Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3700

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[p. 117 modifica] conservando la e, lettera caratteristica della seconda coniugazione, come l’a nella prima, onde l’antico amai. Ma l’u com’ebbe luogo nella desinenza de’ perfetti della seconda, essendo una lettera affatto estranea alle radici (come a doceo) ec.?1) Si risponde facilmente se si adottano le cose sopraddette: altrimenti non si può spiegare. L’u ebbe luogo nella seconda, come il v, ch’è la stessa lettera, ebbe luogo nella prima e nella quarta: per evitar l’iato. L’u e il v ne’ perfetti di queste coniugazioni e nelle dipendenze de’ perfetti sono dunque lettere affatto accidentali, accessorie, estranee, introdotte dalla proprietà della pronunzia, contro la primitiva forma d’essi verbi, benché poi passate in regola nel latino scritto. Passate in regola nelle due prime. La quarta è l’unica che conservi ancora il suo perfetto primitivo (come la terza generalmente e regolarmente, che non patí né poteva patire quest’alterazione) insieme col corrotto: audii, audivi. [p. 118 modifica]Il latino volgare, per lo contrario, non conservò, e l’italiano non conserva, che i primitivi: amai, dovei, udii. Queste osservazioni mostrano l’analogia (finora

Note

  1. Impleo (compleo ec.) — deleo (vedi la p. 3702) es evi etum. Perché dunque, per esempio, dolui e non dolevi? come delevi che v’è sola una lettera di svario. Perché dolitum e non dolētum? O se dolui, perché delevi e non delui? (v’ha però forse abolui, ed anche adolui ec., p. 3702 e ivi margine. Vedi p. 3715.