Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/139
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-3.°) Lo stato non della mia ragione, la quale vedeva il vero, ma della mia immaginazione, era questo. La necessità e il vantaggio della morte, ch’era reale, faceva in me l’effetto di un’illusione a cui l’immaginazione si affeziona, e il vantaggio e le speranze della vita, ch’erano illusorie, stavano nel fondo del cuor mio come la realtà. Quella lettera di un tale amico mise queste cose viceversa. Insomma questa vita è una carnificina senza l’immaginazione, e la sventura piú estrema diventa anche peggiore e somiglia a un vero inferno quando sei spogliato di quell’ombra d’illusione, che la natura ci suol sempre lasciare. Se ti sopravviene una calamità senza rimedio, e in qualunque affar doloroso, il communicarti con un amico, e il sentir che questo ti conferma intieramente quello che già la tua ragione vedeva troppo chiaro, ti toglie ogni residuo di speranza, e parendoti di accertarti allora della totalità e irreparabilità del tuo male cadi nella piena disperazione.
Da queste considerazioni impara come tu debba regolarti nel consolare una persona afflitta. Non ti mostrare incredulo al suo male, se è vero. Non la persuaderesti e l’abbatteresti davantaggio, privandola della compassione. Ella conosce bene il suo male, e tu confessandolo converrai con lei. Ma nel fondo ultimo del suo cuore le resta una goccia d’illusione. I piú disperati credi certo che la conservano, per benefizio costante della natura. Guarda di non seccargliela, e vogli piuttosto peccare nell’attenuare il suo male e mostrarti poco compassionevole, che nell’accertarlo di quello