Nuovo vocabolario siciliano-italiano/NE

NE

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ND NF

[p. 638 modifica] . particella negativa: .

Nebba. Aggiunto di oliva grossa, nera e da salare.|| V. nisba.

Necca. V. nnecca. || Per niente. (Spat.).

Necessàriu. V. nicissariu e tutti i seguenti e derivati.

Nefandità. s. f. Astratto di nefando: nefandità.

Nefandizza. s. f. Atti, parole nefande: nefandezza.

Nefandu. add. Più che atroce, atroce e reo da non dire: nefando. Sup. nefandissimu: nefandissimo.

Nefendu. V. nefandu. Così a S. Fratello.

Negabbili. add. Che si può negare: negabile. Sup. negabbilissimu: negabilissimo.

Negadèbbiti. Dicesi facci di negadebbiti, ad uomo sfrontato, che non vuole giammai confessare: ei negherebbe il pajuolo in capo.

Negamentu. s. m. L’atto del negare: negamento.

Negari. v. a. Dir no, disconsentire: negare. || Rifiutare: negare. || rifl. Ricusar di fare, di dire: negarsi. P. pass. negatu: negato.

Negata. s. f. L’azione del negare: negata.

Negativa. s. f. Il negare: negativa.

Negativamenti. avv. In modo negativo: negativamente.

Negativu. add. Che ha forza di negare: negativo.

Negatu. P. pass. Negato. || essiri negatu ad una cosa: esservi contrario, avverso.

Negazzioni. s. f. Il negare: negazione. || negazzioni di Diu, così fu chiamato dal mondo civile il governo Borbonico: negazione di Dio.

Nègghia. s. f. Vapore che ingombra l’aria e si [p. 639 modifica] scioglie in pioggia: nùvola; quando è più densa: nube. || – tirrana, quella bassa: nèbbia. || Per e lupa e lupa V. || Dicesi di persona uggiosa, increscevole, e specialmente di ragazzo piagnoloso: frignuccio, boccalone.

Neglettu. add. Abbandonato, trasandato: negletto (Mort.).

Nèglia. V. negghia. (In S. Cataldo).

Negliggenti. add. Trascurato, non accurato: negligente. Sup. negliggentissimu: negligentissimo.

Negliggentimenti. avv. Con negligenza: negligentemente.

Negliggentissimamenti. avv. Sup. Negligentissimamente.

Negliggentuni. accr. di negliggenti: negligentone.

Negliggenza. s. f. L’esser negligente: negligenza.

Negliggenziuna. accr. e pegg. Negligenziaccia.

Negozziari. V. niguzziari.

Negòzziu. V. nigozziu.

Negromanzìa. s. f. Superstiziosa credenza di credere d’indovinar il futuro per mezzo dei morti: negromanzìa.

Nemicu. V. nnimicu.

Nemmancu, Nemmenu. avv. Nè anche, nè pure: nemmanco, nemmeno, neanco.

Nèmulu. s. m. T. bot. Fiore di bel colore: anèmolo, anemone. Anemone coronaria.

Nènia. V. ninna.

Nenna, Nennè. V. nnenna.

Nenti. Particella che denota negazione, quando non è accompagnata dalla negativa si antepone al verbo, quando è accompagnata si pospone, talora si adopera coi segnacasi o anche con preposizioni: niente. || Quando s’usa per domandare, ricercare o dubitare non ha senso negativo: niente. || Colla particella senza o simili afferma: niente. || pri nenti, posto avv., gratuitamente, o per poco prezzo, vale anche per un nonnulla: per niente. || nenti affattu o lu nenti granni: niente affatto, nulla del tutto. || nenti nenti, vale: per nulla. E vale anche un poco, tanto quanto: niente niente, nulla nulla. || si nenti nenti si movi: se nulla nulla si muove. Niente niente, p. e. se indugiavo niente niente (Alisio). || ’ntn’on nenti: in un subito, in un bacchio baleno. || aviri pri nenti: averlo per niente (Villani), non istimar punto. || Per alcuna cosa, p. e. hai bisognu di nenti: hai bisogno di niente. || nun aviri nenti, esser povero o non esser ammalato: non aver niente o nulla. || a nenti, in vano, p. e. lu trattatu finiu a nenti: il trattato tornò niente (Villani). Vale anche: almeno, se non altro. || a nenti a nenti, per lo meno: almeno. || essiri nenti, nulla cosa. E Villani ha: i Filippi che oggi sono niente || nun semu nenti? dolce rimprovero, quasi dire non curi più gli amici, i parenti: non guardi più poveri. || quannu nenti mai, quando non altro: del mal male... || chissu è nenti è parenti, per esprimere che tal cosa è quasi niente. || Prov. lu nenti è picca: niente è troppo poco. || o tuttu o nenti, ovvero o Cesari o nenti, si dice di chi non si accontenti delle cose per metà: o Cesare o niente, o asso o sei. || centu nenti ammazzan’un sceccu, molti pochi formano un assai. || fari a vidiri ad unu lu so nenti, confondere altrui. || omu di nenti, cosa di nenti, ecc: uomo da nulla, cosa da nulla. || ridducirisi a lu nenti, venir in cattivo stato: venir al niente. || nenti cu nenti fa pidocchi, cioè dal nulla si ha nulla. || nun nni potti fari nenti, Villani ha: ma niente ne potè fare.

Nentidimenu, Nentimenu. avv. Non pertanto, tuttavia: nientedimeno, nientemeno.

Neppuru. avv. Nemmeno: neppure.

Nerborutu. V. nirvignu.

Nerbu. s. m. La costa maestra del bastimento, alquanto verso poppa: mezzanino (Zan. Voc. Met.).

Nervatura. s. f. Complesso dei nervi: nervatura.

Nervu. s. m. Tendine muscoloso del corpo: nervo. E quello che serve a picchiare: nerbo. || Forza, importanza: nerbo. || Sferza di nerbo: verbo. || In agr. lo esterno dei vasi nelle foglie: nervo. || dari a li nervi, tuccari a li nervi ’na cosa, fare spiacevole impressione: darti ai nervi, urtarti i nervi una cosa. || aviri li nervi smossi, essere bizzarro, intrattabile: aver i nervi.

Nervusu. V. nirvusu.

Nèsciri. v. intr. Contrario di entrare: uscire, escire, e nel contado Fiorentino usan anco nescire, (uscire è intr. e quando noi usiamo nesciri attivamente non vi corrisponde uscire, ma cavare ecc. come qui appresso). || Pubblicarsi, detto de’ libri: uscire. || Uscire di prigione. || Aprire l’interno, dir i suoi sentimenti: uscire. || fari nesciri ad unu, stimolarlo tanto con parole, che s’induca a far anco contro sua voglia: far uscire uno. || nesciri di una cosa, o niscirinni, spedirsene: levar le gambe da una faccenda, uscire di alcuna cosa. Vale anche sopperire alla meglio ai bisogni, e simile: sbarcarsela. || – di lu propositu, dipartirsi da quello che altri ha convenuto o prefisso: uscir dal proposto. || nesciri di tonu, stuonare: uscir di tuono; fig. perdere il filo del ragionamento, non rispondere a proposito: uscir di tuono. || – di guai, dar fine alla pena: uscir di pena. || – di menti, dimenticarsi: uscir di mente. || – di cuntu, dicesi delle donne incinte, che già credono aver compiuti i nove mesi di gravidanza. || – di l’occhi, stentare; ovvero essere in grande abbondanza, che si dice pure nesciri di li naschi. || – foddi, diventar pazzo: impazzire; diventar grullo: ingrullire. || att. Metter fuori, estrarre: cavare. || Liberare alcuno, da prigione o simile. || nesciri ’na fròttula, spacciar una frottola: cavar fuori una ciarla. || nesciri a diri, far correr voce: sbociare; vale anche inventare: cavar fuori una ciarla, cavar dalla manica. || Quando altri fa o dice cosa inaspettata p. e. nta momenti gravi nesci cu certi paroli ca fa ririri: in momenti gravi vien fuori (o salta fuori, o scappa fuori) con certi discorsi. || nesciri dinari, sborsargli: metter fuori dei denari. || aviri dinari nisciuti, averli sborsati, per riaverli: aver fuori dei denari. || nesciri lu tagghiu, aguzzar il taglio del ferro: sfilare. || intr. Per nascere, spuntare. || Venirgli fatta una cosa; p. e. se mi scapperà o sonetto o [p. 640 modifica] altro, sarai tu il primo a vederlo. || nesciri fora di la mmesta, non contenersi in giusti limiti sia nel fare che nel dire: usci r dal seminato . || – lu cori , bramare ardentemente, o concepir gran paura. || – di razza , degenerare. || – lu ciatu , m orire: sbasire. || – la missa: entrar la messa, quando il sacerdote esce a dir la messa. || nesciri, detta dei numeri, uscir in sorte: sortire. || nesciri di mastru, chi arriva all’età da uscir di tutela paterna o del maestro, o simile: saltar la granata. || att. nesciri lu passu, accelerare il passo, per lo più delle bestie: uscir di passo. || – l’ugna, insolentire, pigliar ardire, inanimarsi a fare: mettere le ugna. || – un discursu: entrar a parlare di..., cominciar a parlare di checchessia. || – discursu di... entrar a parlar di una cosa: venirsene con una cosa... || – fora di li panni, esser sommamente allegro: non potere stare nei panni. || – ’m menzu: saltar su. || nun si nni po nesciri: non v’è modo. p. e. sunnu tinti, nun si nni po nesciri. || nesciri, parlandosi di bolle, pustole e simili malori, sfogare in fuori: far capo. || – la sita: trar la seta. || Spuntare, riuscire: riescire, uscire. || unni vo iri a nesciri cu ssi discursi, che intendi concludere, a chi vorresti alludere: dove vuoi andare a parare o a battere con codesti discorsi. || nesciri cu... venir fuori, o saltar fuori a fare o a dire una cosa o con una cosa, quando uno fa o dice cosa che altri non si aspetti p. e. anche nei momenti più gravi egli vien fuori con certe uscite, che per forza bisogna ridere..., salta fuori con certe ragionacce... || mi nisciu cu ’na cancariata: egli mi uscì con un gran rabbuffo addosso. || nesciri ad unu pri un funnu d’agugghia, dirne il peggio che si può: levar i pezzi di alcuno. || niscirinni cu onuri, terminar onorevolmente: uscire o riuscire con onore di alcuna cosa. || fari nesciri la criatura pri lu ciancu, figurarsi facile l’impossibile, adoperarsi a ogni modo che avvenga ciò che non dovrebbe. P. pass. nisciutu: uscito. (Fagiuoli ha nescito. E Boldovini ha S’i’ fo una cosa, i’ non ne so nescire).

Nèscitu. V. èsitu.

Nèspucu. V. nèspula.

Nèspula. s. f. Albero di frutto noto: nèspolo. Mespilus germanica L. || Il frutto: nèspola. || – di lu Giappuni, bell’albero con lunghe foglie, e il frutto gallo: nespolo del Giappone. Eriobatrya Japonica Lind. Il frutto: nespola del Giappone. || munnari nespuli, non far nulla. E nun munnari nespuli: non mondar nespole, non istar colle mani a cintola. || Prov. cu lu tempu e cu la pagghia si maturanu li nespuli, col tempo si vien a fine delle cose: col tempo e colla paglia si maturan le néspole (e altri aggiunge: e la canaglia). || pri S. Simuni, li nespuli a munzidduni (e l’acqua a lu vadduni aggiunge alcuno) o pri S. Simuni e Giuda, li nespuli s’appenninu a li mura, insomma per S. Simone è il tempo delle nespole: per S. Simone la nespola si ripone. || E siccome la nespola si matura infine di autunno, ed è l’ultimo frutto, così si dice; unni (o quannu) viditi nespuli chianciti, chissu è (o ca su) l’ultimu fruttu di l’estati: quando vedi la nespola e tu piangi, ch’ell’è l’ultimo frutto che tu mangi.

Nessu. s. m. Il filo, la connessione delle parti di un tutto: nesso.

Nessunu. V. nuddu.

Nettamenti. avv. In modo netto: nettamente.

Nettaricchi. V. annettaricchi.

Nettu. add. Pulito, senza lordura mischiala o attaccata, o materia estranea: netto. || Senza magagna, schietto: netto. || Senza danno: netto. || nun jucari o (o nutricari) di nettu, ingannare, simulare e dissimulare, esser doppio, infingersi. || purtari di nettu (G. Taranto), perder ogni cosa: far del resto. || di nettu, posto avv., si dice del guadagno, detratte le spese: di netto. Vale anche interamente, del tutto o a dirittura, in un tratto, p. e. portar via, tagliar netto o di netto, ecc. Onde anche ’mbriacu nettu, pazzu nettu, ecc. ubriaco, pazzo affatto, del tutto. || nutricari di nettu, di colei che nell’epoca dello allattamento non soffre mestrui. || Prov. netti netti, dici la troja a li purceddi, e idda si strica ’nta la rimarra, contro color che predicano il bene e fanno il male: si predica bene e si razzola male.

Neu. s. m. Macchia piccola che vien alla pelle dell’uomo: neo. || Per sim. piccolo difetto: neo. || Per anello. Così a Nicosia.

Nèula. V. nevula.

Neutrali. add. Che non si dichiara per nessuna parte: neutrale. || Per indifferente in amore.

Neutralità, Neutralitati. s. f. L’esser neutrale: neutralità, neutralitade, neutralitate.

Neutralizzari. v. a. Rendere di verun effetto: render vano o bilanciare, (neutralizzare è biasimato dall’Ugolini). || Distruggere.

Nèutru. add. Ne l’uno nè l’altro: nèutro. || T. gram. De’ nomi nè maschili; nè feminili, e verbi nè attivi, nè passivi: neutro. || Di animale o vegetale privo di sesso: neutro.

Nèvula. s. f. Pasta sottilissima, dolce, di fior di farina, in forma circolare: cialda, brigidino. (In latino barbaro nebulas. Paoli).

Supplemento

[p. 1151 modifica] [p. 1152 modifica] Nespulara. s. f. L’albero delle nespole: nespolo (In Messina). [p. 1153 modifica]