Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3509
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e pur sempre desidera, e sa d’aver sempre a desiderare, e chi è certo di penar sempre allo stesso modo, e di essere eternamente infelice senza riparo, e senza sollievo alcuno ec. Tutto ciò noi possiamo ben concepire, quasi secondariamente, come possa esser causa di somma infelicità, benché non possiamo concepirlo primariamente, cioè la qualità di quel bene che nell’inferno ec. si desidera, e la cui privazione e desiderio fa infelici i dannati ec. (23 settembre 1823).
* Niente d’assoluto. - Veggasi il pensiero antecedente, in particolare p. 3498-9, margine, nel quale si dimostra che né l’uomo né alcun vivente non desidera neppur la felicità assolutamente, ma relativamente, e solo s’ella conviene alla di lui propria natura, ed è richiesta dal di lui modo particolare di essere ec. e in quanto ella sia tale ec. Né perché una cosa sia felicità, per questo solo ei la desidera, né si compiace nello sperarla, quando ella non convenga al suo modo di essere ec. Si può però dire per un lato, che l’uomo desidera la felicità assolutamente. Veggasi la p. 3506. Ei non desidera tale o tale felicità, s’a lui non conviene: e dovendo desiderare una tale felicità, ei non può desiderar se non la conforme e propria al suo modo di essere. Ma la felicità assolutamente e indeterminatamente considerata, e s’ei cosí la considera, ei non può non bramarla, cioè in quanto felicità semplicemente. - Di qual cosa par che si possa ragionare piú assolutamente che della lunghezza o estensione di una data porzione di tempo? la quale si misura esattamente coll’oriuolo, e si divide