Nuovo contributo alle contraffazioni del tallero olandese
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ANNOTAZIONI
NUMISMATICHE ITALIANE
IV.
NUOVO CONTRIBUTO
alle contraffazioni del tallero olandese.
TASSAROLO.
R/ — ♦ CONFI ♦ IN ♦ DOM ♦ NON ♦ PERIB ♦ IN ♦ ETER ♦ Leone rampante.
Peso gr. 26,250. — Conserv. mediocre. Coll. Principe di Napoli.
L’elenco delle contraffazioni italiane del leeuwendaalder Olandese di già numeroso, pare destinato a ricevere ancora parecchie aggiunte. Quando nel 1891 io pubblicava quello di Sabbioneta mentre il Gnecchi ne illustrava un nuovo di Maccagno, non avrei sperato di poterne dare qualcun altro sette anni dopo.
Il primo tipo di questa moneta sorto nel 1575, venne contraffatto ben presto in Italia, cioè sul principio del secolo seguente. Il primo che si conosca è quello di Correggio del 1603; vengono poi quelli di Maccagno del 1622: di Sabbioneta 1637: di Bozzolo 1638 e 59: di Loano 1669, ed altri senza data di alcune di queste zecche, più uno di Frinco. Le ultime contraffazioni di questo tallero nate, come quella di Loano, nell’epoca classica dei luigini, ossia negli ultimi anni prima del 1669, aveano comune con queste monetine lo scopo, cioè l’esportazione in levante, dove erano anch’essi ricercatissimi; e come i luigini, anche i talleri finirono quasi totalmente verso la fine del 1669, quando trovarono definitivamente chiusi i porti levantini a questa speculazione.
Eccone ora uno anonimo, che dalla specialità del titolo si dimostra come appartenente agli Spinola. Esso fa parte da poco tempo della splendida collezione di S. A. R. il Principe di Napoli, e dall’Augusto possessore me ne fu spedito un calco perchè lo pubblicassi, ritenendolo egli come un prodotto della officina di Tassarolo. E per vero, la leggenda del dritto per metà italiana, ci assicura sulla nazionalità della moneta: e sebbene altre famiglie avessero il titolo di Conte Palatino, non trovo che, come gli Spinola, ne facessero uso sulle monete. Rimane la questione se debbasi assegnare ad Agostino, cioè all’epoca anteriore al 1616, oppure al nipote Filippo dal 1616 in poi. Il primo ha bensì imitato la moneta d’oro Olandese ed altre italiane, ha contraffatto pure qualche piccola moneta1, ma l’epoca delle vere contraffazioni in grande nella zecca di Tassarolo, non comincia che sotto Filippo Spinola2, Per cui parmi più probabile che l’emissione del tallero avvenisse sotto quest’ultimo, e precisamente verso quel tempo in cui si coniavano i luigini pel levante. E noi sappiamo che la gran massa dei luigini di questa officina uscì tra il 1665 e 69, ed ha l'effigie della Contessa Livia; ma ve n' ha uno colla data del 1658, e questo è il solo che porti il nome della Contessa col titolo di Palatina3.
Il tipo del tallero originale, che si può vedere in diverse pubblicazioni, e per sceglierne una alla portata di ognuno, nel Catalogo del Museo di Vienna, fu mantenuto integralmente nella presente moneta. La leggenda del rovescio è nuova : quella del dritto, latina per la seconda parte, è italiana nella prima relativa al valore assegnato al pezzo che pare sia 96, perchè la seconda cifra è troppo piccola per uno zero. In ogni modo, si tratta di un valore che è sicuramente superiore allo intrinseco.
MONACO.
Pare di titolo non di molto inferiore ai genuini. Peso gr. 26,10. — Conservazione mediocre. Museo di Vienna.
Poiché abbiamo tra le mani il Catalogo del Museo di Vienna, è giusto che ci occupiamo alquanto di un altro tallero del leone, ossia di quello che è figurato a pag. 482, n. 3, come una vera moneta Olandese. Non sarà questa la prima volta che le opere antiche, malgrado i loro difetti, ci abbiano dato occasione di vere esumazioni numismatiche. L’Avignone, in una moneta erroneamente figurata in vecchie tariffe, aveva ravvisato un nuovo ducato Genovese, quello del Cardinale Campofregoso come Governatore dello Sforza4. Vincenzo Promis, nelle stesse pubblicazioni, trovò la prima moneta di Benevello, e ne trattò in una memoria illustrativa di un grosso della stessa zecca; la quale zecca di Benevello ebbe poi la sua definitiva conferma, con un grosso agontano della Collezione Principe di Napoli5; e così altri. Anche il Catalogo del Museo di Vienna, sebbene meno antico, ci rende anch’esso un importante servigio, col presentarci in mezzo alla serie Olandese, una nuova ed importante contraffazione italiana del tallero del leone. Questo fatto, non mi pare che sia stato rilevato da altri; perchè in questo caso la moneta non occuperebbe più nel Museo quel posto che tiene tuttora, cioè quello assegnatole nel Catalogo del 1769.
Appena avvedutomi della cosa, rilevai la corri- spondenza delle leggende con quelle di un luigino anonimo ben conosciuto dai Numismatici6; e mi persuasi che quella al dritto non fosse esattamente riportata. Allora, mi procurai un calco dal quale ho tratto il disegno qui sopra figurato, il quale potrà servire alla correzione del Catalogo, poiché la leggenda è precisamente eguale a quella del luigino anonimo7.
Il carattere di questa contraffazione è totalmente diverso da quello di tutte le altre monete congeneri. Il guerriero ha bensì l’elmo, ma in luogo della corazza e dei bracciali, veste un giubbetto a bottoni; i leoni di forme insolite, tengono ambedue lo stemma Grimaldi.
Luigino e tallero si corrispondono perfettamente, non solo nelle leggende ma anche nella data. Che il luigino fosse ligure l’ho sempre creduto: dunque, questo mi indica la nazionalità del tallero; ed il tallero a sua volta, mediante lo stemma, presenta l’atto di nascita delle due monete, le quali vengono ad aumentare la già ricca serie di Monaco.
È da notare come non sia rimasta memoria alcuna di questa moneta nei documenti, mentre se ne ha una per un tallero con leggenda olandese del 1674. E il Jolivot che ci riferisce come il principe Luigi ne permettesse la coniazione8; e da questo fatto apprendiamo che anche dopo il 1669 si tentava di riprendere l’antica speculazione pel levante.
FIRENZE.
R/ — DEVS + FORTITVDO + ET + SPES + NOETRA Leone rampante con piccolo giglio nella zampa destra.
Dai conii esistenti al Museo Nazionale.
S. A. R. il Principe di Napoli in una sua visita al Museo Nazionale Fiorentino, esaminando la raccolta dei conii, fermò la sua attenzione sopra quelli di un tallero del leone, e ne fece fare un calco per poterli studiare. Ma la leggenda non si prestava ad una interpretazione soddisfacente. Nell’occasione dello invio del calco Spinolino, S. A. vi univa pure due gessi tratti dalle cere dei conii di Firenze, invitandomi a pubblicarli.
Il presente disegno non è dunque quello di una moneta effettiva, ma solamente di cere tratte dai conii esistenti nella raccolta del Museo nel Palazzo Pretorio. E siccome panni ben difficile, che, fatte le stampe, si rinunziasse ad usarle, massime in un’epoca in cui tutti erano presi dalla febbre del lucro straordinario che fruttavano le monete pel levante, così non escludo la possibilità di vedere un giorno o l’altro qualche esemplare di questo tallero; esemplare che troverebbe già stampata la sua illustrazione9.
Il tipo è identico a quello del tallero della Frisia del 1605, che vediamo nel Catalogo di Vienna10. La leggenda del dritto è press’a poco quella originale, con varianti incomprensibili che la rendono ribelle a qualunque interpretazione; e valga il confronto fra le due:
legg. orig. | MO + NO + ORD + WEST | FRI + VALOR + HOL |
legg. contraf. | MO + NO + ORD + IVF | TFR + IVVLORHL |
L’anno è eguale, 1605. Nel rovescio, è ricopiata la leggenda testualmente, meno che l’S di NOSTRA è cambiato in E, cosa inesplicabile ancor questa; perchè se v’era ragione di alterare la leggenda del dritto, non ve n’era alcuna per storpiare l’invocazione religiosa del rovescio. Forse la moneta data a modello era mal conservata in quel punto, tanto da indurre in errore un incisore che lavorasse materialmente, senza badare al significato dello scritto. Il leone è riprodotto fedelmente: ma qui è degna di attenzione una particolarità che mi era sfuggita la prima volta che avevo visto la cera. La zampa destra è vicinissima ad un piccolo giglio posto nella leggenda, come se lo tenesse afferrato; nè vi può essere dubbio alcuno su di questo fatto intenzionale, perchè l’asse del giglio non è normale alla fascia della leggenda stessa, nel qual caso non avrebbe che il valore di un segno d’interpunzione. Questo asse è invece obbliquo di molto e precisamente nella posizione voluta per esser sostenuto dalla zampa del leone.
In quale anno sarà stato inciso questo conio? Nel 1605, no di certo. Da ben poco tempo era sorto allora il tipo del leone Olandese, perchè avesse già acquistato in levante quel favore che solo ottenne più tardi. D’altronde, la zecca Fiorentina coniava allora monete pel levante di tipo nazionale11: onde io non credo che si pensasse a contraffare moneta forestiera se non molto più tardi, cioè quando era divenuta generale la speculazione dei luigini e dei talleri. Si comprende benissimo che venuto il momento di porre in opera questo progetto, che sarà stato prima lungamente pesato e discusso, non si credette di cambiar la data della moneta presa a modello; e così si sarebbe fatto quello che si fece a’ tempi nostri, coniando talleri di Maria Teresa per l’Eritrea.
Rimane un’ultima osservazione. La zecca Fiorentina, a differenza di quanto fecero altre zecche che volevano dimostrare chiaramente la loro paternità dalle contraffazioni per il levante, rinunziò ad una simile dimostrazione troppo patente, limitandosi ad un piccolo segno della zecca d’origine chiaro sì, ma poco visibile a primo aspetto, qual’è quello del giglietto tenuto dal leone.
Ho voluto far qualche ricerca nell’archivio, sebbene non mi sorridesse molto la speranza di trovar traccia della coniazione di questo tallero. Infatti non ho potuto scoprire documenti decisivi. Ma in una filza di miscellanee contenente memorie staccate, bandi, suppliche ed altro, dalla fine del XVI alla seconda metà inoltrata del XVII, ebbi la fortuna di trovare un curioso documento che riporterò testualmente12. È un foglio sciolto che in origine era cucito con altri ora mancanti. Lo scritto occupa tutta la prima pagina più tre righe della seconda: le altre due pagine in bianco. È mancante di intestazione, di data e di firma. Carattere sincrono a quelli dei documenti con i quali si trova, cioè verso la metà del secolo. È dunque una copia tratta da un documento di quell’epoca, ma della sola parte che riguardava la zecca. Qual sarà mai il documento originale? Con tutta probabilità, una lettera del rappresentante il Granduca presso la S. Sede, che col tempo e con accurate ricerche sarà forse possibile rintracciare.
Questo frammento ci apprende, come avessero acquistato favore in Levante i talleri degli eretici di Amsterdam, tanto che gli stessi Olandesi ne avevano per i primi alterato la bontà13. Ci fa sapere che un Principe itahano aveva chiesto se fosse lecito falsar quella moneta, e farla imbarcare in Ancona, pagando un tanto per cento al Papa. Infine, ci presenta un curiosissimo esempio della morale di quel tempo, che insegnava a metter d’accordo la coscienza e la fede coll’interesse, massime trattandosi di cani turchi e di protestanti non meno nemici nostri di quelli. Con ciò non intendo dire che la morale d’oggi sia migliore di quella d’allora. Pare che lo scopo dello scrivente fosse quello di consigliare al Granduca di imitare quel negozio; onde non è improbabile che sia questo il prologo di quell’azione, che ha avuto il suo epilogo nei conii del Museo Nazionale.
Ed ora, ecco il documento in parola.
"Il negotio è questo; Gl’Heretici d’Astradam battano nella lor zecca quantità infinita di talleri, il valore de’ quali dovrebbe essere di nove giuli l’uno, et nondimeno, mescolandovi trista materia li fanno di sei. Portano questi tallari nelle parti di Levante, et nelle mercantie di Corami ed altro, che corrano con li Turchi, spacciano i predetti tallari per nove giuli, et dicano che là non vi guardano, et che rompano il collo in Asia senza mai più ritornare in questi paesi. Un Principe Supremo domanda al Papa se è lecito di falsar questa moneta come di sopra in pregiuditio de’ nemici communi, con i quali può far guerra, et torgh le persone, et le robbe, et se si potesse, dice che ha luogo in Italia, dove far la zecca, per battere i talleri, con l’impronta però de’ sopradetti Heretici, che con la sua non vuole, che apparisca la falsità, et gli farebbe condurre in Anchona per passare in Levante, con pagar due per cento al Papa, sì che gì’ importerebbero più di ventimila scudi l’anno; s’è fatta una congregatione per considerare le circumstantie della sudetta domanda, et si sono eccitate le difficultà, come dire che la moneta nel girare può essere che cada in pregiuditio de’ Cristiani; che la può ritornare fra i medesimi Cristiani; che quantunque sia lecito ingannare i nemici infedeli per ragion di guerra, tuttavia non è lecito sotto pretesto di commertio; et che è falsità batter la moneta con l’impronta d’altri; alle quali così si sono offerti di fare scrivere, per veder qual resolutione se ne debba pigliare; et in vece assicurano che la non tornerà mai in pregiuditio de’ Cristiani, et massime in queste parti, perchè se ne va in Asia, dove si sprofonda senza ritorno. Et che essendo Principe Supremo, in qualsivoglia modo può ingannar quei Cani, come loro ingannano noi, et la falsità dell’impronta non cade se non in pregiuditio de gl’Heretici, che non son manco inimici nostri, a quali si leva parte nel guadagno, il che è utilità commune14.„
- Firenze, Gennaio 1898.
G. Ruggero.
Note
- ↑ V. Olivieri, Monete degli Spinola. Genova, 1860 — Kunz, in Periodico Strozzi, Vol. I, p. 183 e tav. X, n. 8, per la contraffazione d’una parpagliola di Casale.
- ↑ V. Olivieri, Op. cit. alla p. 73 e seguenti.
- ↑ V. Mantellier, Notice sur la monnaie de Trévoux, etc. Paris, 1844. Collezione Norblin, p. 82, n. 95 e tav. XI, r. 3, assegnata erroneamente a Dombes — Poey d'Avant, Monnaies féodales de France. Paris, 1862; Vol. III, p, 112, n. 5231 e seg. e tav. CXVIII, n. 13 - A. de Lonperier, Examen de diverses monnaies Italiennes, etc. in Revue Num. Paris, tomo XIV, 1869-70, il quale a p. 121 rende il luigino a Tassarolo.
- ↑ V. Ruggero, Annotazioni Num. Genovesi XIII, in Riv. Num. Ital. 1889, Anno II, fasc. I, in 5° pag.
- ↑ V. Promis Vincenzo, Monete di Gio. Battista (invece di Antonio) Falletti Conte di Benevello; in Atti. R. Acc. delle Sc. Torino, 1883; Vol. XXIV, ed in. Riv. N. It. Anno III, p. 129 — O. Vitalini, Un nuovo grosso inedito di Gio. Antonio Falletti Conte di Benevello. Roma, 1896.
- ↑ V. Mantellier, Op. cit., p. 89, n. 110. Coll. Norblin — Poey d'Avant, Op. cit., p. 113, n. 5241 e 5242.
- ↑ Non voglio mancare al dovere di ringraziare pubblicamente il Dott. C. Domanig, per la cortesia usatami nell’aderire alle mie domande.
- ↑ V. Jolivot, Médailles et monnaies de Monaco. Monaco, 1885; p. 44. I.
- ↑ I coni stanno in coda alla raccolta, ossia nel piano inferiore dell’ultima vetrina a destra. Vicino ad essi si trovano tre punzoni: quello del leone rampante, un altro del busto del guerriero e l’ultimo che ha la cornice dello stemma. Sono in buono stato; ma quello del rovescio è contorto e rotto nella punta dove riceveva i colpi. Si direbbe che essi hanno servito per una importante coniazione e non per semplici prove.
- ↑ V. Monnoies en argent, etc. Vienna, 1769; p. 479, n. 9.
- ↑ V. Orsini, Monete dei Medici, etc, p. 59.
- ↑ Colgo volentieri l’occasione di segnalare la gentile sollecitudine nell’assecondare le mie ricerche;, del Cav. Iodoco Del-Badia e dell’Archivista Sig. Catenacci.
- ↑ Credo piuttosto, che visto il favore acquistato, ne avranno rialzata la valuta bensì, ma senza alterarne il titolo, come fecero poi i contraffattori non Eretici. Il titolo legale era già abbastanza basso, non dovendo passare i 750 mil.; e colla tolleranza, poteva ridursi anche a 744,8. Infatti l’A. del documento dice che facevano il tallero di sei giuli; ora, il giulio Toscano di quell’epoca avea gr. 2,84 circa di fine, ed il tallero Olandese col peso di gr. 27,684 che poteva ridursi colla tolleranza a 27,300, col titolo indicato, ci dà un fino di circa 7 giuli toscani. Non resterebbe quindi che una differenza della settima parte, piccola cosa, avuto riguardo che lo scrittore buon cattolico e nemico degli Eretici, avea interesse ad esagerare.
- ↑ V. Archivio Mediceo: magistrature diverse al tempo del Principato; filza miscellanee 46, zecca, 8.