Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4350

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[p. 292 modifica] furono credute inette alla letteratura. E ciò è naturale: prima ch’esse fossero cólte, la letteratura era considerata risiedere nella lingua cólta, in quella lingua semimorta e semiviva, in cui sola si avevano buoni libri e dottrine. Vedi p. 4372. Quindi i prosatori che aspiravano ad esser cólti, scrivevano nella lingua cólta, benché diversa da quella ch’essi parlavano. Ma il poeta ha bisogno di esprimere i suoi sentimenti nella lingua nella quale egli pensa, e trova ogni altra lingua incapace di renderli. Si dice che Dante per compor la Divina Commedia tentasse prima il latino, ma dové [p. 293 modifica]poi naturalmente ridursi al volgare. Del Petrarca è noto. Ma essendo allora comune l’uso della scrittura, la prosa cólta non poteva star troppo a tener dietro alla cólta poesia. Il Boccaccio fu pochi anni dopo Dante, e solo piú giovane del Petrarca; dove che le prime prose culte che si vedessero in Grecia, non si videro che quattrocento anni dopo l’epoca omerica. Né questa era stata forse la prima che producesse alla Grecia delle poesie culte. Anzi tutto persuade il contrario. Quum Homerica dictio longe longeque reducta sit ab eo sono, quem in infantia gentium horror troporum et imaginum inflat, atque in verbis et locutionibus castigata admodum, aequabili verecundoque tenore suo quasi praenunciet pedestrem dictionem proxime secuturam, quam tamen amplius tria saecula a nemine tentatam reperimus (il Wolf pone Omero novecentocinquanta anni avanti G. C. Vedi p. 4352, capoverso 2); ita mea fert opinio, ut non cultum ingeniorum, sed alia quaedam maximeque difficultatem scribendi arbitrer in mora fuisse, quo minus poëticam prosa eloquentia tam celeri, quam natura ferret, gradu sequeretur (Wolf, § 17, p. lxxi-ii) (21-22 agosto 1828). Vedi p. 4352, principio.