Nuove monete di Genova
Questo testo è completo, ma ancora da rileggere. |
XXIX.
NUOVE MONETE.
Pensando al ritardo inevitabile cui andrà soggetta la pubblicazione del secondo fascicolo delle Tavole Genovesi: temendo anzi che questa si renda molto difficile ora, che la nostra Società Ligure ha subito perdite gravi e per ultima quella del Segretario Generale Comm. Belgrano; ho determinato di spigolare tra le mie schede, per far conoscere alcune monete inedite o quasi, ai colleghi. Senza tenere una progressione assoluta in queste spigolature, disporrò tuttavia cronologicamente quelle poche monete da pubblicarsi volta per volta.
- R/ — + CONRAD · • REX Croce patente in ornati come al dritto.
La monetazione del primo Doge, si divide in tre parti distinte da tre diverse leggende, delle quali si è determinata la successione in base alle seguenti considerazioni. La leggenda DVX IANVENSIVM PRIMVS, non può aver preceduto le altre, perchè una volta assunto il numero ordinale, non v’era più motivo di abolirio. Quella più lunga DVX IANVE Q • DEVS PROTEGAT, ha tale analogia coll’ultima del periodo anteriore ai Dogi, che non può esser altro che la tinuazione di quella, coll’aggiunta del DVX e la variante del nome della città al genitivo. Rimane dunque la terza, quella di DVX IANVE oppure IANVENSIVM senz’altro, alla quale spetta il posto intermedio nell’ordine cronologico.
Della prima specie di monete colla lunga leggenda, non conosciamo che i genovini; dell’ultima col numero ordinale, i genovini ed i grossi. Della specie intermedia, abbiamo un grosso e la sua metà con D • IANVENSIVM e colle sigle D Z1; e conosciamo le terzarole, le quartarole ed i denari con D • IANVE, segnati da simboli e lettere diverse. Il mezzo grosso del Museo di Brescia, del quale potei fare un calco nel 1891 e per il quale devo esser grato al Dott. Rizzini, è l’unico che finora sia a mia conoscenza con questa variante di leggenda, e colla sigla T, già edita nel denaro corrispondente2. Se questa moneta colla sigla T fosse venuta fuori qualche tempo prima, sarebbe stata senz’altro assegnata al terzo Doge; ma oggi non è più il caso di pensarvi neppure. Rimandando il lettore alla mia IV Annotazione3, aggiungerò che basta guardare il grosso di Giovanni Valente, così diverso dagli altri, per riconoscere immediatamente l’incompatibilità fra le due monete.
- R/ - + : CONRADVX : REX : ROMA : AT : Croce patente in otto archetti con rose alle punte ed anellini agli angoli, in cerchio di perline.
Questo ducato presenta due particolarità interessanti nelle lettere e negli ornati, che non sfuggiranno all’attenzione del lettore, appena vista la figura. Le rosette del rovescio distinguono questa dalle altre monete del Cardinale Paolo Campofregoso, distinzione usata ancora in seguito. Infatti nei ducati di G. Galeazzo M. Sforza, si hanno le due specie, colle rose e senza4. Di Lodovico Maria Sforza e di Lodovico XII non abbiamo che i ducati colle rose, ma per analogia è lecito sperare che vengano pur fuori un giorno o l’altro quelli senza rose.
La seconda specialità del presente ducato, consiste nelle lettere moderne. I ducati del XXXI Doge colla leggenda che comincia per P • CF e colle iniziali di zecca G, II oppure T, hanno le lettere gotiche; quelli con P • CA e colle sigle AT che si conoscono sino ad oggi, cominciano a modernizzare alcune lettere, e tra questi figura anche il mezzo ducato del Regio Museo Torinese. Questo nuovo ducato invece, ha tutte le lettere moderne senza eccezione, per cui deve ritenersi come Tultimo coniato. Eguale dunque, a quello dello stesso Cardinale come Governatore dello Sforza, per le lettere, differendone solo per la terminazione del nome del re al rovescio e per le rosette.
R/ – + CONRAD ..... X * ROMANORVM * TF (in nesso) A
Croce gigliata, accantonata da due gigli e due F coronati.Lo scudo non è inedito, ma credo utile tuttavia di pubblicarlo, perchè la descrizione registrata nelle Tav. Gen. è tratta dai disegni non sempre felici di antiche pubblicazioni. Qui invece si tratta di un esemplare effettivo, il primo ed unico che in oggi esista nelle nostre collezioni. Anche la piccola variante delle stellette nelle leggende, sia dessa dovuta ad una svista nei disegni imperfetti delle pubblicazioni citate, o sia davvero una nuova varietà, merita in ogni modo di esser conosciuta trattandosi di moneta tanto singolare. E per ultimo, qui manca il cerchio interno sulle due faccie della moneta, ed è ben visibile il T in nesso colla F delle sigle di zecca sul rovescio.
Prima di passar oltre, si rende indispensabile una avvertenza, a proposito delle lettere rozzamente formate ed inconcludenti, che interrompono le leggende, ed alle quali ho sostituito dei puntini nella descrizione. Qualcuno forse potrebbe leggere FRNA al dritto, cioè FRAN colla trasposizione delle ultime due lettere per errore; ma sarebbe uno sforzo inutile rimanendo ancora a spiegarsi quelle del rovescio, oltre alla diversità dello intaglio ed allo spostamento in fuori di quella scritta, sul rimanente della leggenda. La moneta evidentemente era mancante di un pezzo sull’orlo, e venne restaurata saldandovi il frammento di un’altra. Rimane ora a sapersi, da quale moneta sia stato tolto il pezzetto che porta le lettere ERMA da un lato ed IRNA dall’altro, col frammento corrispondente del cerchietto rigato sottostante. La troveremo facilmente nei ducati d’oro siciliani di Ferdinando d’Aragona, in quelli cioè che hanno il nome del re ripetuto sul diritto e sul rovescio. Sta bene che la maggior parte di questi hanno scritto il nome nella maniera più completa, FERDINANDVS; ma alcuni lo hanno variato in FERRANDVS ed altri in FERNANDVS5. L’esemplare tagliato dal restauratore dello scudo di Francesco primo, aveva dunque FERNANDVS da un lato e FIRNANDVS dall’altro, e presentava la particolarità della corrispondenza delle quattro lettere sullo stesso punto dell’orlo; circostanza casuale che non ha nulla di straordinario. La restaurazione del pezzo, costituisce bensì un piccolo neo, ma che non vale a togliere il pregio della moneta.
È noto ad ognuno il comunissimo pezzo da soldi due e mezzo del 1671; ma la curiosa variante del Sig. Lamberti meritava, secondo me, di non rimanere ignorata a coloro, che non ne avessero letta la descrizione in una pregevole pubblicazione dello scorso anno6. Non è dunque inedita a rigor di termine, ma il disegno che qui per la prima volta si produce, varrà a completare il cenno di quella pubblicazione. Eguale in tutto al tipo noto da tanto tempo, e segnato al n. 1777 delle Tav. G., questo ne differisce nella iscrizione relativa al valore espresso in denari, invece di esserlo in soldi.
Argento. — Peso gr. 22,50. Collez. Cav. Gabella, Genova.
È il primo esempio di un nuovo valore insolito nella serie, quello da lire cinque.
Lasciando da parte le prime grosse monete del Duca G. Galeazzo M. Sforza e di Lodovico XII7, colle quali si volle avere un pezzo in argento equivalente al valore del ducato d’oro di tre lire; è noto che poco dopo la metà del XVI secolo, si coniò lo scudo da quattro lire con i suoi spezzati, e che questo formò la base della monetazione dell’argento. Anche gli scudi col S. Giovanni e la serie dei reali, tennero la stessa numerazione; e nulla fino ad oggi che lasciasse intravvedere la possibilità di un pezzo da lire cinque.
Non saprei spiegarmi l’opportunità di coniare nel 1736 una nuova moneta da cinque lire, mentre si aveva lo scudo grande che superava di poco il valore di lire otto, e quello del S. Giovanni che passava le 4 e mezza. Con tutta probabilità sarà stato questo uno dei soliti tentativi per opporsi al continuo rialzo dei valori, creando un nuovo pezzo destinato ad immobilizzare il valore corrispondente.
Il pezzo da tre denari, non è stato usato che raramente nella monetazione Genovese. Fino ad ora non avevamo che quello anepigrafo, il quale per analogia al pezzo da due coniato nel 1751; trovasi nelle T. G. accanto a quello8. Con ciò non era escluso che si fosse continuato a coniarne negli anni seguenti, ma la mancanza di data e di documenti, impediva di accertare questo fatto. La Repubblica Ligure ha dunque continuato a battere il da tre denari, come appare da questo unico esemplare dell’anno quinto. Ha mantenuto il diametro degli antichi in mm. 15, ma ha creduto bene di aggiungere la leggenda di iniziali e la data, onde non si confondessero con quelli. Circa il peso, non è da tenersene conto per un solo esemplare, che pare si allontani un pò troppo da quello che avrebbe dovuto essere al principio del nostro secolo. Infatti9, noi sappiamo che il peso del denaro colla Madonna oscilla intorno ai gr. 0,70, e quello dei multipli in rame si mantiene eguale; poi diminuisce in modo che nel 1751 è di 0,65 circa per i pezzi col D, e 0,45 per quelli colla sola cifra. Dal 1768 in poi, nei pezzi da quattro scende a 0,412. Questa moneta del 1802 invece, se il suo peso dovesse venir confermato da altri esemplari, riporterebbe il denaro a 0,616, ciò che parmi poco probabile. Sperai di ricavare qualche lume dagli archivi; ma il Desimoni, pregato a far ricerche nei documenti della Rep. democratica, mi assicurava non esistere cenno alcuno di moneta di rame in quell’epoca.
Contentiamoci adunque, in mancanza di carte, della preziosa monetina di S. A. R., per primo ed unico documento della monetazione in rame della Rep. democratica.
Firenze, Dicembre 1895.
Giuseppe Ruggero.
Note
- ↑ V. Tav. Gen., 276 277 già della collezione Franchini.
- ↑ V. Tav. Gen., n. 275.
- ↑ Frazioni di genovino attribuite ai primi Dogi. Palermo, 1881.
- ↑ V. Tav. Gen., nn. 800 e 801 senza, e nn. 802 e 805 colle rose.
- ↑ V. Catalogo del Museo di Napoli, P. III, Napoli, 1871; nn. 4240 al 4242 con ferdinandvs ripetuto. — V. Catalogo di vendita della Coll. Fusco, Roma, i88a; n. 954 con ferrandvs al dritto e fernandvs al rov. e nn. 955 e 956 con fernandvs ripetuto d’ambo i lati.
- ↑ La Strenna Savonese per l’anno 1894 di Vittorio Poggi. Tip. D. Bertolotto, Savona, pag. 63.
- ↑ Desimoni, Sui più antichi scudi d’argento, in Giornale ligustico. Anno IV, 1877.
- ↑ V. n. 2143. ed Ann. Gen., XXI.
- ↑ V. Ann. Gen., XXI.