Occhi e nasi/Il Poeta ed il Maestro di musica
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Il Poeta e il Maestro di musica
(scena dal vero)
Camera con scaffale senza libri — calamaio senza inchiostro — e camminetto senza fuoco.
Il Maestro, è sdraiato sul praticabile di una poltrona rococò.
— Tà tà tà (di fuori all’uscio).
M. Avanti! (al Poeta che entra). Bene arrivato. Avete pensato a me?
P. L’ho in tasca.
M. Chi?
P. Il soggetto, che mi avete richiesto.
M. Bravissimo, così mi piace: accomodatevi....
P. Ma....
M. Senza complimenti.
P. Grazie (fa quanto gli è detto).
M. Vediamo dunque di che si tratta: sentiamo il titolo.
P. Eccolo qua (cava di tasca alcuni fogli). Ezzelino!
M. Si comincia male. P. Scusate e perchè?
M. Perchè? perchè.... (un poco stizzito).
P. Spiegatevi senza tanto riscaldarvi.
M. Ezzelino non mi piace. Già io ve l’avevo detto, che non volevo argomenti biblici.
P. Domando scusa....
M. Non c’è scusa che tenga. Gli argomenti biblici non mi piacciono, e specialmente Ezzelino: che mi burlate? è un argomento troppo spettacoloso: in ispece la scena in cui resuscita i morti.
P. Un momento; Ezzelino, se mi permettete, aveva invece la debolezza di ammazzare i vivi. Mi pare che voi prendiate un leggero equivoco, confondendo Ezzelino con Ezzechiello.
M. O Ezzelino, o Ezzechiello, ho detto e sostengo che non voglio argomenti biblici. Io preferisco i soggetti storici.
P. Ma Ezzelino è storico.
M. Sarà come dite; io non voglio ostinarmi, perchè non ho studiato rettorica come voi, e potrei sbagliarmi. Ma io voglio un argomento storico, cioè un argomento dopo l'êra volgare.
P. Eppure fino a tutt’oggi, mi sono lusingato che Ezzelino facesse parte dell’èra prelodata. Se non m’inganno venne alla luce 5200 anni dopo la creazione del mondo, e 5200 anni non bastano?
M. Basta così: andiamo avanti e forse ci potremo trovare d'accordo.
P. Dunque il titolo è questo: Ezzelino tiranno di Padova. M. Scusate, e come c’entra Padova col nostro protagonista?
P. C’entra benissimo: domandatelo ai padovani di quell’epoca.
M. Io mi fido di voi. Vi conosco per un galantuomo e sarete incapace di mettermi in mezzo.
P. State sicuro Maestro: eccovi la mano.
M. Proseguiamo: quanti personaggi sarebbero sulla scena?
P. Sette.
M. Sono troppi; lasciamone fuori qualcuno.
P. Non si può, mio caro, ne soffrirebbe lo sviluppo dell’azione.
M. Non si può, dunque dal primo all’ultimo sono tutti necessarj?
P. Necessarissimi.
M. Leviamo allora Ezzelino.
P. Come?... (spalancando gli occhi).
M. Sì, fate a modo mio: leviamo Ezzelino, è un nome poco musicabile sentite (canta al pianoforte per dieci volte consecutive «Ezzelino»).
P. A me sembra che non faccia male....
M. Anzi malissimo. Credete a me, questo nome è assolutamente impossibile a mettersi in musica.
P. Provate, ancora....
M. Ma no, mio caro; non siate così ostinato. Leviamolo!...
P. Ma se levate Ezzelino, allora chi ci resta?
M. Ci resta il Tiranno di Padova, e gli altri cinque.
P. Ma il Tiranno di Padova ed Ezzelino sono la medesima cosa.
M. Ne siete sicuro?
P. Sicurissimo!
M. Allora non se ne parli più. Lasciatemi quegli appunti. Gli esaminerò a tutto mio comodo e vi saprò rendere una risposta.
P. Come volete.
M. Spero che sul prezzo ci troveremo d’accordo?
P. Lo spero anch’io tanto più che ho chiesto una bagattella.
M. Come! 500 lire, la dite una bagattella?
P. Sicuro, si tratta di un lavoro di cinque mesi.
M. Un lavoro di cinque giorni dovete dire. Anch’io mi diverto a scrivere in poesia e so quanto tempo ci vuole a tirar giù una ventina di versi.
P. Insomma io non prendo un soldo meno di 500 lire.
M. No no; daremo un colpo nel mezzo, e faremo 250 lire.
P. Ma voi scherzate?
M. No, dico sul serio, dugentocinquanta lire e per di più una cena. Ora poi sarebbe una vera indiscretezza ad insistere. A questi lumi di luna dugentocinquanta lire e una cena non si trovano in mezzo alla strada.
P. Il vostro ragionamento è bello e buono, ma non mi persuade; cinquecento lire o nulla.
M. Ebbene, basta così. Spero che so l’argomento mi piace non ci guasteremo sul prezzo. A proposito, in questo dramma ci vorrei una levata di Sole, un pezzo.... concertato.... mi capite?
P. Benissimo! ce la possiamo mettere.
M. Un’altra cosa; ci prenderei anche volentieri un coro di crociati.
P. Dove? a Padova!
M. Sì.
P. Che vi pare? è impossibile! I crociati a Padova ai tempi di Ezzelino, sarebbe un anacronismo mostruoso.
M. Un anacronismo! cioè?
P. Un fuor di luogo.
M. Quando è così non se ne parli più. Vi confesso però, che mi dispiace di non poterci avere sulla scena un coro di crociati. I crociati fanno così bene sul palcoscenico!.... Verdi, deve a loro due terzi della sua reputazione.
P. Eh! Verdi è un gran maestro!
M. Ecco le solite esagerazioni. Verdi, per vostra regola, non ha genio. Verdi è un uomo che conosce la scena, conosce gli effetti, strumenta passabilmente bene, e ammazza i cantanti! ecco le prerogative del Verdi.
P. Fatemi il piacere, allora, di spiegarmi tutto questo fanatismo che vi è per lui.
M. Ve lo dico subito. Verdi ritira da Ricordi delle somme spaventose e paga con queste delle centinaia di persone per farsi applaudire. Ecco il gran segreto.
P. Eh! via.
M. Pur troppo, amico mio è così: tutto è ciarlatanismo in questo mondo! Ora Verdi è il Maestro del giorno, non c’è che lui solo che scriva bene.... quello che scrive lui è manna....
P. Siamo giusti, il Nabucco è una bella opera.
M. Oh! sul Nabucco, siamo perfettamente d’accordo.
P. E dove mi lasciate Ermani? dove i Lombardi?
M. Senza dubbio i Lombardi e Ernani, sono due capolavori.... c’è una ricchezza di canti da sorprendere.
P. E il Macbeth?
M. Bella musica, è un fatto. La scena del sonnambulismo, è il non plus ultra dell’arte.
P. Mi pare allora che siate Verdista anche voi.
M. Io? Dio me ne guardi. Verdi per me è l’uomo che ha rovinata la musica. Il barocchismo comincia con lui.
P. Eppure io conosco qualcosa della vostra prima opera e trovo che in molte cose avete imitato Verdi.
M. Furbo davvero! dite piuttosto che Verdi ha imitato me. La mia romanza del prim’atto, io per vostra regola, l’avevo scritta un anno avanti che venisse fuori l’Attila Ebbene, la romanza del tenore «Ella è in poter del barbaro» è rubata di peso dall’opera mia.
P. Piacque molto la vostra opera?
M. Moltissimo; anzi fu un vero successo. Ma una fitta di invidiosi, di falsi amici, non escluso i puntigli della prima donna, costrinsero l’impresario a levarla di scena dopo la prima sera.
P. E i giornali che ne dissero il giorno appresso?
M. Dissero, perchè non pagati, che la mia opera era un vero guazzabuglio di astruserie e che quel poco di buono che vi si riscontrava, era un furto continuato senza attenuanti.
P. Ah! tocchi di bricconi!...
M. Ma presto avrò la mia rivincita. Fatemi un buon libretto e allora vedremo se Verdi è solo. Ho certi canti per la testa.... certe melodie.... abbiate pazienza, ve ne voglio far sentire qualcuna.
P. Bravo! mi farete un vero piacere (sbadigliando nervosamente).
M. Incomincio (qui si asside al piano e principia a cantare accompagnandosi. Dopo pochi minuti si volta e dice all’altro) Poeta, che ve ne pare?... come? dormivi?
P. No maestro, ascoltavo le vostre melodie in preda a un estasiatico sonno. (A questo punto il Poeta si alza per andarsene; il Maestro si stropiccia le mani dalla contentezza e il macchinista cala subito la tela, perchè il pubblico non abbia il tempo di fischiare).