Piccola morale/Parte prima/VII. Dritto e rovescio
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VII.
DRITTO E ROVESCIO.
Tutte le cose hanno dritto e rovescio, ed è grande stoltezza il farsi a considerarle da quella parte soltanto che ci sta sotto l’occhio. Chi voglia giudicar rettamente, posto il principio che due siano gli aspetti di tutte le cose, bisogna che conosca in primo luogo che cosa sia quello che si tiene dinanzi se il dritto o il rovescio; secondamente che addestri l’intelletto a conchiudere da quel che vede quel tanto ancora che non gli è conceduto vedere, e finalmente che rimanga persuaso che nel rovescio c’è la cagione del dritto, per modo che questo non potrebbe essere senza quello, e così del contrario. Quante inutili questioni, e più ancora quanti inutili lamenti sarebbero tolti, ove gli uomini prendessero a praticare questa dottrina!
All’incontro, quanto pochi sono quelli i quali vogliano intendere ciò che abbiamo detto finora, ed è pure così facile ad essere inteso! Credete forse che sia fuor di ragione quest’accusa che io fo, senza troppe eccezioni, alla generalità della nostra specie? Vediamolo ai fatti. Essendosi sottratto a quanto può instigare il cuore e la fantasia, perchè si lagna Demetrio della noia che lo circonda, o direm meglio lo schiaccia? Noia è rovescio d’inerzia: un cuor morto, una fantasia spenta non trovano stimolo ad operare; e quelle forze morali che sono in noi, lasciate senza il debito eccitamento, si risentono fastidiose, come appunto le fisiche del nostro corpo destinate alla digestione, quando siano mancanti del cibo necessario a tenerle occupate. E Fabricio che vorrebbe esser abbondante di beni, o sopraccarico d’onori, senza essere seccato? Questo ancora è vedere il solo dritto, o quello almeno che sembra tale, e non curarsi punto del rovescio. Chi è ricco, chi è potente si presume a tutta ragione che possa e debba giovare il suo prossimo, e questo prossimo, attratto dallo splendore dell’oro o dal rimbombo del nome, non sa darsi pace finchè non abbia raggiunto il suo intento. E colpa dell’oro che dà nell’occhio, e del titolo che fa romore, se i meschinelli agognanti non sanno essere discreti. Potrei allungare la mia diceria, mettendomi, senza misericordia pei miei lettori, sul facile cammino degli esempi; ma questa colpa non voglio averla, e mi contento di quelli che ho addotti.
Grandissimo adunque e il profitto che trar si paò dal pensare alla faccia opposta a quella che ci è conceduto vedere, e che pur ci ha in ogni cosa; grandissimo dico è un tale profitto, anche per chi usa questa cautela intorno le cose che gli sono proprie, ma più grandissimo egli è per colui che le cose considera nei loro due opposti aspetti prima ancora che gli siano proprie. Quanti folli desiderii, quante cattive scelte non derivano solamente da ciò, che si è voluto considerare r oggetto da un solo lato, senza punto abbadare al lato opposto? Un tale esame, quando succeda alla scelta, ne conduce ad aver pazienza; fatto che sia prima, com’è di ragione, ne insegna a moderare le nostre speranze, e indirizzare l’opere nostre secondo ciò che può tornare più acconcio alla nostra felicità. Quando avrai bene inteso che la gloria ha sempre alle calcagna l’invidia, forse che ti gioverà di restartene dimenticato a godere nella tua solitudine il puro diletto della meditazione: e quando anche ti avvenga di correre, trascinato da nobile impulso, un cammino tutto sparso d’insidiosa lubricità, ci passerai sopra come un uomo che sa di andarne a disagio, e non a somiglianza di quelli che della rosa vorrebbero soltanto la fragranza e il colore, e maledicono il ritorno della primavera a cagione di una qualche spina che gli ha trafitti.
Lo scoprire il rovescio, ossia ciò che è opposto a quello che ti sta dinanzi, non è poi di quella sì grande malagevolezza, che forse potrebbe sembrare a principio. Primieramente non sono poi tanto rari i casi ne’ quali possiamo con un po’ di bravura, come a dire, spostarci del nostro sito, e far sì che in virtù dell’accortezza del nostro intelletto ci si mostri nel luogo del dritto quello che era rovescio. Oltre a questo, dritto e rovescio sono sempre, come s’è detto sin dalle prime, uno cagione dell’altro, e nella loro stessa discrepanza si fanno scambievolmente da interpreti, chi voglia e sappia interrogarli a dovere. Una valente ricamatrice sa dedurre da una selva di fili bizzarramente accozzati la qualità del ricamo che si spiega nella parte opposta. Ma qui taluno mi avverte avervi ordimenti, come dicesi, a due dritti, e forse questo taluno mi chiede se avvenga lo stesso anche nelle cose morali di cui parliamo. Quanto a me, nulla saprei conoscere che fosse peggiore di ciò; e ricordo solamente l’adagio volgare, che dice uomo da due faccie, a chi vuol dire alcun che di sommamente spregevole e nefando. Oltre che, una di queste due facce la è sempre posticcia, e chi ha buon occhio se ne accorge; e quando anche abbia udito la risposta artifiziale, se ne sta in attenzione della vera, o paragona colla finta risposta il verace silenzio, e ne trae le sue conchiusioni.
Accade bensì alcuna volta che taluno sia per guisa organato da natura, o tanto in esso abbia l’arte potuto, che ivi apparisca la faccia ove dovrebbe esser la nuca, a somiglianza di que’ dannati, onde scrisse il poeta:
Che dalle reni era tornato il volto,
E indietro venir li convenia,
Perchè il veder dinanzi era lor tolto.
Sarebbero costoro da porre insieme con quella beata famiglia d’uomini che, come suol dirsi, pensano colle calcagna? Certo che quando ti credi esser da essi guardato hanno gli occhi a tutt’altra parte, e quando credi di passarne inosservato sei loro davanti. E quello che diciamo delle persone può dirsi egualmente delle cose e degli avvenimenti di questo mondo. In forza di questa considerazione egli è da por mente a ben distinguere quale sia il dritto vero, e quale il vero rovescio, chi voglia cansare i danni che possono derivare dal non conoscere un così fatto scollocamento, danni che non sono piccioli nè di numero nè d’intensità. Perchè se altri mi mostra la nuca, gli farò di berretta come fosse la faccia?
Cautela pertanto e finezza di giudizio non poca, prima di prendere alcun partito, e ben esaminare ogni rovescio di tutti que’ dritti che ne si mostrano; rassegnazione e mitezza d’animo, quando il partito sia preso, a tollerare tutti que’ rovesci che non possono mai andare disgiunti dai loro diritti. E prima ancora di entrar in verun esame, e di abbandonarci a veruna speranza, considerare se quello che ci sembra dritto sia propriamente tale, o non piuttosto rovescio. Oh quegli felice, a cui le cose e le persone si mostrano pel loro dritto! Più felice chi sa subito conoscere il vero dritto d’ogni cosa e d’ogni persona, e quando anche questo non gli si presenta, è abile a giudicarlo, attenendosi alla regola de’ contrarii, da quel rovescio che gli sta sotto gli occhi!