Plico del fotografo/Libro I/Parte I/Sezione I

Sezione I

../ ../Sezione II IncludiIntestazione 2 dicembre 2016 25% Da definire

Parte I Parte I - Sezione II
[p. 52 modifica]

SEZIONE I.

Natura della luce, sua propagazione, sua velocità ed intensità.

Natura della luce. Per spiegare l’origine della luce i fisici fecero due ipotesi: una detta dell’emissione, e l’altra detta delle ondulazioni.

Nella ipotesi dell’emissione si suppone che i corpi luminosi emettano in tutte le direzioni possibili delle tenuissime molecole di una sostanza imponderabile, che si propagano in linea retta con una velocità straordinaria, e che, arrivando nel nostro occhio, producono in noi, colla loro azione sulla retina, il fenomeno della visione.

Ma la luce presentando alcuni fenomeni, che non si possono spiegare coll’ipotesi dell’emissione, e trovandosi una certa analogia tra il modo di prodursi e trasmettersi della luce con quello con cui si produce e si trasmette il suono, il quale viene prodotto da vibrazioni ed ondulazioni propagatisi nei corpi elastici, si ammette ora generalmente, come più probabile, l’ipotesi delle ondulazioni, ossia si ammette che la luce non sia altro che la conseguenza di vibrazioni analoghe a quelle che producono i corpi sonori, ma trasmesse con una velocità infinitamente più grande. Le vibrazioni che producono la luce si suppone che si producano sopra di un mezzo materiale o fluido, infinitamente sottile, che chiamasi etere. L’etere si suppone riempire lo spazio indefinito dell’universo, e penetrare tutti i corpi della natura, riempiendone gli spazi intermolecolari. Con quest’ipotesi delle ondulazioni, la luce non è dunque essa stessa un fluido ponderabile o no; essa è il risultato di un certo modo di movimento infinitamente piccolo ed infinitamente veloce degli atomi dell’etere.

Corpo luminoso, raggio, pennello e fascio luminoso. Corpo luminoso dicesi quello che trovandosi in stato di ignizione emette [p. 53 modifica]della luce. Il corpo luminoso è tale perchè si trova in uno stato di estrema agitazione molecolare, per cui le sue molecole comunicano un molo vibratorio all’etere che lo circonda, e lo compenetra; si direbbe che il corpo luminoso vibra, come farebbe un corpo sonoro quando viene percosso.

Raggio luminoso dicesi una delle linee che percorre la luce nel propagarsi. Lo spazio occupato da un raggio, ossia da una linea percorsa dalla luce, è infinitamente piccolo, di maniera che si può dire, che per un piccolo foro del diametro di un millimetro può passare una quantità innumerevole di raggi luminosi.

Pennello luminoso dicesi una riunione di molti raggi luminosi, mentre dicesi fascio luminoso la riunione di molti pennelli luminosi emessi da una stessa sorgente.

I raggi o pennelli che partono da un punto luminoso sono rettilinei, e divergenti, cioè si allontanano sempre più gli uni dagli altri. Quando i raggi o pennelli luminosi vengono da una distanza che si può considerare infinita, p. e. dal sole e dalle stelle, essi si possono considerare paralleli. I raggi o pennelli convergenti sono quelli, che nel loro cammino si avvicinano sempre più, sino a concorrere tutti in uno stesso punto.

Propagazione della luce. La luce si propaga in linea retta. Se si introduce in una camera oscura un fascio di raggi solari, si vedrà che il polviscolo natante nell’aria traccia la linea retta, che il fascio di raggi percorre.

Il moto di propagazione della luce ha luogo da molecola a molecola nell’etere, formando delle ondulazioni in tutti i piani possibili. Un tal moto si può paragonare a quello, che vediamo prodursi in un’acqua in riposo, quando sopra di essa si getta un piccolo sasso.

Quando il mezzo o corpo trasparente (p. e. l’aria, l’acqua, il vetro, ecc.) entro cui cammina la luce, non è omogeneo, ma viene a variare di densità o di composizione, la direzione della luce viene pure a variare, ma di ciò parleremo trattando della rifrazione della luce.

Ombra, penombra, riflesso. Quando la luce nel suo corso viene ad incontrare un corpo opaco, viene o arrestata, o riflessa, lasciando dietro del corpo un’ombra, ed una penombra. [p. 54 modifica]Fig. 1.

Sia A un corpo luminoso, B un obice, ossia corpo opaco posto avanti al corpo A.

Il corpo illuminato 11 lascia dietro di sè un’ ombra e ai lati di questa due penombre d d. La penombra cresce crescendo l’estensione del corpo luminoso e viceversa. Allontanando il corpo luminoso la estensione occupata dalle penombre diminuisce, e cresce l’ombra di estensione.

Nelle circostanze ordinarie, l’ombra che produce un corpo opaco, nell’arrestare la luce, non è mai perfettamente oscura, perchè essa è illuminata dalla luce diffusa, e dalla luce riflessa dai corpi vicini. I corpi essendo sempre dal più al meno colorali, la luce che essi riflettono partecipa del loro colore. Questo fa si, che le ombre e penombre hanno generalmente minor azione fotografica di quella che sembrano dover avere, giudicando dalla loro chiarezza. Berciò in una galleria da fotografo l’inevitabile riflesso o riverbero della luce dovrebbe venir prodotto col mezzo di superficie affallo bianche o preferibilmente di un blu puro, e bisognerà assolulamente evitare le decorazioni con tappeti e damaschi di colore rosso, giallo o verde, i quali colori, come diremo più lardi, danno un ritardo nell’impressione delle lastre sensibili esposte nella camera oscura.

L’ombra sopra designala è della ombra geometrica; da questa bisogna distinguer l’ombra fisica che non è così rigorosamente contornata, perchè, per causa della diffrazione, una parte della luce passa veramente nell’ombra, mentre inversamente dell’ombra si produce nella parte illuminala.

Velocità della luce. È veramente prodigiosa la velocità con cui la luce si propaga. La più grande distanza che si possa avere tra due punti presi sulla superficie della terra è ancor troppo piccola, per poter coll’occhio constatare in modo apprezzabile il tempo occupato dalla luce nel percorrerla. [p. 55 modifica]

Infatti la luce percorre circa 300 mila chilometri in un minuto secondo. Perciò è col mezzo di osservazioni astronomiche che questa velocità venne per la prima volta determinata da Roemer e dal Cassini. Se si confronta il tempo occupato dalla luce nel propagarsi per una data distanza col tempo necessario al farsi di ciascuna ondulazione luminosa (ciascuna ondulazione si trovò essere minore della lunghezza di un millesimo di un millimetro) si vede che la velocità delle ondulazioni delle molecole dell’etere, nel produrre la luce, si può dire essere infinita.

Il signor Foucault ha inventato un apparato con cui misurare la velocità della luce, e venne a confermare ciò che era predetto dalla teoria delle ondulazioni, cioè che la velocità della luce è minore nei mezzi più rifrangenti e maggiore nei mezzi meno rifrangenti. Così p. e. la velocità della luce è maggiore nell’aria che nell’acqua, maggiore nell’acqua che nel vetro, ecc.

Intensità della luce. Prendendo per intensità della luce la quantità ricevuta sopra l’unità di superficie di un corpo illuminato, questa intensità si trova essere in ragione inversa del quadrato della distanza del corpo dall’origine della luce. Ciò viene a dire, che la luce, quando essa si diffonde equabilmente da un punto a tutti i lati decresce nel rapporto che crescono i quadrati della distanza percorsa.

Fig. 2.

Sia o il punto luminoso, b la prima sfera illuminata, c la seconda, d la terza sfera; siano i raggi di queste tre sfere nel rapporto di 1 a 2 a 4. La superficie b essendo=1, la superficie c sarà=4, e quella di d sarà=16 poichè, come insegna la geometria elementare, la superficie delle sfere stanno fra loro come i [p. 56 modifica]quadrati dei loro raggi. Ma queste superficie sono qui percosse dalla stessa quantità di luce emanata dal punto luminoso o, dunque l’intensità della luce deve diminuire nello stesso rapporto, con cui crescono i quadrati delle distanze percorse.

La differenza di intensità della luce, che emana dalle diverse sorgenti, luminose od illuminate, è grandissima. La intensità della luce del sole sta a quella della luna nel rapporto di 80.000 ad 1, eppure una immagine della luna si può ancora facilmente ottenere coi procedimenti fotografici!

Per determinare l’intensità della luce i fotografi hanno gli strati sensibili, che accusano la forza chimica della luce. Quando si vuole semplicemente paragonare l’intensità luminosa di due sorgenti di luce, basta paragonarne le ombre: per es.: siano due lumi accesi posti a eguale distanza da uno stelo, in modo che dello stesso stelo vengano proiettate due ombre opposte sopra di un parafuoco bianco. L’ombra più nera corrisponde alla sorgente, che dà una luce più intensa. Allontanando questa sorgente sino a che le due ombre siano eguali, ed osservando la distanza, che hanno le due sorgenti luminose, e tenendo conto della legge dei quadrati delle distanze sopra indicate, si arguirà facilmente della relativa intensità luminosa dei due lumi che si volevano paragonare.

La luce quando incontra un corpo trasparente, p. e. l’acqua, il vetro, e lo attraversa, perde della sua intensità, perchè la trasparenza non è mai perfetta. Se il corpo incontrato dalla luce sarà translucido, come p. e., il vetro spulito, la carta oliata, ecc., la luce lo attraversa, non solo perdendo della sua intensità, ma venendo in tal modo ritratta o deviata dal suo corso, che attraverso di esso non si può riconoscere la forma degli oggetti.

Dopo di aver attraversato un corpo trasparente o translucido, la luce si trova aver perduto della sua primitiva intensità, anche perchè una parte della luce viene sempre riflessa dalla superficie che incontra. Se la luce incontra questa superficie perpendicolarmente, l’intensità della luce ricevuta e trasmessa dall’unità di superficie è massima, e, se la luce forma un angolo colla superficie, la quantità di luce ricevuta dalla superficie sarà tanto più piccola, quanto sarà più acuto l’angolo, che i raggi della luce formeranno colla superficie stessa.