Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3125

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[p. 197 modifica] si può reggere pel corso d’un lungo poema, né tutto, per cosí dire, animarlo e vivificarlo, né anche sufficientemente animarne una sola parte. Mancando il contrasto fra la virtú e la fortuna, oltre che ne scapita la verità dell’imitazione, essendo pur troppo il vero che questo contrasto sussiste nel mondo ed è perpetuo, onde un virtuoso fortunato è soggetto quasi romanzesco, e toglie quasi fede al poema, e impedisce l’illusione,1 (massime a’ moderni tempi, perché a quelli d’Omero era altra cosa); ne seguiva anche il pessimo effetto della freddezza, perché il lettore non ha che interessarsi per la virtú, vedendola felice, ed ottener già quello che le conviene.

Quindi è che ne’ poemi epici posteriori ad Omero l’Eroe e l’impresa felice nulla avrebbero interessato i lettori, se desso eroe, dessa impresa, dessa felicità non fossero in qualche modo appartenuti ai lettori medesimi, come Achille ec. ai greci. In verità un

Note

  1. Veggasi la p. 3451-2.