<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3012&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20161204070504</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3012&oldid=-20161204070504
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3012 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 133modifica] voci e inflessioni veramente proprie di dialetti particolari d’Italia fanno molto mala riuscita, né la poesia nostra, né verun savio tra’ nostri o poeti o prosatori ha mai voluto imitar Dante nell’uso de’ dialetti, non solo generalmente, ma neppure in ordine a quelle medesime voci e pronunzie o inflessioni da lui adoperate. Circa l’uso e mescolanza de’ dialetti greci nella inflessione delle parole appresso Omero, non volendo rinnovare le infinite discussioni già fatte da tanti e tanti in questo proposito, solamente dirò che o le circostanze della Grecia e d’Omero erano diverse da quelle che noi possiamo considerare, e quindi per l’antichità ed oscurità della materia non potendo nulla giudicarne di certo e di chiaro, niuno argomento ne possiamo dedurre; ovvero (e cosí penso) quelle inflessioni che in Omero s’attribuiscono a’ dialetti, e da’ dialetti si stima che Omero le prendesse, o tutte o gran parte erano in verità proprie della lingua greca comune[p. 134modifica]comunedel suo tempo, o d’una lingua, o vogliamo dir d’un uso piú