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246 | pensieri | (139-140) |
affeziona, e il vantaggio e le speranze della vita, ch’erano illusorie, stavano nel fondo del cuor mio come la realtà. Quella lettera di un tale amico mise queste cose viceversa. Insomma questa vita è una carnificina senza l’immaginazione, e la sventura piú estrema diventa anche peggiore e somiglia a un vero inferno quando sei spogliato di quell’ombra d’illusione, che la natura ci suol sempre lasciare. Se ti sopravviene una calamità senza rimedio, e in qualunque affar doloroso, il communicarti con un amico, e il sentir che questo ti conferma intieramente quello che già la tua ragione vedeva troppo chiaro, ti toglie ogni residuo di speranza, e parendoti di accertarti allora della totalità e irreparabilità del tuo male cadi nella piena disperazione.
Da queste considerazioni impara come tu debba regolarti nel consolare una persona afflitta. Non ti mostrare incredulo al suo male, se è vero. Non la persuaderesti e l’abbatteresti davantaggio, privandola della compassione. Ella conosce bene il suo male, e tu confessandolo converrai con lei. Ma nel fondo ultimo del suo cuore le resta una goccia d’illusione. I piú disperati credi certo che la conservano, per benefizio costante della natura. Guarda di non seccargliela, e vogli piuttosto peccare nell’attenuare il suo male e mostrarti poco compassionevole, che nell’accertarlo di quello (140) in cui la sua immaginazione contraddice ancora alla sua ragione. Se anche egli ti esagera la sua calamità, sii certo che nell’intimo del suo cuore fa tutto l’opposto, dico nell’intimo, cioè in un fondo nascosto anche a lui. Tu devi convenire non colle sue parole ma col suo cuore; e come secondando il suo cuore tu darai una certa realtà a quell’ombra d’illusione che gli resta, cosí nel caso contrario tu gli porterai un colpo estremo e mortale. La solitudine e il deserto l’avrebbero consolato meglio di te, perché avrebbe avuto con se la natura sempre intenta a fe-