Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/389

382 pensieri (3428-3429-3430)

in mano nella lingua francese è moderno. E tutto è ancor nazionale; perché guardigli il cielo dall’arricchire la loro lingua di qualche voce tolta nuovamente dal latino, benché totalmente analoga e affine ad altre voci francesi. La lingua loro è dunque in tutto e sempre viva e incapace sí dell’antico,  (3429) sí ancora del pellegrino (se non di quello, che introdotto in una lingua o usato da uno scrittore, è libertinaggio e barbarie, non eleganza o nobiltà ec.). Da ciò viene che la lingua francese non è capace di eleganza ec. (del che mi pare aver detto altrove), e che la Francia non ha e non può avere lingua propria della poesia. E non avendola, e però i termini tra questa e quella della prosa non essendo certi, anzi non avendovene alcuno, perocché il campo dell’una e dell’altra è un solo e indiviso, la Francia non ha neppur lingua propria espressamente della prosa, e nella piú impoetica lingua del mondo, qual è la francese, non si trova quasi prosa che non sappia di poesia per lo stile, piú o meno, ma certo piú di tutte le classiche prose scritte nelle piú poetiche lingue, come la greca e la latina. Del che veggasi la p. 3420-1. Del resto è ben naturale che ove non è distinzion di lingua (tra poesia e prosa) quivi non possa essere vera distinzion di stile1. (13 settembre 1823).  (3430)


*   Altronde per altrove, e indi fors’anche quasi ivi o colà, delle quali cose ho detto altrove. Vedi Petrarca, sonetto Io sentia dentr’al cor già venir meno (15 settembre 1823).


*    Natura insegna il curare e onorare i cadaveri di quelli che in vita ci furon cari o conoscenti per sangue o per circostanze ec. e l’onorar quelli di chi fu in vita onorato ec. Ma ella non insegna di seppellirli né di abbruciarli, né di tórceli in altro modo

  1. Secondo il detto a p. 3397-9 e 2906.