Plico del fotografo/Libro I/Parte I/Sezione II

Sezione II

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SEZIONE II.


Riflessione della luce. — Specchi.


Quando un raggio luminoso cade sulla superficie di un corpo pulito, esso viene riflesso dalla superficie secondo le due leggi seguenti:

1° L’angolo di riflessione è eguale all’angolo di incidenza;
2° Il raggio incidente ed il raggio riflesso sono sopra uno stesso piano perpendicolare alla superficie riflettente.

Osservando la figura qui adiacente il lettore comprenderà facilmente queste due leggi.

Fig. 3.

m n indica una superficie piana, per esempio uno specchio, AB indica il raggio incidente, BC indica lo stesso raggio riflesso dalla superficie, BD è una perpendicolare alla superficie, che chiamasi normale. L’angolo di incidenza è l’angolo ABD, mentre CBD è l’angolo di riflessione. Quando la luce cade perpendicolarmente sulla superficie, i raggi di incidenza e di riflessione sono nulli e si confondono insieme.

Quando la luce cade sopra di una superficie che non è pulita, ma appannata, essa non è riflessa regolarmente, come abbiamo detto ora, ma irregolarmente, ossia in tutte le direzioni, ed è una tal luce, così riflessa, che chiamasi luce diffusa, ed essa è quella che ci fa vedere gli oggetti. Non tutta la luce incidente sopra di un corpo pulito viene riflessa regolarmente, ma una parte viene sempre riflessa irregolarmente, ed una parte di essa rimane estinta, o, come dicesi, assorbita dal corpo. Da [p. 58 modifica] ciò nasce, che la luce riflessa non è mai così intensa come la luce diretta. Quando, infine, il corpo su cui cade la luce è trasparente, essa viene trasmessa come abbiamo detto di sopra. La intensità della luce riflessa cresce col pulimento del corpo, e coll’angolo che i raggi incidenti fanno colla normale alla superficie riflettente.

La riflessione della luce si utilizza negli specchi. Gli specchi sono di metallo o di vetro, e servono principalmente a far vedere l’immagine degli oggetti che ad essi si presentano. Gli specchi sono piani o curvi. Gli specchi curvi sono sferici, parabolici, conici, ecc. Noi parleremo brevemente degli specchi piani e degli specchi sferici.

Specchi piani. Per far comprendere in qual modo uno specchio piano produce l’immagine degli oggetti, noi nella figura sottostante supponiamo un punto luminoso posto avanti allo specchio. Dal conoscere come si formi l’immagine di un punto il lettore dedurrà come si formi quella di un oggetto che si può sempre considerare come una riunione di punti.

Fig. 4.

Sia A il punto luminoso, i raggi o pennelli divergenti, che partono da esso, incontrano lo specchio in bc, e vengono riflessi regolarmente verso l’occhio in o; questi raggi divergenti vengono raccolti dall’occhio, ed un’immagine del punto luminoso va a formarsi sulla retina. L’occhio non vede l’immagine nei punti bc, da cui sono riflessi i pennelli divergenti, ma vede la immagine del punto luminoso nel prolungamento di questi pennelli, dietro dello specchio, e ad eguale distanza da bc e di quel che sia il punto A, ossia in a. Infatti, se dal punto A si tira una perpendicolare allo specchio, e questa si suppone prolungata, essa incontra i raggi prolungati ed il punto di incontro [p. 59 modifica] sarà ad una distanza dallo specchio eguale a quella del punto luminoso stesso, e la distanza dell’immagine e del punto luminoso dai punti bc sarà pure eguale, perchè i due triangoli A b D ed a b D sono eguali, e simili, come pure gli altri due triangoli col vertice in c.

Se lo specchio si presenta ad un oggetto luminoso, l’immagine dell’oggetto è simile all’oggetto, e, facendosi a eguale distanza dallo specchio, essa sarà della stessa grandezza dell’oggetto, e quest’immagine sarà simmetrica dell’oggetto, conservando la naturale posizione che ha l’oggetto.

Gli specchi di vetro, a differenza degli specchi metallici, presentano alla luce due superficie riflettenti, cioè l’amalgama di mercurio e stagno, che è sotto il vetro, e la superficie vetrosa esteriore. Perciò gli specchi di vetro presentano molte immagini di uno stesso oggetto quando si osservano obbliquamente. Nelle lenti si manifesta pure una moltipticità di immagini derivanti dalla riflessione delle due opposte superficie delle lenti stesse. Il fotografo deve sapere all’uopo correggere e rendere il minore possibile un tale effetto delle lenti, perchè pregiudica la loro capacità di dare delle nitide immagini, ed un tale effetto si ottiene operando con pennelli luminosi meno obliqui che sia possibile.

Specchi sferici. Gli specchi sferici sono quelli, la cui curvatura forma parte di una sfera. Lo specchio concavo riceve i raggi nella parte interna della sfera, e lo specchio convesso li riceve nella parte esterna. Il centro della sfera, di cui lo specchio è parte, si chiama centro di curvatura, o centro geometrico, tale è il punto C. Il punto A è il centro di Fig. 5.figura. La retta AL è l’asse principale dello specchio: ed ogni retta che passi pel centro C senza passare pel punto A è un asse secondario. [p. 60 modifica]

Foco principale. Gli specchi sferici si possono considerare come se fossero composti di una riunione infinita di piccolissime superficie piane tangenti alla superficie curva, per cui, quando un fascio di raggi parallelo all’asse viene ad incontrare uno specchio concavo, la superficie riflettente concentra tutti i raggi verso un sol punto F posto a metà del raggio della sfera, di cui lo specchio è parte, il quale punto chiamasi il foco principale dello specchio (fig. 5). I raggi, dopo che hanno passato questo punto F, divergono sempre più. Se si pone un corpo luminoso, per esempio una candela, al foco principale F, i raggi riflessi dello specchio non sono divergenti, ma paralleli, epperciò possono percorrere un grande spazio senza perdere considerevolmente della loro intensità. Da una tale proprietà nasce, che gli specchi concavi sono utilizzati per inviare la luce a grandi distanze.

Il foco, ossia il punto di riunione di tutti i raggi riflessi da uno specchio sferico, presentato a raggi paralleli non è un punto geometrico, ma una linea, la cui lunghezza dipende dalla diversa apertura dello specchio. Solo quei raggi che cadono vicino all’asse, sopra di un’apertura di 8° a 10°, sono riverberati sul mezzo del semidiametro dello specchio; gli altri raggi, che cadono sullo specchio più lontani dall’asse vengono riflessi in un punto più vicino alla superfìcie dello specchio. Da ciò nasce nelle immagini degli specchi sferici un difetto di nitidezza, che si dinota col nome di aberrazione sferica, e che dicesi per riflessione, onde distinguerla dall’aberrazione sferica che producono le lenti, che dicesi aberrazione per rifrazione.

Fochi coniugati e immagini degli specchi sferici. Se, invece di essere paralleli, i raggi luminosi che cadono sopra lo specchio sferico fossero divergenti, cioè provenienti da un corpo luminoso posto a poca distanza, si produrrà una immagine del corpo luminoso, che varierà di posizione e di grandezza secondo la sua distanza dallo specchio.

Abbiasi, per esempio, una candela nel punto L (fig. 6) situata avanti ad uno specchio concavo, avente il suo centro di curvatura in C. Se si avvicina la candela al punto C, la sua immagine in l si avvicina pure al centro C, ossia si allontana dallo specchio, e diventa più grande. La causa, per cui l’immagine [p. 61 modifica]si avvicina anche essa al centro, dipende da ciò che i raggi incidenti LK, Lm formano colle normali CK, Cm gli angoli di incidenza LKC, LmC eguali agli angoli di riflessione lm C, I K C, e questi angoli si conservano sempre eguali, per cui diminuendo od accrescendo gli uni, coll’avvicinare od allontanare la sorgente luminosa, si diminuisce o si accresce gli altri nella stessa proporzione, per cui l’immagine si forma o più lontano, o più vicino allo specchio.

Il punto l, in cui vanno ad incontrarsi i raggi riflessi dello specchio, chiamasi foco coniugato, per indicare la connessione tra i punti l ed L, connessione tale, che l’uno genera l’allro, cosi se la candela si posta in l, la sua immagine va a fermarsi in L, che diventa il foco coniugato dcH’oggelto posto in I, e ciò succede perchè i raggi riflessi diventano raggi incidenti, e viceversa; i due punti L ed l sono perciò i due fochi coniugali dello specchio.

Portando la candela nel centro di curvatura C gli angoli di incidenza «e di riflessione dei raggi sono nulli, l’imraagine della candela coincide colla candela stessa, e si confonde con essa,

Fig. o.

perchè le’ rclle che uniscono il centro di curvatura C colla superline dello specchio sono perpendicolari allo specchio relativamente ai punti di incontro, o ai piani tangenti che li contengono.

Se ora dal centro C si porla la candela più vicino allo specchio, in modo da accostarla al foco principale F si osserverà che il suo foco coniugato, ossia la sua immagine se ne allontana rapidamente crescendo di estensione. Giunta la candela nel [p. 62 modifica]foco principale sparirà l’immagine, ossia si formerà a una distanza infinita, perchè i raggi riflessi dallo specchio hanno acquistato una direzione parallela.

Portando finalmente la candela ancor più vicino allo specchio, oltre il foco principale nel punto , per esempio, l’immagine ricomparirà non più avanti allo specchio, ma dietro di esso. Ciò succede perchè i raggi riflessi dello specchio sono divergenti relativamente all’asse, epperciò non producono alcun foco coniugato reale, ma, se si suppongono prolungati dietro dello specchio, i loro prolungamenti concorrono in un punto situato sull’asse, di modo che l’occhio, che li riceve riflessi, prova la stessa sensazione come se questi raggi provenissero dal punto , presso cui vede l’immagine della candela. I piccoli specchi rotondi che si trovano dai parrucchieri, e che fanno vedere la faccia ingrandita sono specchi curvi il cui centro di curvatura è così distante da permettere all’osservatore di collocarsi tra il foco principale e lo specchio. Quando l’immagine si forma dietro dello specchio, essa è diritta, e chiamasi immagine virtuale, e foco virtuale il punto presso cui si fa l’immagine, perchè non risulta da una reale riunione di raggi, ma solo da una apparente riunione. Invece quando l’immagine si forma davanti allo specchio, essa è rovesciala, e chiamasi reale, e risulta da una reale riunione di raggi. Negli specchi piani, come abbiamo veduto, l’immagine è virtuale. Lo stesso succede negli specchi convessi, nei quali l’immagine oltre all’apparire sempre dietro alla superficie dello specchio, è più piccola dell’oggetto, e tanto più piccola quanto più cresce la distanza dell’oggetto.

Ci rimarrebbe a parlare degli specchi parabolici, che sono capaci di concentrare i raggi paralleli in un punto unico perchè vanno esenti dal difetto dell’aberrazione sopra accennato, ma saremmo tratti troppo lungi dal nostro scopo essenziale.