Poemi italici/Rossini/Canto terzo

Canto terzo

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Rossini - Canto secondo Tolstoi
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CANTO TERZO




I.



Fioriva il cielo azzurro già di stami
di fior di croco. «Io era innamorata
3di te, ma tu, che amai, non mi riami!

T’amai più che nessuno, più che tutti.
Doni ti feci meglio che una fata;
6ma non li prendi: a’ piedi te li butti!


Fui la tua schiava e t’ebbi come sire;
eppur ti feci, povera fanciulla,
9doni immortali: e tu li fai morire!

Io t’ho donato i canti dell’aurora,
quando sbocciava il tutto su, dal nulla:
12eppure al mondo niuno li ode ancora!»


Piangea la pura vergine: «Io so molti,
molti altri canti, ma perchè li canto,
15se tu sei come un morto, e non m’ascolti?

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Io ne so uno così tristo e pio,
dolce come l’amore dopo il pianto...
18Ma tu non odi, tu non mi ami, addio!


Io voglio andare, e più con te non resto.
Che è? Gli occhi mi pungono. Non voglio...
21Salice! Salice! oh! il mio canto mesto!

Un vecchio canto. E non l’udrai, mio bene!
E sembra fatto per il mio cordoglio.
24E questa notte sempre al cor mi viene.


Cantate il verde salice! Non t’amo,
chè t’amo sola. E sola io parto. Avanti,
27pur mi farò ghirlanda d’un suo ramo.

E non so fare ch’io non pieghi, o caro,
da un lato il capo, e che tra me non canti
30il vecchio canto dell’amore amaro...»

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II.



Ecco... le stelle chine sullo stelo
si richiudean nei bocci rosa ed oro:
3trascolorava in oro e rosa il cielo...

l’uomo la vide! Ella sedeva in riva
d’un ruscel fresco, presso un sicomoro.
6L’acqua gemeva, l’albero stormiva.


E delle stelle aperte era la bella
sola. Il suo florido alito lontano
9giungeva all’aspra terra, alla sorella.

Alla fanciulla, le cadea dagli occhi
dentro il ruscello il pianto. Ed una mano
12tenea sul petto e il capo sui ginocchi.


Erano i suoi sospiri che le fronde
facean brusire, e le lagrime amare
15facean or sì or no risonar l’onde.

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Come era grande, il suo dolore, e grave!
Ma ella lo sentiva tramutare
18in un accordo tinnulo e soave.


Ella piangea l’aurora senza giorno,
ella piangea l’amore senz’amore,
21e la felicità senza ritorno.

Piangeva sotto il sicomoro, in riva
del bel ruscello. Al grande suo dolore
24l’acqua cantava, l’albero brusiva.


Soltanto luce ed ombra era a mirarla,
e la sua voce era esile, di morta,
27di morta quando torna in sogno, e parla.

Apriva un po’ le palpebre come ali
d’una farfalla, un po’ la bocca smorta:
     30salice... salice... salice...

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III.



E balzò su, come di sè stupita,
e levò alto e vie più alto un canto,
3toccando l’arpa con le lievi dita.

Filò, guizzò nel cielo azzurro ed oro
il puro canto e rimbalzò rinfranto
6in un immenso singultìo sonoro.


Sfavillò. Si spegneva... era già spento
No: riviveva e distendea le bianche
9ali nel cielo e palpitava al vento.

Risaliva con palpiti e sussulti
alto, più alto, per rinfrangersi anche
12in un’onda, in un’ansia di singulti.

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Gridò. Morì. Sola le cristalline
lagrime l’arpa ora stillava; quando
15risorse la dolcezza senza fine,

riprese il canto, alto tra cielo e mare,
a plorar forte, ad implorare blando,
18spezzarsi, unirsi, sospirare, ansare;



un grido, e pace. Ecco le goccie d’oro
tinnir sull’arpa, dalle corde mosse
21di quell’acuta gioia di martòro;

e il canto alzarsi e i palpiti argentini
piovere giù, poi risalire a scosse,
24a spiri, a strida...
                              E balzò su, Rossini.



Tacita l’alba, tacita la strada.
Sul mare alcune lievi nubi rosse.
27Sopra la terra fresco di rugiada.

Ronzava quella voce di preghiera
e di dolore, quasi ancora fosse
30con lui la povera anima; e sì, c’era!

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Molle di pianto, egli percosse i tasti
tuoi, clavicembalo, e tu palpitasti...


assisa a pie’ d’un salice...

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