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nota 573


Pag. 22: «Sia da voi conceduto adunque che io prima percosso da Atropo renda lo spirito agl’iddii infernali, che queste co’ procedenti co’ morti insieme, che io, ecc.», e il passo, dove ho segnato in corsivo, non ha senso, né si regge sintatticamente. Viceversa, il nostro testo rettifica e semplifica: «Sia da voi conceduto adunque che io prima, percosso da Atropos, renda lo spirito agl’iddii infernali co’ precedenti morti insieme, che io, ecc.» .

Pag. 29: «La seconda [schiera]... fece menare ad un giovane della sua terra Ortazio, sommo poeta, nominato Artifilo...», con un’espressione contorta, senza dire che il Boccaccio non avrebbe mai dato la qualifica di «sommo poeta» a un personaggio immaginario. Nel nostro testo si legge: «La seconda... fece menare ad un giovane della tua terra, o Stazio sommo poeta, nominato Artifilo...».

Pagg. 58-59, i versi 5-6 dell’epitaffio di Giulia: ... che, in parto abbandonato, in non dovuto | modo giá fu...», non davano senso, che viceversa risulta dal nostro testo: «che, in parto, abbandonati in non dovuto | modo ci ha...».

Pag. 78: «Siano de’ loro amori ripresi lo scellerato Tereo e Macareo, li quali sconciamente amarono...» , laddove i codici hanno: «Siano de’ loro amori ripresi la trista Mirra e lo scellerato Tereo

    religione piegò al privato dolore, acciò ch’elli non paresse operare piú sí come padre che sí come sacerdote» (ibidem, p. 399). Per i nomi di Marco Curzio, Attilio Regolo e Valeria Publicola (Filocolo, p. 320), si veda la stessa enciclopedia di Valerio Massimo (p. 291 e sgg.) . Ma fra le altre derivazioni, cito l’intera pagina dedicata alla irreligiositá di Dionisio, da cui il Boccaccio ha desunto intere espressioni (p. 21): «Costui altresí avendo tratto di dosso alla statua di Iove di monte Olimpo una vesta d’oro di grande peso, della quale l’avea ornato il tiranno cartaginese, e avendoli fatto gittare in dosso uno drappolano, disse cosí: ‛Il drappo d’oro l’istate è caldo, l’inverno è freddo: ma il drappolano è piú convenevole all’uno tempo e all’altro dell’anno’. Dionisio medesimo comandò che alla statua dello iddio Esculapio di monte Epidauro la barba che avea d’oro, rasa fosse, affermando che non si convenia che il suo padre Apollo fosse veduto senza barba ed Esculapio barbuto. Costui medesimo tolse de li templi mense d’oro e d’argento: e quello ch’era in quelle scritto, secondo l’usanza de’ greci ‛Queste mense sono de’ beni delli dii’ ad alta voce disse: ‛Io uso de’ beni delli dii’ . Costui medesimo tollea i veli dell’oro e le coppe e le corone, le quali le statue de li dii sostenevano, con distese mani, e dicea ch’elli le prendea e non le robava... (ibidem, pp. 57-58).