<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/430&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712192712</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/430&oldid=-20130712192712
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 430 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 464modifica] dovea rifugiarsi nel seno di una religione astratta e metafisica, adattata alla sua natura speculativa; di una religione misteriosa, e perciò appunto ragionevole, perché la realtà delle cose di cui la ragione non poteva persuadersi chiaramente né particolarmente colle sue forze, veniva stabilita dall’opinione verisimile e creduta vera di un Dio infallibile e rivelatore di arcani, conducenti a stabilire in genere la detta realtà. Cosí che la ragione sopra un fondamento oscuro, ma creduto vero, veniva a creder quelle cose che dall’una parte non poteva credere sopra un fondamento chiaro e dettagliato; dall’altra parte le sembrava ancora assurdo il negare a dispetto della natura [p. 465modifica]e del sentimento intimo che le asseriva. Sicché la ragione anche da se, nel suo corso naturale, prima di distrugger tutto, doveva necessariamente immaginare e persuadersi di una religion rivelata. 2°, Molto piú divinamente, perché supposto un Dio e che questi abbia cura delle sue creature, quando, per non veder perire