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tanto conformi  (3397) nella letteratura. Né poteva essere altrimenti, perché l’una e l’altra vanno sempre del pari. Certo è che nel cinquecento, secolo aureo e principale non meno della lingua e letteratura spagnuola che della italiana, il commercio tra queste due letterature fu strettissimo, e l’influenza reciproca; bensí maggiore d’assai quella dell’italiana sulla spagnuola che viceversa, perché l’italiana era di gran lunga maggiore, e portata ad un alto grado già molto prima, cioè nel trecento. Laonde, se imitazione vi fu, non è dubbio che gli spagnuoli imitarono, e gli scrittori italiani furono loro modelli. Ma senza piú stendersi in questo, egli è certissimo ed evidente che il buono e classico stile spagnuolo e lo stile italiano buono e classico, salvo che quello è meno perfetto, non sono onninamente che un solo. Ora quanta parte abbia la lingua nello stile,1 quanta influenza lo stile nella lingua, come sovente sia difficile e quasi impossibile il distinguere questa da quello, e le proprietà dell’una da quelle dell’altro, o si parli di uno scrittore e di una scrittura particolarmente,  (3398) o di un genere, o di una letteratura in universale; sono cose da me altrove accennate piú volte. Basti ora il dire che non si è mai per ancora veduto in alcun secolo, appo nazione alcuna, stile corrotto o barbaro e rozzo, e lingua pura o delicata, né viceversa, ma sempre e in ogni luogo la rozzezza, la purità, la perfezione, la decadenza, la corruttela della lingua e dello stile si sono trovate in compagnia.2 Ché se ne’ nostri trecentisti la lingua è pura e lo stile sciocco, 1o, lo stile non pecca, se non per difetto di virtú, per inartifizio e mancanza d’arte e di coltura, ma niun vizio ha e niuna qualità malvagia; sicché non può chiamarsi corrotto; 2o, lo stile de’ trecentisti è sem-

  1. Veggasi fra l’altre la p. 2906, segg.
  2. Massime ne’ prosatori; quanto a’ poeti vedi la p. 3419.