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Vespri

XXXI.
SERAPHINA

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XXXI.


SERAPHINA




Vous ne la plaignez pas, vous mères de familles
Qui poussez les verrous aux portes de vos filles,
Et cachez un amant sous le dit de l’epoux!
Vos amours sont dorès, vivants et poetiques
Vous en parles du moins, vous n’ètes pas pubbliques!


A. de Musset. Rolla.


È morta. — O affascinati adolescenti
     Che in agguato io vedea sulla sua porta
     Filar la tela delle voglie ardenti,
     4Piangete meco: Serafina è morta.

Morta: l’amante dell’ultima notte
     N’ebbe gli amplessi coll’odor del tifo,
     E, uscendo all’alba, avea coll’ossa rotte
     8Gli occhi di voluttà pieni e di schifo.

Voi non credete che possan morire
     Le belle donne, o poveri fanciulli?
     Ma gli è dono degli angeli svanire,
     12E l’infrangersi appunto è dei trastulli.

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Non credete che il suo corpo divino
     Sia chiuso adesso fra quattro assicciuole?
     I preti gli parlarono in latino
     16Girando intorno colle negre stole.

Come due remi a un naufrago legati
     Le stan distese e immobili le braccia;
     Errano i vermi ciechi e spensierati
     20Sul bianco seno e sulla bianca faccia.

E le cascan le palpebre in frantumi
     Come imposte di casa inabitata;
     Quella chioma di raggi e di profumi
     24L’hanno gli eredi a un creditor lasciata.

Cerchiam nei balli, e la vedremo ancora
     La lunga chioma dalla negra tinta:
     Forse vi intreccia mammole a quest’ora
     28Qualche beltà nel gineceo discinta.

Ed io che le avea fatto una canzone
     Alla povera morta, appena, appena!
     Era la lista delle cose buone
     32Ch’ella offria nella sua stanza serena.

E — inchiodala sull’uscio — io le avea detto,
     Un sigaro fumando in santa pace:
     Inchiodala sull’uscio, è il tuo brevetto,
     36— Il miglior dei blasoni, e il più verace.

E la canzon dicea: «Libero ingresso!
     Si dan lezioni di teologia;
     Qui dalla bocca di un maestro istesso
     40Parlan del cielo amore e poesia.

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Lasciate la memoria e la speranza,
     Lasciatele qui fuori ad aspettare;
     Si gridi al mondo, entrando in questa stanza,
     44Dolce pianeta seguita a rotare;

Seguita pure, o docile pianeta;
     Quando nell’aria a faccia a faccia sono
     I secoli di noia e l’ora lieta,
     48Volando si ricambiano il perdono.

Seguita, va! Figli d’Adamo, avanti,
     Che già la noia è al limitar rimasa;
     (Non badate alle imagini dei Santi,
     52Son della vecchia che affittò la casa).

No, il paradiso una stupida cosa,
     Non è qui dentro, nè di talpe un sogno;
     È un’alcova pulita e silenziosa,
     56È il delirio, è l’oblio d’ogni bisogno;

D’ogni bisogno, d’ogni legge umana,
     Di tutti i gioghi alla carne inossati;
     È la palma ove bee la carovana
     60Dei desiderii oscuri e sterminati;

È il sacro Ver per cui l’idea s’inciela,
     È la Materia, la divina antica,
     L’eterna maga che beando svela
     64I segreti del mare e della spica.

È la piscina, e non è sugellata,
     È il nettare che i numi han preferito,
     È la fè d’ogni razza e d’ogni data,
     68È la vita, è la morte, è l’Infinito!»

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Così dicea la mia canzon verace,
     E mi sovvien che mi fornian le rime
     Un sigaro fumato in santa pace,
     72E il bel profilo di due spalle opime.

Due spalle opime, due spalle di sasso,
     Fatte per camminarvi a suon di tube:
     E avean tutti i sapor dell’ananasso,
     76Tutti i sorrisi di una guancia impube!

Domandate a quest’ugne, a questi denti
     Come si vinca Minerva guerriera,
     Domandate alle mie viscere ardenti
     80Come bacin la tigre e la pantera!

E come è dolce l’armonia d’un fiato
     Che perdè la misura, e non la trova,
     Mentre il pensier, tra sveglio e addormentato,
     84Vaghe fila congiunga, e il ciel rinnova;

Mentre in un mar di scompigliate chiome,
     Soavemente ondeggi e senza sosta,
     Come un visir sul suo camello, o come
     88Un baronetto che viaggia in posta!

Voi non credete che possan morire
     Le belle donne, o poveri fanciulli?
     Ma gli è dono degli angeli svanire,
     92E l’infrangersi appunto è dei trastulli.

Non credete che il suo corpo divino
     Sia chiuso adesso fra quattro assicciuole?
     I preti gli parlarono in latino
     96Girando intorno colle negre stole.

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E stanotte sognai ch’io la vedea
     Come aspettata entrar nel paradiso,
     E Cristo in mezzo alla tribù giudea,
     100Di arcana voluttà rorido il viso,

Le aprìa le braccia, e sospirava: — È giunta
     Un’altra bella! vieni, o fortunata,
     O giovinetta nell’amor defunta,
     104È tua la volta immensa e costellata!

Vieni, fanciulla, di palor soffusa,
     Vieni all’amplesso dell’eterna ebbrezza! —
     Ed ella rispondea tutta confusa:
     108— Vuoi ch’io ti doni un bacio, o una carezza?


Gennajo 186....