Piccola morale/Parte prima/VI. I giudizii anticipati

Parte prima - VI. I giudizii anticipati.

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VI.


I GIUDIZII ANTICIPATI.


Parrebbe che i giudizii che si pronunziano dagli uomini sopra tale o tal altra cosa dovessero conseguitare all’esame di alcuni fatti; ma egli accade propriamente l’opposto, se non tutte, le più volte almeno che giudichiamo. S’incomincia solitamente da noi col piantare una massima; e i fatti qualunque nei quali c’incontriamo li consideriamo non quali sono in natura, ma quali esser dovrebbero, posto che fosse vero il favorito nostro principio.

Avviene in questi casi della nostra mente quasi il medesimo che di un conio, o di uno stampo, i quali, dotati che fossero d’intelligenza, non potrebbero concepire la materia diversamente foggiata da quello che importano le loro forme. Di qui, senza dubbio, procedono io origine tutti gli errori, ne’ quali va perduto il discorso degli uomini; di qui tutte le conclusioni assurde ed inesatte che si traggono dai ragionamenti, che pur sono, se vuolsi, condotti con conveniente giustezza. Chi si trova smarrito sopra un fallace sentiero gli conviene dar volta sicuramente, e ricondursi alle mosse, altrimenti sarà impossibile che riprenda strada migliore. E similmente bisogna cominciare dal porsi nel dubbio della verità di [p. 29 modifica]quei principii sui quali avevamo fondato il nostro ragionamento, a volerne scoprire la fallacia. Ho scritto un altro discorsetto (n.º xi) circa i giudizii che pronunziansi dai fanciulli, la cui giustezza vuolsi attribuire al non essere punto il loro intelletto preoccupato all’atto del giudicare. La vita degli uomini si può dividere in due stadii: tanto che ci troviamo nel primo, facciamo una copiosissima incetta di fatti, ed esercitiamo più che altro la memoria; passati dal primo al secondo, esercitiamo la riflessione sopra queste collezioni di fatti, li disponiamo con certo ordine, e da indi i nuovi che ci cadono sotto l’occhio vengono da noi collocati al loro posto. Se i principii, secondo i quali si fa da noi questa collocazione, li avessimo abbracciati in forza di esami fatti a mano a mano che i fatti ne si presentavano, ciò sarebbe un seguire l’ordine naturale delle cose, e potremmo essere certi che quanto da noi si stimasse vero fosse in corrispondenza di ciò che concorse a mostrarcelo tale; ma il giudizio altrui, che non dovrebbe aver più di autorità che un fatto, viene ad intromettersi nel nostro ragionamento, e a prevenire la lenta, ma sicura opera del tempo e della riflessione. Di qui l’intempestivo esercizio dell’intelletto, quando dovremmo contentarci di adoperar la memoria; o, a meglio dire, il credere di adoperare l’intelletto nostro, quando non altro facciamo che col mezzo della memoria giovarci dell’intelletto d’altrui. [p. 30 modifica]

M’accorgo per altro che questo discorso va a dare nel secco e nell’astruso, qualità detestabili, singolarmente in un discorsetto alla mano, e quindi mi ridurrò senza più ad un’applicazione assai piana, e dimostrata vera dal continuo incorrere che fanno le menti in questo vizio degli anticipati giudizii. Ci vien detto d’un tale ch’egli sia avaro; le nostre osservazioni non mirano mica a cercare se questo sia o non sia, bensì a torcere ogni azione di quel tale a significazione d’avarizia. Io non dico che questo venga fatto da tutti, e in ogni caso; ma quando ne piaccia fermarci colla mente alla più parte de’ nostri ragionamenti, vedremo che pressoché tutti sono, se non adatto intrisi, almeno spruzzati di questa mala abitudine. Licinio, ripeto, ne si dice è un avaro: ora, che che si faccia quel pover uomo egli è indizio d’avarizia. Va misurato nello spendere? Egli vorrebbe trinciare in due il quattrino. Fa qualche spesa fuori dell’ordinario? Sta a vedere che speranza di guadagno ci cova sotto! Dicasi lo stesso anche di ogni altro vizio che non sia l’avarizia.

Ma questa sciagurata alacrità del nostro ingegno non potremmo torcerla in buona parte? Non c’è azione umana la quale non sia suscettiva di sinistro comento, chi voglia farglielo: come, per l’opposto, assai rari sono i casi nei quali ciò che ad altri sembra atto riprovevole, non possa essere da altri, se non del tutto giustificato, alme[p. 31 modifica]no caritatevolmente mitigato. Ora egli ci vuole una dose d’ingegno a trovare il lato buono d’ogni cosa, almeno eguale a quella che si richiede a trovarvi il lato cattivo. E perchè, lungi dall’aspirare ad una gloria che non è possibile che da noi si guadagni senza lo scapito altrui, e bene spesso con oltraggio alla verità, non cercar l’altra, ove la dimostrazione del nostro acume si fa per modo gradevole ai nostri fratelli? Dacché dobbiamo pur avere questa infelice inclinazione all’anticipazione dei giudizii, perchè non voler piuttosto presupporre il bene che il male?

Anche però in questa supposizione potrebbe avervi un gran pericolo, cioè di escludere dalla nostra stima e dal nostro amore tutte quelle persone, o azioni che si vogliano, le quali non fossero esattamente contenute entro i limili del concetto anticipatamente formato nella nostra mente, hare volte egli accade nel cammino della vita che ci passi davanti persona cui poter dire: se’ quale la mia mente ti aveva immaginato, quale il mio cuore ti desiderava. Ove questo succeda, tutti gli altri oggetti non possono più essere apprezzati che sulla misura di quell’unico ente da noi trovato, e nel quale presero forma sensibile le astrazioni della nostra anima. IN’on e" e guisa di affetto, per poco non dissi di culto, che non meriti scusa; si fanno allora credibili molte cose che prima altro non ci sembravano che sogni, e mentre continuano quelli ad essere per gli altri [p. 32 modifica]non più che sogni, allettano di beati conforti una vita cui fu conceduto un perno conveniente sopra il quale aggirarsi con molto piacevole attività. Ma ciò, lo ripeto, accade assai raramente, e a chi tocca una tanta ventura se ne tenga come di tesoro inestimabile, e non osi lagnarsi per qualunque traversia di fortuna avesse a provare per altra parte.

Essendo però pochi quelli che siano privilegiati di tanto, ed il più degli uomini rimanendosi sempre in contrasto fra quanto agognano coll’immaginazione, e quanto è loro concesso di veder cogli occhi proprii, egli si conviene che si studiino di usare ne’ loro giudizii molta liberalità, e non credansi costituiti in bilancie del merito de’ loro simili. Alcuni atti che da essi sono stimati proprii di tale o tal altra passione, forse che procedano da tutt’altra sorgente; e forse che taluno abbia tutte le parti opportune a costituire l’uomo virtuoso, quando anche non trovino in esso ciò che credono necessario a meritare un tal nome. E per altro lato le maschere, onde suole il vizio occultare la deforme sua faccia, son tante, che quando crediamo aver di già in noi medesimi le più infallibili norme per giudicarne, può assai facilmente avvenire che, all’esaminarlo di fronte, ci scappi di traverso o altrimenti. Ciò che abbiamo detto intorno a’ fatti altrui si abbia anche detto intorno ai proprii; nè creda l’uomo disposti i suoi fratelli a sentenziare le [p. 33 modifica]sue azioni su quella canna ch’rgli lor pone tra mauo. Ecco una delle innuraerabili contraddizioni della nostra specie! Volere arrogarci il diritto di giudicare degli altri secondo il codice proprio, e negare agli altri questo diritto, quando vengano a giudicare di noi.