Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3011

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[p. 132 modifica] non quello ch’io dico: cosí ne’ poeti greci, cosí ne’ latini (piú schivi però dell’antico, e quindi il loro linguaggio poetico è assai meno distinto dalla lor prosa quanto a’ vocaboli, che il greco), cosí negl’italiani. Perocché non è da credere [p. 133 modifica]credereche la inflession d’una voce sia stimata, e quindi veramente sia piú elegante o per la prosa o pel verso, perché e quanto ella è piú conforme all’etimologia, ma solamente perché e quanto ella è meno trita dall’uso familiare, essendo però bene intesa e non riuscendo ricercata (anzi bene spesso è trivialissima l’inflessione regolare ed etimologica, ed elegantissima e tutta poetica la medesima voce storpiata, come dichiaro in altro luogo). E questo non esser trita, né anche ricercata, ma pur bene intesa, come può accadere a una voce, o ad una cotale inflessione della medesima? Il pigliarla da un particolar dialetto o l’infletterla secondo questo fa ch’ella non riesca trita all’universale, ma difficilmente può far ch’ella e non paia ricercata e sia bene intesa da tutti. Oltre ch’ella riesce anche trita a quella parte della nazione di cui quel dialetto è proprio. In verità i dialetti particolari sono scarso sussidio e fonte al linguaggio poetico, e all’eleganza qualunque. Lo vediamo noi italiani in Dante, dove le