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XXXII.
A UN FETO
- Respondit Jesus: Neque hic peccavit,
- neque parentes ejus; sed ut
- manifestentur opera Dei in illo.
- Respondit Jesus: Neque hic peccavit,
- S. Joan. IX. 3.}}
Là nel Museo, fra i poveri
Avanzi imbalsamati
Che all’ospedal dal medico
A lungo corteggiati,
5E agli abbietti cadaveri
Rapiti ed alla croce,
La scïenza feroce
Ai posteri serbò;
Fra il torso di un ginnastico
10E una mesta vetrina
Dove la mano infusero
Di un’etica bambina,
Vidi una cosa orribile
Vidi di un uomo il feto;
15Quella tomba d’aceto
Un canto mi cercò.
Era un bel dì di luglio;
Dagli ampii finestroni
Piovean cadenze e balsami
20Di fiori e di canzoni;
Brillavano le mummie
Nelle corteccie frolle,
E dalle vecchie ampolle
Frangea scintille il sol.
25Il sol che le miriadi
Dei vermi e degli insetti,
Giù, nell’orto botanico,
Scalda ai fecondi affetti,
E in un bacio affamiglia
30Il ciel, lo stagno, il sasso,
E il giovin granchio al passo
Aiuta, e il nibbio al vol.
Il sol che vide al placido
Balcone una fanciulla
35Che, curva fra i garofani,
Preparava una culla;
E il più gentil battesimo
Avea cercato ai santi,
E quattro labbra amanti,
40Lo sussurravan già!...
Oh dell’alcova fascini
Dove un bimbo è aspettato!
Oh pregustati palpiti
Dell’istante affrettato!...
45Nacque?... morì?.. vergarono
Una scritta latina,
Chiusero una vetrina....
Il resto Iddio lo sa!
Egli che accozza i mistici
50Metri degli universi,
Egli che fa degli uomini
I suoi superbi versi,
Egli vi mesce sillabe
Mute, e sdegna la lima?
55Incespica a una rima
Chi il mondo improvvisò?
Eccoti, o laido sgorbio
Del poeta celeste!
Dalla tua fiala il dubbio
60Sbuffa le sue tempeste;
Gramo corpuccio viscido,
Tappato in sempiterno,
Tu miagoli lo scherno
Che il Caso all’uom creò!
65— Vieni, o lettor dei codici,
Su, la sentenza grida;
Inchioda a’ tuoi paragrafi
La mano infanticida!
Tu accusi chi un cadavere
70Fuor dal recinto pose,
Che tuoni a chi l’ascose
Di una fanciulla in sen?
Areopagista miope,
Svesti la toga nera;
75Dà il braccio a questa povera
Mia Musa passeggiera,
E, tu canuto e burbero,
Noi mesti e giovinetti,
Oltrepassiamo i tetti,
80Chiediamone al seren!
Ei ti dirà che brillano
Gli astri, che l’aura è pura,
Che raggi il sol diluvia,
Che immensa è la natura;
85Che è scintille la polvere
Scossa dal nostro piede,
E che talor si vede
Qualche fiammella errar;
Ei ti dirà che l’ebete
90Mondo gli appar giulivo,
Che ha sulla faccia immobile
Un punto ammirativo:
Che i nostri mar son lucidi,
Le nostre case bianche,
95E che dell’ali stanche
Eterno è il sibilar!
E allora udrai la pallida
Compagna a singhiozzare,
E sentirai sull’anima
100Le tenebre piombiare,
E noi dei versi apostoli,
Tu della scienza duce,
Nella beata luce
Barcolleremo insiem!
105E chiederem l’Ippocrate
Che insanguinò le mani,
Palpando nelle viscere
I patimenti umani;
E ascolterem vocaboli
110Di desinenza achea,
E la superna Idea
Al fango aggiogherem.
Saprai che, da quest’orride
Burle della natura,
115Tutto un sistema eressero,
Tutta una legge oscura;
Che multiformi eserciti
Di mostri in lunghe serie
Espongono miserie
120Al prossimo che vien.
E ha già segnato il numero
Il povero bambino,
E un bel nome scientifico,
E il cippo cristallino,
125Prima ancor che sul lugubre
Letto la madre frema,
E che nell’ansia estrema
Se ne insudici il sen.
Ed ecco un incolpevole
130Bimbo che il capo ha tronco,
E inonorati Scevola
Dall’esil braccio monco,
Ed orbi cranii, e faccie
Cui sul lercio tessuto
135Del pianto di un minuto
L’orme nessun lavò.
Questo, ironia satanica,
Due cuori ha chiusi in petto,
E accanto a lui, crisalide
140Di non terreno affetto,
Un corpicin di femmina,
Stipato di mammelle,
Perde la lunga pelle
Che l’acido succhiò.
145Guarda: son due putredini
Ed eran due gemelli,
Concetti insieme al gaudio
Di chiamarsi fratelli;
Guarda: un orrendo bacio
150Nell’almo sen li strinse,
E colla morte avvinse
Gli sventurati amor.... —
Madri che avete un pargolo
Gajo, ricciuto e bello,
155Gli anatèmi frenatemi
Del cuore e del cervello;
Per chi ha pianto d’angoscia,
Per chi di gioja ha pianto,
L’orribile mio canto
160Posso mutare ancor....
Era un bel dì di luglio;
Dagli ampii finestroni
Piovean cadenze e balsami
Di fiori e di canzoni;
165Brillavano le mummie
Nelle corteccie frolle,
E dalle vecchie ampolle
Frangea scintille il sol.
Come una freccia argentea,
170Dalla mesta vetrina,
La man sottile e candida
Dell’etica bambina
Parea segnar nell’aria
Qualche invisibil cosa:
175Spirti color di rosa,
Ali spiegate al vol!