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[p. 308 modifica] Ed ecco una parola latina disusata ai tempi di Cicerone ricomparisce nei principii della nostra lingua. E forse hostis avrà avuto anche il significato di albergatore, come oste oggidí, e come hospes ed ospite in latino ed in italiano hanno lo stesso doppio senso di albergatore e albergato (10 Agosto 1820). Straniero, ossia ospite, si prendeva per nemico anche nell’antica lingua celtica. Vedi Cesarotti, note al Fingal, Canto primo. Bassano 1789, § 1, p. 17. E cosí appoco appoco si sarà cambiato il significato di hostis, cioè considerando lo straniero come nemico.


*   Cleobulo, dice Diogene Laerzio, συνεβούλευε... γυναικὶ (uxori) μὴ φιλοφρονεῖσϑαι, μηδὲ μάχεσϑαι, ἀλλοτρίων παρόντων· τὸ μὲν γὰρ ἄνοιαν, τὸ δὲ μανίαν σημαίνει. V. p. 233.


*    Il medesimo, μὴ ἐπιγελᾶν τοῖς σκωπτομένοις ἀπεχϑήσεσϑαι γὰρ τούτοις. [p. 309 modifica]In proposito di quello che ho detto, p. 68, nel pensiero Dimandate, Chilone, dice il Laerzio, προσέταττε... λέγοντα μὴ κινεῖν τὴν χεῖρα μανικὸν γάρ. Vedi la nota d’Is. Casaubono al Laerzio, Vit. Polemon. l. IV, segm.16.


*    La grazia propriamente non ha luogo se non nei piaceri che appartengono al bello. Una novità, un racconto curioso, una nuova piccante, tutto quello che punge o muove o solletica la curiosità, sono irritamenti piacevoli, ma non hanno che far colla grazia. E quelli che appartengono ai cibi, o a qualunque altro piacere, parimente somigliano alla grazia e possono esserne esempi, ma non confondersi con lei. Perciò la grazia va definita semplicemente un irritamento nelle cose che appartengono al bello, tanto sensibile quanto intellettuale, come il bello poetico ec.