Piccolo mondo moderno/Capitolo settimo. In lumine vitae/VII
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In lumine vitae
VII
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VII.
Verso mezzanotte, in uno stanzino dell’albergo ammorbato di muffe, al lume di una candela di sego, Piero e don Giuseppe ragionavano insieme, a bassa voce, della morta, dell’occulto tesoro spirituale ch’era stato in lei.
“Aveva in questo la natura di sua madre„, disse Piero.
Allora don Giuseppe sospirò.
Stette per qualche momento immobile e muto, quasi a considerar mentalmente la madre mirabile, e poi si levò di tasca un astuccio, dicendo che gli doveva consegnare qualche cosa da parte di lei appunto. Tempo addietro, quando era venuto dal manicomio quel s’ofro pieno di angoscia e di speranza, la marchesa aveva segretamente incaricato don Giuseppe di far incidere in una medaglia d’oro parole appropriate a un dono che l’Elisa risanata ne farebbe, in memoria del beneficio divino, al marito. Partendo al richiamo del Direttore ell’aveva preso con sè, come un augurio, la medaglia che ora don Giuseppe era per consegnare in nome di lei a Piero come una reliquia. Sopra una faccia della medaglia si leggevano, in giro, le parole di Cristo:
Venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis et ego reficiam vos.
Sull’altra era inciso, nel mezzo:
Refecit nos
me reddidit tib
et te mihi.Piero prese la medaglia e leggendovi le parole di Cristo, mise una esclamazione come nella sagrestia della chiesetta l’aveva messa don Giuseppe udendo da lui che il caso gli aveva posto sott’occhio quelle stesse parole. Le considerò a lungo e, abbracciato il venerando vecchio, lo pregò di farvi aggiungere qualche cosa, una cosa ch’egli stesso aveva detto.
“Vorrei„, soggiunse “che si leggesse così„:
Refecit nos
me reddidit tib
et te mihi
in lumine vitae.Stavolta fu don Giuseppe che cinse d’un braccio il collo del giovane, teneramente.
“E sa la mamma„, disse Piero dopo un lungo silenzio “dove sarà portata?„
“Lo sa„.
“Quando crede che partano i miei suoceri?„
“Domattina alle cinque. Partiamo insieme„.
“Oh don Giuseppe, don Giuseppe!„ esclamò Piero. “Io ho bisogno di Lei!„
“Posso restare fino alle undici„, disse don Giuseppe “o anche fino alle quattro„.
“No, no! Ho bisogno ch’Ella venga in Valsolda con me. Con me e con lei! Ne ho bisogno per cominciare quello che Iddio mi comanda!„
“Bisogno di me?„ Don Giuseppe esitava.
“Non ho dubbi ora, sa„, disse Piero interpretando quell’esitare appunto come un dubbio circa il carattere delle sue visioni, della sua vocazione.
“Ma se non son buono a nulla! Se non ho nè attività, nè testa, nè...„
Don Giuseppe s’interruppe. La mano del Signore pareva essere su quel giovane, adesso. Poteva il più guasto, il più misero strumento dire a una tal Mano: “Con me tu non farai niente’?„ Le sue proteste finirono in un borbottamento di parole rotte come la sua resistenza. Intanto nè lui nè Piero si erano accorti di un reiterato bussare. La persona che bussava, non ottenendo ascolto, aperse l’uscio. I due si alzarono in piedi; entrava la marchesa, curva e nera, col cappello in testa, col velo calato. Come? Adesso, partiva? Sì, avevano pensato, suo marito e lei, per tante ragioni, di rinunciare alla ferrovia, di prendere una carrozza. Si poteva così partire subito, arrivare a casa prima del sole. Detto questo con voce grave, ma tranquilla, sedette e tacque, ansando. Don Giuseppe sentì che la sua presenza in quel momento non era opportuna, uscì silenziosamente.
Piero s’inginocchiò ai piedi della suocera, le prese una mano, se la strinse sulla bocca, ed ella gli posò sul capo, ansando un po’ più di prima, l’altra mano, il muto suo perdono, la sua muta benedizione, la sua muta carezza nel nome della figliuola morta. Tutto quello che i due avevano a dirsi fu detto così, a lungo, a lungo, senza voce, senza moto. La vecchia signora non avrebbe voluto parlare altrimenti.
Finalmente anche per liberarsi dal timore che parlasse lui, che toccasse il passato, l’argomento abborrito, gli consigliò di andar a riposare.
“Avrai il viaggio„, diss’ella.
Intendeva il viaggio in Valsolda con la salma, il viaggio che non era possibile prima di altre ventiquattr’ore almeno. Ma Piero non si mosse. Pareva pure attenderla, una parola, o forse volerla dire. La marchesa cercò ritirar la mano ch’egli stringeva fra le proprie e poichè la sentì trattenuta, suppose uno spasimo di dolore, disse teneramente che certo il Signore aveva disposto così per il maggior bene.
Ma Piero non voleva liberarle la mano. Ell’attese un poco e poi gli osservò, esitando, ch’era forse venuto per suo marito e per lei, il momento di partire.
Piero non lasciò la mano. La marchesa pensò che per il giovane ella era come una parte sopravvissuta della sua Elisa, che doveva riuscirgli amaro di separarsi ora da lei, per questo. Gli domandò quando sarebbe ritornato; e subito, senza confessarne a sè stessa il pauroso perchè, si affrettò a soggiungere che sarebbe andata lei a trovarlo in Valsolda. Prima disse pietosamente: “A trovarvi„. Poi si corresse: “A trovarti„. E parlò di un’epoca lontana, del novembre, ammettendo che l’assenza di lui si protraesse anche più in là.
“Una parola, mamma. Non so quando ci rivedremo„.
“Come?„
Piero si rizzò in piedi e appoggiate lievemente le mani alle spalle di lei, le parlò sotto voce all’orecchio.
Ella, sulle prime non comprende, interroga. Non comprende ancora e da capo interroga. I grandi occhi neri si empiono di stupore, di sgomento e, finalmente, di lagrime. Qualche altra domanda, qualche breve sommessa domanda; egli le parla, le parla all’orecchio, le lagrime sdrucciolano sul volto rugoso.
Una domanda ancora.
“Dove?„
Egli ancora non risponde.
“Hai parlato a don Giuseppe?„
“Sì„.
Sonagliere di cavalli al piccolo trotto, lontane; crescente suono di ruote e di zoccoli sul ciottolato; rallentar del trotto e del fracasso fin sotto la finestra; silenzio.
“Allora„, dice alzandosi la marchesa “vederti, mai più?„
“Questo lo sa il Signore„.
Oh, anche per lei, anche per lei, adesso, Piero era come una parte di Elisa! Si asciuga gli occhi, il fazzoletto le trema nelle mani, povera creatura. Abbraccia suo genero così stretto che di questa cosa tanto nuova egli ha una commozione infinita. Passi sulla scala. Il marchese che viene in cerca di sua moglie. Ella riprende subito il ferreo dominio di sè, si richiama al dovere verso il marito, quale lo ha sempre inteso. Mormora:
“Non dirlo al papà, povero papà„.
Zaneto entra.