Odi e inni/Inni/L'Antica Madre

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L’ANTICA MADRE


Inno degli studenti calabro-siculi di Messina.



i


Roma, o fratelli, non era.
Era un’ondosa vallea.
3Solo una lupa errabonda
     latrava dall’arce Tarpea:
l’ombra vagava su l’onda,
     6d’un’aquila nera.

Nelle future tre Rome
rauco tuffavasi il laro.
9Qui su l’ondivaga prora,
     tra il murmure cupo del Faro,
volto il pilota all’aurora,
     12diceva il tuo nome...

Italia, il tuo nome, ch’è grido
di nembo che scuote le cime!
     15che vola e s’immilla!
Italia, tu eri in quel lido,
guardata, com’atrio sublime,
     18dai cani di Scilla.

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ii


Scesi da un ispido monte,
prima ch’, o Romolo, arassi,
21sacri ad un fato novello
     movevano immemori i passi,
dietro un lor fulvo vitello,
     24stellato la fronte:

messe mietuta dal vento,
vite lasciate alla vita,
27giovani e vergini caste
     movevano ad altra fiorita,
sollecitando con l’aste
     30l’attonito armento.

E giunsero al mare; e per loro
streperono l’onde interrotte
     33da un nero colosso.
Dormiva nell’ombre il Peloro;
ma l’Etna solcava la notte
     36d’un vortice rosso.


iii


Gl’Itali stettero, e i bovi
sparsero ai piedi del monte.
39Stettero i grandi armentari
     con l’isola grande di fronte,

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con i profondi due mari,
     42coi secoli novi.

Videro là, nelle arene
della costiera protesa,
45l’orme d’ignoti giganti
     che stavano, anch’essi, in attesa:
ed ascoltarono i canti
     48d’ignote Sirene...

Sicilia, dal mare di rosa
mandavi il giocondo frastuono
     51di tibie e di lire:
e in mezzo alla romba festosa
giungeva frenetico il suono
     54dei Vespri avvenire.


iv


— Siculi, dite: che appare,
là, sopra i vostri tuguri?
57Una città che nel cielo
     s’inalza su candidi muri...
Tremula un cerulo velo
     60sul placido mare.

Una città di portenti,
edificata di raggi,
63tale che facile il nembo
     vi passi coi suoi carrïaggi,

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tale che basti il suo grembo
     66per tutte le genti —

Ed una giovenca ed un toro,
lontano, alle falde d’un colle,
     69tracciavano un solco;
e tacito a mezzo il lavoro,
guardando le fumide zolle,
     72sognava il bifolco.


v


— Itali, dite: che appare
là su Cariddi e su Scilla?
75Vivido un arco nel cielo
su pallide nuvole brilla...
Tremula un livido velo
     78sul torbido mare.

Atrio sublime e profondo,
pieno di lampi e di gridi,
81che con la curva dell’arco
     congiunge nel cielo i due lidi:
portico immenso che il varco
     84dischiude ad un mondo! —

E quell’aratore lontano,
levava sul solco quadrato
     87la stiva ritorta:
per tre grandi passi in sua mano
portava l’aratro del fato,
90lasciando una porta.

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vi


E la giovenca ed il toro,
nella silvestre colonia,
93mossero un mugghio augurale
     lasciando la porta Mugonia;
mugghio, onde il colle di Pale
     96sussultò sonoro.

E su le plaghe latine
rimbombò un tuono. E l’anelo
99mugghio dal vomere umano
     sembrò seguitasse nel cielo,
sempre più cupo, e già vano,
     102ma senza più fine...

Pastori, adornate di fronde
gli ovili! Appendete alle volte
     105corone di croco!
Tre volte scendete nell’onde
dei fiumi! Passate tre volte
     108le fiamme del fuoco!