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58 | il filocolo |
la cagione del loro pianto. Quella rispose: «Madonna, quando Febo lasciò il nostro emisferio senza luce, Giulia si diliberò, partorendo una bellissima creatura, del noioso peso; e non dopo molto spazio, rimasa debile, passò a miglior vita, e ha lasciato tra noi il grazioso corpo sí pieno d’umiltá nell’aspetto, che chiunque il riguarda non può ritenere in sé l’amaro pianto: e questo è quello che voi udito avete». Quando la reina udí queste parole, sospirando disse: «Oimè! adunque ci ha la piacevole Giulia abbandonati?». E comandò che ’l corpo di Giulia fosse nel suo cospetto recato; sopra il quale, poi che l’ebbe veduto, sparse amare lagrime e molte. E veramente il suo lieto animo non s’era tanto al presente giorno rallegrato della nativitá dell’unico figliuolo, quanto la morta Giulia col suo pietoso aspetto l’attristò. Ella comandò che fosse il vegnente giorno onorevolmente sepellita; e presa nelle sue braccia la bella figliuola, lagrimando molte volte la baciò, dicendo: «Poi che alla tua madre non è piaciuto d’esser piú con noi, certo tu in luogo di lei e di cara figliuola ne rimarrai. Tu sarai al mio figliuolo cara compagna e parente nel continuo». Molte fiate, nel futuro pianto, queste parole ricordò la reina, le quali nescientemente profetico spirito l’aveva fatto parlare.
Sparsesi per la reale corte e per tutta Marmorina la morte della graziosa Giulia, la quale con la sua piacevolezza aveva giá sí presi gli animi di coloro che sua notizia avevano, che niuno fu che per pietá non ispandesse molte lagrime. E il re similemente piangendo mostrò che di lei molto gli dolesse. Ma poi che il seguente giorno, lavato il corpo e rivestito di reali vestimenti, fu sepellito tra’ freddi marmi, con quello onore che a sí nobile giovane si richiedeva, gli scrissero sopra la sua sepoltura questi versi:
«Qui, d’Atropos il colpo ricevuto,
giace di Roma Giulia Topazia,
dell’alto sangue di Cesare arguto
discesa, bella e piena d’ogni grazia,