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376 | pensieri | (3418-3419-3420) |
sempre piú s’allontana. Ond’é che il linguaggio prosaico si scosti per vero dire esso stesso dal poetico (piuttosto che questo da quello), ma non in quanto poetico, solo in quanto seguace dell’antico, e fermo (quanto piú si può) all’antico, da cui il prosaico s’allontana. Del resto, il linguaggio e lo stile delle poesie di Parini, Alfieri, Monti, Foscolo è molto piú propriamente e piú perfettamente poetico e distinto dal prosaico, che non è quello di verun altro de’ nostri poeti, inclusi nominatamente i piú classici e sommi antichi. Di modo che per quelli e per gli altri che li somigliano, e per l’uso de’ poeti di questo e dell’ultimo secolo, l’Italia ha oggidí una lingua poetica a parte e distinta affatto dalla prosaica, una doppia lingua, l’una prosaica, l’altra (3419) poetica, non altrimenti che l’avesse la Grecia, e piú che i latini. Ed è stato anche osservato (da Perticari sulla fine del Trattato degli Scrittori del Trecento) che nella universale corruzione della lingua e stile delle nostre prose e del nostro familiar discorso accaduta nell’ultima metà del passato secolo, e ancora continuante, la lingua de’ poeti si mantenne quasi pura e incorrotta, non solo ne’ migliori o in chi pur seguí un buono stile, ma ne’ pessimi eziandio, e negli stili falsi, tumidi, frondosissimi, ridondanti, strani o imbecilli degli arcadici, de’ frugoniani, bettinelliani ec. Cosí pure era accaduto ne’ barbari poeti del secento. La cagione di ciò è facile a raccorre da queste mie osservazioni, le quali sono ben confermate da questi fatti. Laddove egli è pur certo che, riguardo alla prosa, lo stile non si corrompe mai che non si corrompa altresí la lingua, né viceversa, né v’ha prosatore alcuno di stile corrotto e lingua incorrotta: del che puoi vedere le pagg.3397-9 (12 settembre 1823). (3420)
* Opinione de’ greci, anche filosofi, e principali filosofi, sul giusto e l’ingiusto creduto altro verso i