Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3550

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[p. 21 modifica] sempre o quasi sempre, un poema può non far veramente altro che raccontare. Questi tali non sono poemi, perché il poeta ha veramente e principalmente per fine quel ch’ei non dee se non far vista di avere, cioè il narrare. Ma per lo contrario i poemi pieni di lunghe descrizioni, di dissertazioni e declamazioni morali, politiche ec., di sentenze, di elogi, di biasimi, di esortazioni, di dissuasioni ec. in persona del poeta ec. e di simili cose, non sono poemi epici ec., perché il poeta mostra veramente di avere per principali fini quei ch’e’ non deve se non avere senza mostrarlo (29 settembre 1823). Vedi p. 3552.


*    Alla p. 2861, fine. Questa proposizione corrisponde a quell’altra da me in piú luoghi esposta, che il piacere è sempre o passato o futuro, non mai presente, e che quindi non v’ha momento alcuno di piacer vero, benché possa parere. Cosí non v’ha né vi può aver momento alcuno senza vero patimento, benché [p. 22 modifica]possa parer che ve n’abbia (perocché il patimento venendo a essere perpetuo, il vivente ci si avvezza per modo insin da’ primi istanti del vivere, che pargli di non sentirlo e di non avvedersene).