Per lo spiritismo/XVII
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Ma continuiamo la rassegna dei fatti che l’ipotesi dell’incosciente del medio dovrebbe spiegare; e vediamo se basti a spiegarli; o se poco alla volta non diventi assolutamente necessario ricorrere anche all’ipotesi spiritica.
Noi abbiamo che fare con un’intelligenza occulta. Poichè è occulta, vorremmo conoscerla; ora, poichè è un’intelligenza, il miglior modo di sapere chi è, è di domandarlo a lei; nessuno meglio di lei può saperlo. Ora, se la interroghiamo, essa ci risponde che è l’anima di un defunto, anzi del tale o del tal altro defunto. Questo è il primo fatto da spiegare. Ad esempio una signora, che una volta era medio, scrisse automaticamente questi versi:
- La grazia e la beltà son don fugace,
- Che il tempo fura alla caduca vita;
- Ma sfugge all’ugna del leon rapace
- Lo spirto, che del ciel la via ci addita.
E, avendo domandato il nome dell’autore, la sua mano scrisse: professore canonico Barni. I versi essa non si ricordava di averli mai letti, nè se ne ricordò alcuno degli astanti o dè suoi amici; e il canonico Barni era morto da parecchi anni. Ora, che questi versi, abbastanza bruttini e contenenti perfino un errore di grammatica, fossero originali, nessuno lo può garantire; perchè bisognerebbe che sapesse a memoria tutta la poesia italiana stampata e non stampata; e se anche si trovano stampati, ciò non prova nulla contro lo spiritismo, perchè anche i plagiarj possoro avere uno spirito. Ma, domando, perché mai la mano di quella gentile signora ha firmato col nome di un canonico defunto? Questo è un fatto; bisogna spiegarlo.
Ora è evidente che, se ammettiamo che l’anima del signor canonico è sfuggita davvero alle ugne del leon rapace, il fatto è bello e spiegato. Se la spiegazione più naturale non è la più conforme a ciò che ammettono le scienze naturali, ma quella che spiega meglio il fatto, la ipotesi spiritica, è almeno fin qui, molto più naturale che quella dell’incosciente del medio. Perchè, se chi scrive è un defunto, è naturale che lo dica.
Che invece non è un defunto, si fa presto a dirlo; ma allora non si fa presto a spiegare perchè dica di esserlo; m’intendo spiegare in modo che si capisca. Che il medio abbia scritto scientemente il nome di un defunto, lo debbo escludere, perchè sarebbe un ricorrere all’ipotesi dell’impostura, che abbiamo già scartata per la maggioranza dei casi, e che ad ogni modo va scartata per quella signora. Dunque ha scritto il suo incosciente. Ora questo o si è ingannato, o ha voluto ingannarmi. Se mi ingannasse a bella posta, non sarebbe un incosciente; sarebbe uno spirito maligno, come appunto è opinione degli occultisti religiosi, del Mirville, del Gougenot des Mousseaux, ed altri; ed è un’ipotesi che per il momento mi permetto di lasciar da parte. Resta dunque che si inganni. Questa è certo un’ipotesi ammissibile. Se commettiamo tanti errori ragionando coscientemente, è molto probabile che l’incosciente della signora si sia preso un momento per un canonico.
Ma con ciò siamo ancora ben lontani da una spiegazione. Perchè bisogna considerar prima di tutto che per alcuni anni quella signora ha firmato centinaia di comunicazioni di questo genere. Come si spiega questa ostinazione nell’errore? Direte che è un effetto dell’abitudine. Ma ciò non chiarisce nulla; perchè bisogna dirmi come ha preso l’abitudine; se volete ch’io capisca perché il tale parta sempre col piede sinistro, non basta dirmi che è un’abitudine; ditemi che è stato soldato, e capirò. E poi l’ostinazione della signora non si può spiegare coll’abitudine; altrimenti essa avrebbe sempre firmate le sue comunicazioni nel nome di Barni; e invece variava spesso di personaggio.
Direte che era un’imitazione involontaria degli altri medii. Ma ciò moltiplica la difficoltà; perchè allora bisogna spiegare la concordanza di tutte le comunicazioni di tutti i medii. Voi spiegate l’individuo coll’ambiente; ma l’ambiente è composto di una moltitudine d’individui. Come mai questa concordanza? si capisce benissimo la concordanza nella verità, e si può ammettere anche la concordanza nella bugia; ma la concordanza nell’errore è molto strana. È veramente strano che nessuno di questi incoscienti sia mai venuto fuori, nemmeno per isbaglio, a dire che era l’incosciente del medio. È molto strana quest’ipotesi di tutta una classe di esseri intelligenti che non sanno chi sono, ed anzi credono d’essere quel che non sono, si credono morti mentre sono vivi, ed anzi credono d’essere prima un morto e poi un altro. Spiegatemi questra stranezza.
La spiegano colle credenze popolari, coi racconti delle donnicciuole ai bambini, colle allucinazioni che molti continuano a prendere per apparizioni di morti. Ma donde vengono le credenze popolari sulle apparizioni dei morti, così diffuse in tutti i paesi? Vengono dalla tradizione; sono errori degli antichi conservati dalle balie che le raccontano ai bambini; sono insomma superstizioni. - E gli errori degli antichi? vengono dall’ignoranza. Ma l’ignoranza non può da sola produr l’errore, l’ignoranza è tenebra, e questa non può dar le traveggole. All’ignoranza aggiungiamo pure l’immaginazione; ma l’immaginazione basta a far inventare, ma non a far credere, sopratutto a produrre credenze eguali in popoli diversissimi, fra gli indiani, i Lapponi e le Pelli Rosse.