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[p. 13 modifica] per ultimo, nelle monarchie (come sotto Augusto) è la mancanza non solo delle illusioni, [p. 14 modifica]ma del principio di esse, non solo della vita dell’animo, ma della vita delle cose, cioè la mancanza di cose che realizzino e fomentino queste illusioni; la difficoltà o impossibilità di far cose grandi o importanti, e di essere o considerarsi come importante; la nullità, o piccolezza, e ristretta esistenza del suddito ancorché innalzato a posti sublimi. Del resto paragonate questo tratto del carattere Romano a quei tempi, col carattere francese oggidí, nazione snervata dall’eccessiva civiltà, col carattere de’ loro uomini piú insigni per l’azione; e ci troverete un’evidente conformità (5 gennaio 1821). Vedi p. 620, fine e 629, capoverso 1.


*    Alla p. 466, pensiero 1. Quippe ita se res habet, ut plerumque, qui fortunam mutaturus Deus, (Voss legge cui fortunam. al. delent τὸ qui, et melius) consilia corrumpat, efficiatqu, quod miserrimum est, ut quod accidit, etiam merito accidisse videatur, et casus in culpam transeat. Velleio II, 118, sect. 4 (6 gennaio 1821).


*    Non punir mai l’ingiuria che non hai meritata, né lasciare impunita quella che hai meritata.