallata che piana o tonda.

16. Mira che i diversi climi per diverso calore variati, e gli diversi siti producono la diversitá degli enti, onde noi conoschiamo la divina arte, di virtú multiplicissima.

17. Nota come del fummo si fa l'acque nelle caverne de’ monti; e piú dell’acqua del mare lambicata come per spoglia o per feltro.

18. Come Dio dispose che non in ogni paese ogni cosa necessaria nasca, perché andassimo cercando, e cosí conoscessimo Dio in tante opere sue, e con le altre genti facessimo commerzio.

19. Dell’uso mirabile del flusso e reflusso del mare e dell’aria, secondo la nostra filosofia, non inteso dagli antichi come si faccia né per che fine.

20. L’uso de’ venti.

21. Il vento, portando gli odori e ’l freddo e ’l caldo, tira gli animali a’ diversi paesi, e di piú le navigazioni, ed invita a consulta il vento freddo e forte, che unisce i spiriti dentro. Ma il grosso australe fa dormire, ed in Libia atterra nel sabbione i passaggieri.

22. Uso dell’aura.

23. Come il sole fa l’iride, segno di pace.

24. De’ grandini e loro differenza dalle nevi.

25. Della rugiada e brina.

26. Providenza divina che nell’Egitto, mancando vapor atto a farsi pioggia, ci sia l’inondazione del Nilo, e cosí nell’Indie del Pegú e Menan, e ’l Tigri in Assiria.

27. Come l’Arabia solo ha la rugiada, e però fa incenso, manna, ecc.; e che la Calabria ha la stessa grazia della manna e zuccaro ecc.

28. Donde si nutrisce il ferro e li metalli.

29. E donde l’erbe, le quali sono fatte per gli animali, e questi per gli uomini, e l’uomo per gli angeli, e questi per Dio. E nota come le piante altre son domestiche, altre silvestri, altre armate di spine, altre disarmate, ecc.

30. Come non giova la difesa se non quanto Dio ha destinato così agli animali com’agli arbori.

31. E come l’uno è sepolcro dell’altro, che si mangia.

32. E che la resistenza degli enti al morire sia argomento che ogni vita sia buona; e come finalmente pure si muta in altra vita, perché in tutto riluce l’Idea divina.

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33. Nota che gli animali crudeli sono pochi, e gli innocenti assai.

34. Nota la difesa di tutti animali e piante in che consista.

35. Quale animale di che sensi prevale.

36. Questo verme è quello che fa la seta, e si serra nel cucullo e poi esce alato.

37. Essere impossibile dire de’ costumi de tutti gli animali, ecc., e delle loro parti ed uso.

38. Dice che, stando l’alma sepolta nel corpo, non può sapere le cose del cielo e della terra e l’uso loro; ma assai scorge, mentre conosce che non può sapere e non presume di dire quello che non sa, come se ’l sapesse. Vedi la canzone del Primo Senno.

39. Commiato.