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[p. 246 modifica] in cui la sua immaginazione contraddice ancora alla sua ragione. Se anche egli ti esagera la sua calamità, sii certo che nell’intimo del suo cuore fa tutto l’opposto, dico nell’intimo, cioè in un fondo nascosto anche a lui. Tu devi convenire non colle sue parole ma col suo cuore; e come secondando il suo cuore tu darai una certa realtà a quell’ombra d’illusione che gli resta, cosí nel caso contrario tu gli porterai un colpo estremo e mortale. La solitudine e il deserto l’avrebbero consolato meglio di te, perché avrebbe avuto con se la natura sempre intenta a felicitare [p. 247 modifica]o a consolare. Parlo delle calamità gravissime e reali che riducono alla disperazione della vita, e non delle leggere, nelle quali anzi si desidera di esser creduto esagerando, né di quelle provenienti da grandi illusioni e passioni, dove l’uomo forse cerca e vuole la disperazione e fugge il conforto (26 giugno 1820).


*   Il dolore o la disperazione che nasce dalle grandi passioni e illusioni o da qualunque sventura della vita, non è paragonabile all’affogamento che nasce dalla certezza e dal sentimento vivo della nullità di tutte le cose, e della impossibilità di esser felice a questo mondo, e dalla immensità del vuoto che si sente nell’anima. Le sventure, o d’immaginazione o reali, potranno anche indurre il desiderio della morte o anche far morire, ma quel dolore ha piú della vita, anzi, massimamente se proviene da immaginazione e passione, è pieno di vita, e quest’altro dolore ch’io dico è tutto morte; e quella