<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/4437&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20200206034620</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/4437&oldid=-20200206034620
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 4437 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 370modifica] et clarissimis verborum luminibus utatur, potius poema putandum quam comicorum poetarum; apud quos, nisi quod versiculi sunt, nihil est aliud quotidiani dissimile sermonis. De Orat., I, 11 (49). Si ornate locutus est, sicut fertur, et mihi videtur, physicus ille Democritus; materies illa fuit physici, de qua dixit; ornatus vero ipse verborum, oratoris putandus est). Cicerone} lo loda anche di chiarezza (de Divin., II, 64 (133). Valde Heraclitus obscurus; [p. 371modifica]minime Democritus). I Frammenti sopra notati s’intendono solamente per discrezione. È ben vero che questa discrezione tutti l’hanno, e malgrado la forma perplessa e intricata, tutti gl’intendono alla prima. E in verità son chiari. Cosí i nostri antichi, cosí quasi tutti i libri di siffatti tempi e stili, primitivi, ingenui, con poca arte, quasi come natura détta: natura parla al lettore, come ha dettato allo scrittore; essa serve d’interprete. Del resto quei costrutti e quella maniera di dire, poiché l’uso dello scrivere in prosa fu divenuto comune, sparirono quasi affatto; non si trovano né anche nelle scritture greche che si leggono su’ papiri venuti d’Egitto, tutte, benché oscure, intricate, rozze, senz’arte, pure piú logiche, piú grammaticali, piú regolari e formate, benché fatte da persone ignoranti e prive dell’arte: come tra noi, anche un ignorante notaio, benché scriva assai male, schiva le sgrammaticature de’ nostri storici e filosofi del duecento e trecento Vedi p. 4466. Nella letteratura (greca) non saprei citarne altri esempi: se non che si trovano in buona parte de’ libri de’ primi Cristiani, sí de’ libri canonici, e sí di quelli detti apocrifi (vedi p. 4483, e nei frammenti ercolanesi di Filodemo, monumenti d’ignoranza singolare in tal genere, e di negligenza. Vedi p. 4470. - Ma in vero non ci son giunti διασκευασμένοι in qualche modo tutti, si può dire, i libri antichi? non è provato che Cicerone, p. e., non iscrisse