<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1140&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712190622</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1140&oldid=-20130712190622
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 1140 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
* Alla p. 1115. E perché meglio si veda la differenza reale tra i frequentativi e i continuativi, ogni volta che questi verbi erano usati dagli scrittori secondo il loro valor proprio, consideriamo quel passo di Virgilio (Aen., II, 458, seq.) dove dice Enea che salí alla sommità della reggia di Priamo assediata da’ greci:
Evado ad summi fastigia culminis: unde Tela manu miseriiactabantirrita Teucri.
[p. 436modifica]Per poco che s’abbia l’orecchio avvezzo al latino, facilmente si vede come impropria e debole in questo luogo sarebbe la parola iaciebant invece di iactabant. Ma quanto male vi starebbe anche iactitabant, cioè il frequentativo di iacere, si vedrà ponendo mente che detta parola avrebbe significato lanciare spesso ed anche languidamente; laddove iactabant, continuativo, significa lanciavano assiduamente e a distesa senza veruna intermissione. E cosí questo verbo riesce proprissimo ed ottimamente quadra al bisogno. E l’azione qui viene ad essere continuativa e non frequentativa, che è troppo poco ad una resistenza ostinata quale Virgilio voleva esprimere. Vedi dunque la differenza fra il continuativo e il frequentativo e se iactare sia frequentativo come dicono i grammatici. Né mi si dica che Virgilio voleva esprimere una resistenza debole e inutile e però volle usare una parola che esprimesse certo languore di azione. Debole e inutile,