Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4351
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* Alla p. 4344, fine. Quanto pensasse Omero alla conservazione della memoria de’ fatti, e a far le veci di storico, come lo chiama il Courier (vedi la p. 4318), vedesi dalle favole di divinità, che egli senza necessità alcuna di superstizione, ma per bellezza e manifestamente di sua invenzione, mescola a’ suoi racconti, sino a comporli di favole per buona parte. Vedi p. 4367.
* Alla p. 4346. Sempre, o certo maggiormente e piú a lungo d’ogni altra, la letteratura e i letterati greci ricercarono il popolo, lo ebbero in vista nel comporre, mirarono al suo utile e piacere, e si nutrirono all’aura del suo favore; a differenza soprattutto di quel che fece, anche nel suo piú bel fiore, la letteratura di una nazione il cui stato politico pur non fu niente men popolare che quel della Grecia. Dico la letteratura romana, la quale in punto di perfezione d’arte superò la stessa greca, e forse supera tutte le letterature conosciute; ma del resto non divenne ma fu sempre essenzialmente impopolarissima. Effetto della sua stessa arte e perfezione e dell’esser essa non nata nel Lazio, ma importata. Siccome per lo contrario non è dubbio che la perpetua popolarità della letteratura greca non derivasse in gran parte da una quasi memoria della sua origine, da un’influenza esercitata da questa continuamente, dall’impulso primitivo, dallo spirito originario e non mai spento, dall’andatura presa in principio. Vedi p. 4354. La letteratura greca, dice il Courier (préf. du Prospectus d’une nouv. traduct. d’Hérodote) è la sola che sia nata da se nel proprio terreno, dagl’ingegni stessi de’ nazionali, non da altra letteratura. Il che non è vero parlando in universale, perché molti altri popoli ebbero o hanno letterature autoctone, e queste appunto, come la primitiva greca, consistenti in sole poesie, e poesie non mai scritte, o scritte piú secoli dopo composte