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(4437-4438) pensieri 371

rus; minime Democritus). I Frammenti sopra notati s’intendono solamente per discrezione. È ben vero che questa discrezione tutti l’hanno, e malgrado la forma perplessa e intricata, tutti gl’intendono alla prima. E in verità son chiari. Cosí i nostri antichi, cosí quasi tutti i libri di siffatti tempi e stili, primitivi, ingenui, con poca arte, quasi come natura détta: natura parla al lettore, come ha dettato allo scrittore; essa serve d’interprete. Del resto quei costrutti e quella maniera di dire, poiché l’uso dello scrivere in prosa fu divenuto comune, sparirono quasi affatto; non si trovano né anche nelle scritture greche che si leggono su’ papiri venuti d’Egitto, tutte, benché oscure, intricate, rozze, senz’arte, pure piú logiche, piú grammaticali, piú regolari e formate, benché fatte da persone ignoranti e prive dell’arte: come tra noi, anche un ignorante notaio, benché scriva assai male, schiva le sgrammaticature de’ nostri storici e filosofi del duecento e trecento Vedi p. 4466. Nella letteratura (greca) non saprei citarne altri esempi: se non che si trovano in buona parte de’ libri de’ primi Cristiani, sí de’ libri canonici, e sí di quelli detti apocrifi (vedi p. 4483, e nei frammenti ercolanesi di Filodemo, monumenti d’ignoranza singolare in tal genere, e di negligenza. Vedi p. 4470. - Ma in vero non ci son giunti διασκευασμένοι in qualche modo tutti, si può dire, i libri antichi? non è provato che Cicerone, p. e., non iscrisse  (4438) con quella ortografia colla quale i suoi libri sono stampati? né con quella de’ mss. che ne abbiamo? la quale è anche diversa da quella usata, e introdotta ne’ libri antichi, da’ grammatici latini del quarto secolo? (Niebuhr, Conspectus Orthographiae codicis vaticani Cic. de repub., in fine). Vedi p. 4480 (12 gennaio 1829, Recanati).


*    Cleobulo (un de’ sette sapienti) ap. Stobeo, c. III, Περὶ φρονήσεως; ed. Gesn., Tigur. 1559. Μὴ ἐπιμαίνεσθαι τῷ σκώπτοντι· ἀπεχθὴς γὰρ ἔσηͺ τοῖς σκωπτομενοις: